Ciao
Rina, benvenuta e grazie per la tua disponibilità. Se volessi
presentarti ai nostri lettori cosa racconteresti di te quale artista
della settima arte? Qual è stato il tuo percorso artistico che ti ha
condotto dove sei ora?
Una
domanda bella, ma difficile da rispondere in quanto, la mia militanza
artistica è lunga e raccontarla tutta, rischio di ammorbare: mi
limito a dire le cose più essenziali: quindi… pratico l'Arte sin
da giovanissima età... Pittura, Scultura, Installazioni, esponendo
in Italia e all'Estero, in Gallerie, Musei, Teatri. Ho lavorato in
Teatro realizzando Scene e Costumi per Spettacoli di Compagnie
professionali, fino ad approdare alla Biennale
di Venezia. Lascio una docenza di discipline
Pittoriche nel Liceo Artistico, rinuncio ad
una cattedra di Pittura
e accetto quella di Scenografia nelle
Accademie di Belle Arti, fino a dedicarmi
alla scrittura drammaturgica: opere teatrali, pubblicate, premiate e
prodotte in spettacoli con circuitazioni nazionali ed internazionali.
Fondo "La Misenscène",
un'Associazione artistica e culturale, sul pensiero di Joseph
Beuys, trasformandola nel tempo in "La
Misenscène Production", operativa fino
ad oggi. In ogni ambito artistico, ho riscosso riconoscimenti, premi,
anche per l'attività artistica. Dalla scrittura teatrale, a quella
cinematografica, il passo è breve: tutte espressioni artistiche che
non si tradiscono tra di loro, ma si intersecano in perfetta
simbiosi.
Chi
sono i tuoi modelli e chi sono stati i tuoi maestri che vuoi
ricordare in questa intervista?
Devo
confessare che, stranamente, mi rendo conto di non aver mai avuto
modelli o maestri. Questa mia dichiarazione, non vuole sottintendere
nessuna presunzione, diciamo che, apprezzandone diversi, sia italiani
che stranieri, mi sono lasciata trasportare, forse inconsciamente,
dove mi ha portato il cuore, la mente, grazie alla mia lunga e ricca
esperienza in vari campi dell'arte.
Qual
è stato il tuo percorso artistico e professionale per diventare
brava dietro la cinepresa?
Tutta
la mia esperienza artistica mi è servita per poter stare anche
dietro una cinepresa: partendo dalla fotografia, nel senso che da
subito, ho fotografato tutti i miei lavori, di pittura, scultura, i
plastici delle mie scenografie in fase di allestimento, come se si
trattasse della scrittura di scene, teatrali o cinematografiche, fino
ad arrivare alle inquadrature delle location dei film, che per me,
rappresentano dei quadri fini a sé stessi.
Chi
sono secondo te i più bravi registi nel panorama internazionale e
nazionale? E con chi di loro ti piacerebbe lavorare e perché?
Non
dico che sono i più bravi in assoluto, ce ne sono di altri registi,
sia italiani che stranieri che mi piacciono, ma preferisco citarne
solo due: Tornatore e
Clint Eastwood…. per
la loro coerenza, essenzialità, rigore, equilibrati nel dramma e
nella poesia…
Quali
gli attori che vorresti dirigere? Mi piacerebbe se indicassi tre
italiani e tre stranieri con i quali non hai mai lavorato e che
vorresti dirigere.
Non
è la prima volta che mi viene posta questa domanda, e per bisogno di
coerenza, rispondo dicendo che, citandone alcuni, sia italiani o
stranieri, prediligerei questi, e credo che non vada bene. Ancora
oggi sono del parere che, nel momento in cui scrivo una storia, per
una drammaturgia o per una sceneggiatura cinematografica, in
automatico si profila l'immagine di un attore, secondo me il più
appropriato per interpretare quel personaggio, e faccio di tutto per
coinvolgerlo nel mio progetto, certa di fare un buon lavoro.
«La
sceneggiatura è il genere di scrittura meno comunicativo che sia mai
stato concepito. È difficile trasmettere l’atmosfera ed è
difficile trasmettere le immagini. Si può trasmettere il dialogo; se
ci si attiene alle convenzioni di una sceneggiatura, la descrizione
deve essere molto breve e telegrafica. Non si può creare
un’atmosfera o niente del genere…» (Conversazione
con Stanley Kubrick su 2001 di Maurice Rapf, 1969). Cosa ne pensi
delle parole di Kubrik sulla sceneggiatura, considerato che sei anche
una sceneggiatrice? Quanto è importante la sceneggiatura per la
realizzazione di un’opera cinematografica?
La
sceneggiatura per la realizzazione di un film è "importante",
direi basilare: un lavoro per niente facile, e come non condividere
il pensiero di Kubrik,
ci vorrebbe una tavola rotonda per amplificare l'argomento. Comunque,
la scrittura di una sceneggiatura ha il suo fascino: creare dal
nulla, la parola che diventa immagine, senza escludere la sofferenza
per l’impossibilità a descrivere le atmosfere che vuoi.
«Il
cinema deve essere spettacolo, è questo che il pubblico vuole. E per
me lo spettacolo più bello è quello del mito. Il cinema è mito».
Sergio Leone (1929-1989). Cosa pensi di questa frase detta dal grande
maestro Sergio Leone? Cosa deve essere il cinema per chi lo crea e
per chi ne gode da spettatore?...
Non
condivido questo pensiero: sono del parere che il cinema, ci offre si
"divagazioni", "divertimento", ma anche e spesso,
a nostra insaputa, ci da la possibilità di "ritrovarci",
riconoscerci", e vogliamo escludere un'occasione per
riflettere?... Il cinema, per chi lo crea, è una espressione
artistica, ok, ma credo che fermarsi sul fatto estetico, sia
riduttivo, mentre, se si aggiunge quel qualcosa che vogliamo rendere
pubblica, magari per condividerla, sarebbe più costruttivo: credo
anche che il pubblico ne sia consapevole.
Perché
secondo te oggi il cinema è importante?
Perché
ci apre "finestre" sul mondo, esteriore ed interiore: un
mondo in cui credo che noi, inconsapevolmente, ci rifugiamo: perché
bisognosi di "emozioni"? Perché no, inconsciamente le
cerchiamo, e il cinema ce le regala, perché il cinema, sottintende
che le "emozioni", sono vitali per la nostra sopravvivenza.
Recentemente
hai realizzato un cortometraggio che è stato selezionato per il
prestigioso concorso “Tulipani di seta nera 2019” che vede la
partecipazione di “Rai Cinema Channel”. Ci parli di questo
lavoro? Come nasce il corto “Sindrome” e qual è il messaggio che
vuoi arrivasse a chi lo guarderà?
La
"maternità", trattata nel film, vuole solo essere solo un
pretesto, per sottintendere un messaggio vitale: "non arrendersi
mai", e quanto possa essere importante l'Arte nel contesto, in
quanto sono del parere che la conoscenza dell'Arte è uguale a
Cultura, e quanto la Cultura possa essere fondamentale per la nostra
crescita. Quindi "Sindrome"
nasce da una domanda: "La visione di un'Opera d'Arte, a seguito
di estremi compiacimenti, fra estetica e spiritualità, tipici delle
sindromi di Stendhal e di Gerusalemme, potrebbe generare una fede,
una speranza, ai fini della realizzazione di un sogno? È la domanda
che mi sono posta scrivendo "Sindrome", una storia
liberamente ispirata, di una donna che, raggiunta la soglia dei
quaranta anni e stanca del vuoto che la circonda, decide di dare un
senso alla propria vita: diventare madre. realizzazione di un sogno?
Mi piace rendere noto che, al di là dei miei intenti, dal momento
che il mio film è in Sala, non mi appartiene più: è semplicemente
e solo del pubblico che vorrà fruirlo, libero di condividere o no le
mie domande, di scoprire le sue risposte, di riscontrare le sue
emozioni.
A
cosa stai lavorando in questo momento? Quali i tuoi prossimi
appuntamenti di lavoro?
Sto
lavorando su di un'opera prima di Lungometraggio: si tratta di una
storia vera, liberamente tratta da un romanzo, che per il momento
vuole essere top-secret sul titolo e sull'Autore. Posso solo
anticipare che, se il cinema "informa", il mio lavoro può
rappresentare un occasione per far conoscere e rinnovare la memoria
di un Autore che ha lasciato un segno nella mondo della cultura
italiana, e quindi valorizzare la cultura del proprio paese. Se il
cinema "informa", perché non trattare una vecchia storia,
ribaltandola in tempi più ravvicinati, in quanto sottintende
problematiche sociali attuale che possono riguardarci? E se il cinema
"insegna", mi domando: il mio film, potrebbe entrare in una
progettualità attiva, per trovare, insieme, soluzioni?". Per
quanto riguarda i miei prossimi appuntamenti di lavoro, auspico di
essere contattata da un Produttore, interessato a "viaggiare"
insieme a me, per creare, insieme, altre "emozioni" da
regalare.
Immagina
una convention all’americana, Rina, tenuta in un teatro italiano,
con qualche migliaio di adolescenti appassionati di cinema. Sei
invitata ad aprire il simposio con una tua introduzione di quindici
minuti. Cosa diresti a tutti quei ragazzi per appassionarli al mondo
della recitazione, del teatro e della settima arte? Quali secondo te
le tre cose più importanti da raccontare loro sulla tua arte?
Se
il mio presupposto è quello di lavorare per condividere le mie
creazioni con il pubblico, trovarmi di fronte a dei giovani,
appassionati di cinema, è una vera gioia, ma, rispondo alla domanda,
facendo passi indietro con la memoria, e mi rivedo, ora dietro una
cattedra, ora in una sala cinematografica, a parlare di cinema, dei
miei lavori, delle mie esperienze artistiche, delle difficoltà dei
sacrifici, delle attese, degli entusiasmi, delle emozioni, e rivedere
i loro sguardi proiettati su di me, a volte notando i loro occhi
umidi, e mai stanchi di sentirmi dialogare, oltre che affascinati
dalle immagini delle mie opere, rendendo noto, per esempio, come si
parte da un'idea, arrivando ad un palinsesto praticabile e mi
riferisco sia al Teatro che al Cinema. Parlando di onestà nel
lavoro, senza perseguire facili arrivismi, le fatiche fanno bene, le
ricompense di un lavoro fatto bene sono come una manna dal cielo,
inculcando a loro il concetto che niente è facile, e ciò che più
conta, non è il "traguardo", quanto il "partire".
E se ancora oggi mi seguono, questo vuol dire che a loro ho trasmesso
qualcosa che non dimenticheranno mai e cos'altro potrei aggiungere!?
…
Rina
La Gioia
Per
guardare il Corto “Sindrome”, e per esprimere una tua valutazione
sull’opera, clicca sul sito RAI qui:
http://www.tulipanidisetanera.rai.it/dl/portali/site/articolo/ContentItem-dda2871d-9e5e-4f0a-8d0e-a76a22f1a283.html
Andrea
Giostra