Ho
appena finito di leggere questo romanzo d’esordio di Fabio
Bacà pubblicato a marzo
di quest’anno, 2019,
dalla prestigiosissima casa editrice milanese Adelphi.
L’ho comprato e letto perché qualche settimana fa ho visto un post
dello scrittore torinese Enrico
Remmert - che stimo e
ammiro come narratore italiano originale e di indiscutibile spessore
culturale e artistico - che nel suo profilo Facebook, dopo averlo
letto, lo commentava così: «La
cosa più intelligente e divertente che ho letto nel 2019. Chapeau!».
Ebbene, dopo averlo letto anch’io, quasi d’un fiato, mi sono
accorto di avere emozioni e sensazioni contrastanti, doppie
per certi versi, che ho deciso di scrivere di getto seguendo
pedissequamente il doppio
delle mie due pulsioni
di lettore dilettante. Qual è a questo punto la mia vera recensione
delle due a seguire? Per saperlo, bisogna affidarsi alla statistica
del lancio della monetina testa/croce… dove le probabilità sono
perfettamente suddivise metà testa e metà croce… anche se poi,
sempre la statistica ci avverte che nella realtà, è possibile che
lanciando la nostra monetina in aria dieci volte, possa risultare che
su dieci lanci venga sempre testa anziché croce… ma la probabilità
che statisticamente ciò si avveri è di poco meno di 1 su 1000…
quindi possibile nella realtà, ma molto improbabile per la scienza
statistica! Ma detto questo, per sapere qual è la mia recensione
“vera”, basta prendere la nostra monetina, lanciarla in aria,
aspettare che cada per terra, e il lato che vi apparirà sarà quello
giusto… anche l’altro, a dire il vero, è quello giusto, ma
riguarda il “lato
verso”, la versione del
mio doppio
direbbe Dostoevskij,
o Gogol’,
o Stevenson,
o Oscar Wilde,
o Pirandello,
o Schnitzler
… o forse Franz Kafka…?
Boh? Confusissimo sono! Comunque sia… le due versioni della
recensione che leggerete a seguire, da sorteggiare con la vostra
monetina, sono queste:
Recensione
“Testa”:
Un
bell’esempio di ingegneria letteraria (bariccosa?) di stampo
kafkiano verso…
si potrebbe sintetizzare in questa frase il romanzo d’esordio di
Fabio Bacà
che sta facendo discutere animatamente schiere di critici e lettori
appassionati di belle e finalmente originali
storie da leggere sotto l’ombrellone di questa rovente estate
italiana. Franz Kafka che
l’autore ci propone (p. 96) somigliate all’ispettore indagatore
benevolo nella narrazione de
quo che vorrebbe riempire
il protagonista di decine di migliaia di sterline per un
imprevedibile errore di Stato… e questo richiamo narrativo è come
voler subliminalmente suggerire (?) la parentela narrativa del suo
scritto con l’opera esistenzialista - La
metamorfosi - più nota
del grande genio letterario cecoslovacco… (O austriaco? O ungarico?
O austroungarico … oppure, forse, tedesco d’Austria…? Boh? …)
che qui assume le vesti di una Metamorfosi
cosmica benevola
che investe - come già e per altro verso
all’inizio del Novecento il Gregor Samsa del genio praghese -
inesorabile il protagonista, un certo Kurt
O’Reilly, di
improbabili avventure metropolitane tutte a lieto fine nella Londra
virtuale di Google Maps e Street View!
E
poi ci sono due interessanti psicologi, o psicoterapeuti, o
psicoanalisti … (?) … che nel rispetto della parità di genere –
un uomo, il dottor Leone, e una donna, la dottoressa Dos Santo,
entrambi latini e non anglosassoni - utilizzano approcci terapeutici
brevissimi, anzi, fulminei, inverosimili, molto distanti dalla realtà
terapeutica attuale, pur richiamando l’ortodossia freudiana, ma che
dico?, junghiana, ma che dico?, della Scuola di Palo Alto
watzlawickiana (Ma si può dire?
Boh?), ma che dico?, ... o forse è un futuristico approccio
olistico-psicodinamico che li comprende tutti
e nessuno, e che viene
utilizzato nel racconto con un setting
tanto originale quanto efficace: in una piscina sospesa nel vuoto
collocata in un attico lussuoso di un grattacielo il primo, in un
affollato pub londinese alla moda la seconda. Ed entrambi, con
geniale maestria clinica, in un'unica bizzarra “seduta”, riescono
a comprendere l’inverosimile problema del nostro eroe, come se
fossero dei veri psico-veggenti!
La
scrittura di Bacà è ricercata e studiata a
tavolino – ovviamente
si fa per dire “a tavolino” in quanto oggi tutti gli scrittori, o
quasi, per ricercare sinonimi e contrari che conoscono poco o
ricordano a malapena dagli studi umanistici o
scientifico/matematici/statistici liceali, utilizzano i dizionari
online, quindi più opportunamente sarebbe meglio dire on
the desk - in modo
ossessivo, con un susseguirsi narrativo composto da significati
e significanti
pioneristici e presi a prestito da altre discipline, frutto di una
incontrollata e narcisistica coazione a ripetere letteraria che
impressiona e sorprende a
piè sospinto il lettore.
L’ostentare termini non sempre necessari alla narrazione rallenta
la lettura, la rende claudicante, incerta, a tratti la devia quasi
algo-ritmicamente dall’originale storia di Kurt O’Reilly
all’ammirazione per la sagacia e l’imponente spessore culturale
dell’autore, al talvolta fastidio epidermico che proietta ob
torto collo il lettore
nelle fredde discipline statistiche e matematiche spoglie di
qualsiasi forma di pathos
narrativo.
Detto
questo, il romanzo è da leggere. Compratelo!
Recensione
“Croce”:
Finalmente
un bel romanzo italiano, originale, schietto, diretto, divertente,
con un linguaggio nuovo, ricercato, non omogeneizzato, quasi
gesualdobufaliniano
per lo spessore “letterario” che l’autore riesce ad esprimere
tra le righe della narrazione, sempre con un’armonia leggera,
spiritosa, coinvolgente che cattura il lettore. Una storia
statisticamente improbabile, è vero!, ma che contiene pillole di
saggezza, di karma orientale, di sano neo-realismo virtuale
contemporaneo, social
direbbero i lettori Millennial
che certamente, più dei nati nel Novecento, sapranno apprezzare
questa avventura – Benevolenza
cosmica – metropolitana
oltremanica dei nostri giorni dove i ricchi ricchi mantengono sane
distanze di sicurezza dai poveri poveri. Una storia raccontata con
una scrittura narrativa al passo coi tempi dell’uomo technologicus
del Ventunesimo secolo e quindi fuori dagli schemi tradizionali e
rassicuranti “promossi” dai più importanti editori italiani che
mai s’avventurano nel lanciare autori originali - e quindi
pericolosi commercialmente! – che in quanto “originali”
risultano (per gli editori nostrani, appunto) incapaci di produrre
opere letterarie omogeneizzate da pascere al lettore fedele (Il
follower? Il fan? Il cliente che acquista come sonnambulo
libri che non leggerà mai?) che non aspetta altro che il nuovo
suggerimento della sua casa editrice di fiducia. Adelphi
in questo caso ha avuto questo grandissimo e nobile merito e coraggio
imprenditoriale: aver pubblicato un autore esordiente che senza
dubbio alcuno è fuori dagli schemi rassicuranti e pedanti dei
maggiori “scrittori”
di successo italici, “maestri”
nel creare confezioni di
omogeneizzati
artigianali, scremati, insipidi e pedissequamente ispirati al
taylorismo…
o al fordismo?
O al metodo tayloristico?
O a tutti insieme allegramente? (Boh?) Confusissimo sono! Comunque
sia, questo rimane senza dubbio alcuno un grande e ammirevole –
almeno per me! - reciproco merito, di Adelphi
e di Fabio Bacà.
Speriamo che su questa luminosa e pionieristica scia altre case
editrici, altrettanto prestigiose e importanti quale Adelphi - oltre
alle piccole case editrici indipendenti che lo fanno già da anni con
gravoso e ardito rischio d’impresa! - inizino ad investire e a
ricercare autori nuovi con scritture originali e moderne, e la
smettano una volta per tutte di proporre e ri-proporre ossessivamente
i soliti stereotipi déjà-vu
e i soliti omogenizzati (Mi ripeto? lo so! Ma mi diceva sempre mia
nonna che repetita iuvant…
chissà se nella fattispecie funzionerà!) che hanno nauseato sino al
vomito la maggior parte dei lettori cacciatori di belle emozioni e di
storie originali… lettori veri costretti, ahiloro, per non morire
di noia intellettuale, a rifugiarsi nei classici dell’Ottocento e
del Novecento!
C’è
una domanda ricorrente che subliminalmente ritroviamo nella
narrazione di Bacà: «Siamo vittime del fato
o padroni di noi stessi col nostro libero
arbitrio?» Forse la
statistica
può aiutarci a capire? O forse no? Chi leggerà, vedrà…
Comunque
sia, dal mio punto di vista Benevolenza
cosmica va acquistato di
corsa e letto con gusto che sarà fresco e intelligente (su questo
non c’è alcun dubbio!) e stimolerà la voracità del lettore per
altre e nuove storie che saprà offrici il nostro bravissimo Fabio
Bacà.
Detto
questo, il romanzo è da leggere. Compratelo!
Post
scriptum:
In una bella intervista del 1987,
Stanley Kubrick,
lettore vorace e attento che spaziava dai classici alle letture dei
più disparati romanzieri del suo tempo e autori spesso sconosciuti
al grande pubblico, disse:
«Tutti i film che ho realizzato sono partiti dalla lettura di un
libro. I libri che ho trasformato in film avevano quasi sempre un
aspetto che a una prima lettura mi portava a domandarmi: “È una
storia fantastica; ma se ne potrà fare un film?” Ho sempre dei
sospetti quando un libro sembra prestarsi troppo bene alla
trasposizione cinematografica. Di solito significa che è troppo
simile ad altre storie già raccontate e la mente salta troppo presto
alle conclusioni, capendo subito come lo si potrebbe trasformare in
film. La cosa più difficile per me è trovare la storia. È molto
più difficile che trovare i finanziamenti, scrivere il copione,
girare il film, montarlo e così via. Mi ci sono voluti cinque anni
per ciascuno degli ultimi tre film perché è difficilissimo trovare
qualcosa che secondo me valga la pena di realizzare. (…) Le buone
storie adatte a essere trasformate in un film sono talmente rare che
l’argomento è secondario. Mi sono semplicemente messo a leggere di
tutto. Quando cerco una storia leggo per una media di cinque ore al
giorno, basandomi sulle segnalazioni delle riviste e anche su lettura
casuali.» (tratto da
“Candidamente Kubrick”,
di Gene Siskel, pubblicato sul Chicago Tribune, 21 giugno 1987).
Ebbene,
finita la mia lettura di questo interessante romanzo, ho immaginato
Kubrik seduto nella sua stanza di Londra dove si rinchiudeva spesso a
leggere per ore ed ore alla ricerca di una storia da trasformare in
uno dei suo film, che terminato Benevolenza
cosmica dice a sé stesso
ad alta voce:
Versione
“Testa”: «What
a fuck story written in a fuck way is this!?»
Anche
in questo caso dobbiamo fare uso della monetina testa/croce per
sapere quale espressione avrebbe usato alla fine della sua lettura il
nostro Kubrick immaginato … perché le due eureka
kubrickiane, come le due
versioni della recensione, continuano a frullare nella mia testa di
lettore curioso – ma certamente dilettante e incompetente - in modo
ossessivo e con una coazione a ripetere irrefrenabile, anche se
insignificante statisticamente!
SINOSSI
TRATTA DAL SITO UFFICIALE DI ADLEPHI EDITORE:
«A
Kurt O'Reilly non ne va bene una. Ma una, eh? Il medico cui si
rivolge per un piccolo fastidio gli spiega, esterrefatto, che in
tutti i casi conosciuti quel problema ha un esito nefasto – tranne
che nel suo. Sul lettino di un tatuatore, una sensazionale pornostar
gli lascia intravedere un paradiso a portata di mano. I soldi
investiti distrattamente non fanno che moltiplicarsi. Persino il
tassista che lo scorrazza in una Londra appena spostata nel futuro
insiste per pagargli lui la corsa. No, decisamente qualcuno trama
alle sue spalle, e a Kurt non resta che tentare di capire chi, e
perché. Un po' alla volta una macchinazione verrà fuori, in
effetti, ma non possiamo dire altro: perché la macchinazione è
questo singolare, trascinante, divertentissimo romanzo.»
Link:
Andrea
Giostra