Intervista
di Andrea Giostra.
Ciao Paola, benvenuta e grazie per la tua disponibilità.
Se volessi presentarti ai nostri lettori cosa racconteresti di te quale produttrice
che lavora e vive ad Hollywood?
Ciao
Andrea e innanzitutto grazie per l’interesse verso di me e verso il mio lavoro.
Come credo tu possa bene immaginare, fare il produttore non è un mestiere
facile: infatti richiede anni di esperienza, di conoscenza e tanto sacrifico.
Ci vogliono ottime capacità diplomatiche nel comunicare e tantissima pazienza
nell’attendere. Produrre un film richiede anni di lavoro, sforzi incredibili ed
una volontà di ferro.
Qual è stato il tuo percorso professionale, la tua
formazione, le esperienze lavorative che ti hanno portato ad essere oggi
un’apprezzata produttrice nel cuore dell’industria del cinema internazionale,
qual è Los Angeles?
Sicuramente
il mio percorso imprenditoriale! Fare impresa da quando avevo 16 anni mi ha
aiutato parecchio a sviluppare tutta la sensibilità e la capacità professionale
necessaria per condurre un’azienda e portare avanti i progetti. Si nasce con
queste abilità, sono un dono naturale e non si possono certo inventare certe attitudini.
La fortissima predisposizione alle pubbliche relazioni è una carta vincente
quando devi comunicare con le aziende o con i privati. Premetto che mi ritengo
– con estrema onestà – ancora un piccolo produttore (nel range del
milione/milione e mezzo di dollari) che ha ancora tanto da dare, da fare e da
imparare, il mio goal è quello di
poter lavorare un giorno ad un film il cui budget arrivi a varie decine di milioni
di dollari e per questo credo realisticamente passeranno ancora parecchi anni!
Cosa
significa essere un produttore cinematografico? Cosa si fa e qual è il lavoro
che vuoi partecipare ai nostri lettori perché capiscano questa importante
figura professionale della settima arte?
Il tutto parte dal progetto e dal saper scegliere il
prodotto vincente. Mi è capitato in passato di voler aiutare amici scrittori a
produrre le proprie opere, ma quando una sceneggiatura ha dei “buchi” e non
funziona alla perfezione… diventa molto difficile metterla in scena. E lo è ancora
di più quando gli autori stessi sono ottusi, orgogliosi… non ti vogliono assolutamemte
ascoltare e sono convinti di aver scritto il più grande capolavoro del cinema
contemporaneo! Le persone o le aziende che investono non sono stupide e
vogliono capire se il prodotto funziona. Capita spesso di vedere persone
affacciarsi al cinema perché hanno un po’ di soldi ma che di cinema non
capiscono proprio nulla e così pensano che solo perché dicono di poter
investire milioni di dollari il film andrà sicuramente bene. Non è così! Ovvio
che nessuno nell’industria dell’intrattenimento ha la sfera di cristallo, ma
almeno ci devono essere i presupposti di base: una buona storia, un buon
regista, un buon cast… Oppure tanti pensano di essere producer solo perché hanno un progetto da sviluppare ma in questo mestiere
è proprio il caso di dire, tra il dire e il fare ci sta di mezzo il mare. Devo
dire con sincerità che chi vive fuori da questo mondo non può avere idea di che
cosa giri qui a L.A: un’intera fauna di ambigui individui improvvisati che millantano
esperienza e contatti. I più ridicoli sono quelli che “rubano” le foto con i
VIP alle feste nelle quali si sono imbucati e le fanno poi girare sui social… lasciando
intendere che lavorano con i grandi nomi! Poi scopri che erano lì per caso o erano
sul set a tirare qualche cavo a qualche assistente dell’assistente alla regia.
Oppure i finti premi di film: magari hanno solo lavorato in un altro
dipartimento, ma sembra che il trofeo l’hanno vinto anche loro! Personalmente consiglio
sempre di andare a vedere cosa hanno fatto per davvero, almeno per capire se si
sta avendo a che fare con gente seria e legittima. Basta cercare su IMDB (Internet
Movie Data Base) e cliccando il nome della persona o del progetto, potete
vedere il ruolo che ha realmente svolto e le cose che ha veramente fatto. Su
IMDB vedete tutto… dal budget allo stato attuale del progetto, se è in
sviluppo, se è in produzione o se è addirittura in post.
Gli
appassionati di cinema leggono spesso di “produttore cinematografico” e di
“produttore esecutivo” confondendo i due ruoli o addirittura pensando che siano
la stessa figura. In effetti non sono sinonimi come ben sappiamo. Ci spieghi la
differenza tra queste due figure assolutamente centrali nella produzione di
un’opera cinematografica?
Domanda interessantissima, giusta ed intelligente! Il
produttore esecutivo è come il CEO di una Company: a lui spettano le più importanti
decisioni, ed è lui che assume spesso l’autore, il regista e gli altri producer.
Il producer si occupa poi di
assemblare il progetto e a volte aiuta anche a raccogliere il budget, anche se
la parte finanziaria spetta quasi totalmente al Produttore Esecutivo. Riguardo
a me… io rientro proprio sotto quest’ultima categoria, preferisco infatti fare
da executive producer ed avvalermi di
un buon line producer sul set e di un
ottimo associate producer al mio
fianco.
Qual
è secondo la tua esperienza la differenza sostanziale tra fare il produttore
cinematografico in Italia e farlo ad Hollywood?
Sono due universi completamente distanti l’uno
dall’altro. Qui a Los Angeles ho imparato molte cose e penso che sarebbe davvero
utile per il mercato italiano il sapere come si fa Cinema qui a Hollywood. In
Italia si crede ancora nei miti di una volta e si rimane quindi eterni sognatori…
dall’Italia ricevo ancora richieste del tipo “guarda Paola, se fai arrivare la
mia storia ad Al Pacino, sono certo che poi vorrà farne un film! Magari vorrà
pure produrlo lui mettendoci i soldi!”… sì, certo! Magari allo stesso modo a
mezzanotte la carroza di Cenerentola ridiventa una zucca! Sono proprio queste
basi professionali che mancano a molta gente e che andrebbero decisamente spiegate.
Il film parte dai primi soldi che il produttore o il regista o qualche amico
investitore avanzano per portare avanti l’inizio del complesso processo
produttivo. Da lì iniziano poi tante altre fasi, prima fra tutte quella di avere
una buona ed onesta valutazione della sceneggiatura per farne poi il “polishing” (ovvera la “pulizia” del
lessico e di alcune errate impostazioni dei personaggi e della storia). Dopo si
passa al packaging (cioè la presentazione
grafica e concettuale che contiene la visione del regista ed in alcuni casi è
accompagnata da un vero e proprio “mood
trailer”). E via via si acquistano tutte le armi necessarie per andare in
battaglia, per andare effettivamente a fare il cosiddetto “pitch”, ovvero proporre il tuo film alle case di produzione e agli
investitori. Gli attori vengono strada facendo… ed ormai non esiste un attore
al mondo (a meno che sia un amico stretto di qualcuno della produzione o
qualche attore sconosciuto alla vendita) che accetti di far parte del film se
almeno non ci sono parte dei fondi sul conto corrente della Company e una volta
verificati i fondi egli dovrà leggere la sceneggiatura e dire sì o no. E da
quel momento la strada è ancora lunga…
Come
fa un produttore, partendo da un libro, da un romanzo, da una sceneggiature a
sceglierla per farne un film investendo i suoi soldi? È un compito
imprenditoriale molto importante che prevede quello che in Italia si chiama il “rischio d’impresa”, ovvero, investire
su un “prodotto” senza avere la
certezza che l’investimento produrrà un ricavo economico, oltre ovviamente al
successo di pubblico e di visibilità nel mondo del cinema. Ci spieghi cosa e
come fai tu tutto questa parte decisiva del tuo lavoro?
Innanzitutto, come dicevo prima, il produttore deve
avere ovviamento un po’ di “naso”. Deve avere intuito, sensibilità e capire perfettamente
le sottili tendenze del mercato onde sapersi muovere con i distributori. Lo script deve essere sviluppato bene e qui
c’è una frase importantissima che dicono spesso i produttori “if it works on the page it works on the
stage”, ovvero se funziona sulla carta funziona anche in scena, sul set! Ed
è vero, perché a volte si leggono delle sceneggiature così vuote, così brutte,
così non emozionali e così noiose che puoi solo immaginare come lo spettatore
si addormenterà sicuramente dopo tre minuti di fronte allo schermo! Mi è
capitato di leggere il testo di una puntata pilota per una sitcom: erano imbarazzanti persino le frasi scritte in italiano (da
italiani!) del tipo “adesso gli attori entrano
nella spiaggia”! Tu ti guardi intorno e ti chiedi, ma questo italiano che
sta scrivendo male e sgrammaticato in quella che dovrebbe essere la sua lingua
madre… come farà poi a farsi capire in inglese!? Purtroppo di orrori di questo
genere ne leggiamo tanti e per fortuna ogni tanto arrivano perle di scrittura –
praticamente perfette – che ti ripuliscono gli occhi e l’anima da tutta quella superficialità,
dal quel vuoto creativo, da quella improvvisazione senza cultura. È anche vero però
che un film viene “scritto” tre volte: la prima volta dall’autore (scrittura
nel senso più stretto del termine), la seconda volta dal regista in fase di
produzione (sul set si possono cambiare battute a seconda di come rende
l’attore) e la terza volta dal montatore in fase di post produzione (potrei
elencare centinaia di film decisamente salvati da un montaggio magistrale). Sono
tutte fasi importantissime e quando funzionano tutte armonicamente si ha il
capolavoro o il buon prodotto.
La maggior parte degli
autori ha un grande sogno, quello che il suo romanzo diventi un film diretto da
un grande regista. A questo proposito, Stanley Kubrik, che era un appassionato
di romanzi e di storie dalle quali poter trarre un suo film, leggeva in modo
quasi predatorio centinaia di libri e perché un racconto lo colpisse diceva: «Le sensazioni
date dalla storia la prima volta che la si legge sono il parametro fondamentale
in assoluto. (…) Quella impressione è la cosa più preziosa che hai, non puoi
più riaverla: è il parametro per qualsiasi giudizio esprimi mentre vai più a
fondo nel lavoro, perché quando realizzi un film si tratta di entrare nei
particolari sempre più minuziosamente, arrivando infine a emozionarsi per
dettagli come il suono di un passo nella colona sonora mentre fai il mix.» (tratto da “La guerra del
Vietnam di Kubrick”, di Francis Clines, pubblicato sul New York Times, 21
giugno 1987). Tu fai la stessa cosa per scegliere una sceneggiatura e poi
investire per farne un film? Cosa pensi delle parole di Kubrick a proposito
delle “sensazioni” che deve essere in
grado di produrre una sceneggiatura, un romanzo, un racconto perché possa poi
diventare un film?
Penso che Kubrik abbia perfettamente
ragione: dico sempre che la prima impressione è quella che conta e se
l’impressione è positiva puoi solo migliorarla. Kubrik, come riportano anche i backstage
girati da sua moglie, amava trascrivere e riscrivere anche al momento le
battute da dare all’attore. E a questo riguardo è interessantissimo il dietro
le quinte di Shining (in cui vediamo il Maestro fare cose che solo pochi come
lui si possono permettere)! Del resto Kubrik è Kubrik, lui è il Cinema, la
visione, il frame, la perfezione assoluta.
Oggi
il pianeta dell’arte, della produzione e della distribuzione cinematografica si
sta sviluppando in versioni al passo coi tempi dell’Homo Technologicus. Questa evoluzione, per certi versi darwiniana,
è certificata dalle più recenti indagini di mercato e ricerche scientifiche sul
consumo della cultura della settima arte che vede superare abbondantemente
coloro che si nutrono di cinema attraverso i canali in streaming, internet e
pay TV (oltre il 60%, dei quali la maggioranza sono soprattutto i cosiddetti Millennial) da coloro che ne gustano la
visione presso le sale tradizionali che appartengono soprattutto ai nati del
Novecento (meno del 40%). Dati oggettivi che molti osservatori e critici
cinematografici geriatrici contemporanei sottovalutano cercando di resistere a
questo futuro che oramai ha preso il sopravvento. Da produttore cinematografico
quale sei, cosa pensi di questo fenomeno, di questa realtà in così forte
evoluzione? Come deve muoversi un produttore che vuole rimanere al passo coi
tempi? E tu cosa fai in proposito con le tue produzioni?
La domanda è legittima ed
estremamente importante. Infatti bisogna assolutamente stare dietro al mercato
distributivo e – da piccolo produttore quale io sono – voglio stare sempre
dentro a piccoli budget per non rischiare e non fare rischiare ai miei partner
ed investitori. I grossi budget li lasciamo alle major che sanno benissimo come
riempire le sale tramite una distribuzione capillare ed una comunicazione
massificante, anche se c’è da dire che il mercato è cambiato un po’ per tutti e
tante volte pure loro perdono grossi investimenti con dei flop costosissimi. Da
produttore ed imprenditore penso che la risposta migliore per non avere rischi
sia l’investire nella comunicazione utilizzando un film, come tante aziende oggi
già fanno: “Il diavolo veste Prada” è per esempio un’operazione geniale di
marketing, considerando che il prodotto è già reclamizzato nel titolo del film!
La tecnologia va sfruttata a nostro vantaggio cercando di utilizzare tutte le
piattaforme per far arrivare il prodotto all’utente finale. Il Cinema non potrà
mai morire, e di fronte al vuoto di tante nuove generazioni la Settima Arte è
sempre la risposta più forte che può servire come cura per la mancanza di
cultura che c’è nei giovani oggi (a volte leggo i loro messaggi e temo
un’analfabetismo di ritorno)!
Chi
sono secondo te i più bravi produttori nel panorama internazionale e quali
talenti hanno che consentono loro di avere successo?
Se dovessi citare qualcuno, credo che nessuno
saprebbe chi sono! Purtroppo spesso i produttori fanno parte di quella
categoria che rimane sempre sconosciuta al grande pubblico… comunque tanto per
fare dei nomi direi che Jason Blum e Brian Kavanaugh-Jones per me
rimangono tra i numeri uno!
E
quelli italiani?
Mi piace molto Antonio Avati.
Hai
avuto dei maestri, delle persone che ti hanno insegnato questo lavoro e che
vuoi ricordare in questa intervista?
Se devo essere sincera ho
imparato sul campo, sbagliando… dato che – come dice il famoso proverbio – sbagliando
si impara! Ma quando ho iniziato, oltre dodici anni fa, avevo comunque alle
spalle già vari anni e anni di impresa, dato che ho sempre gestito centinaia di
impiegati e personale aziendale. A Milano, dove assieme a mio marito abbiamo
fondato l’Accademia dello Spettacolo, abbiamo avuto un teatro di nostra proprietà
che si chiamava “Teatro estremo” ed abbiamo fatto una grande palestra di
filmmaking grazie alla nostra casa di produzione audiovisiva Astarox, che vantava
oltre 70 clienti fidelizzati (tra i quali il Comune di Milano, L’Oréal, la
regione Lombardia, Sony, ATM, etc.…). Ho sempre fatto ricerche di mercato ed avviato
business ed imprese in tutto il mondo: in Giappone, in Korea, in Marocco, in
Spagna… ed ora in America! Avviare un’azienda per me è diventato quasi un gioco
stimolante… e la cosa che mi piace maggiormente è dare vita sempre a cose
diverse. Proprio per questo forse il cinema mi appaga più di ogni altra avventura…
perché è sempre una storia diversa da raccontare!
Perché secondo te oggi il cinema è importante nel mondo
contemporaneo?
Il cinema
oggi è importantissimo perché è un linguaggio realmente universale, che
raggiunge tutti al di là delle varie barriere culturali.
Se qualcuno dei nostri lettori volesse inviarti una
sceneggiatura, un romanzo, un racconto da valutare per trarne un film, cosa
deve fare? Hai un ufficio che si può contattare online senza essere
particolarmente invasivi e dove i tuoi collaboratori possano selezionare e
valutare con tempi certi le proposte che ti arrivano?
Sì,
ho una e-mail della mia Company alla quale si possono mandare prima di tutto le
Sinossi: per leggere ed analizzare bene uno script
occorre tempo e anche qui dobbiamo ricordarci che il tempo ha un valore. Quindi
la valutazione critica è uno dei servizi che offre la mia agenzia. Stiamo inoltre
lanciando in questi giorni un seminario individuale: un intrigante webinar di sceneggiatura diviso in tre
utilissime lezioni individuali di un’ora ciascuna, nel corso del quale verranno
spiegate le regole di base su come affrontare una sceneggiatura qui a Hollywood…
gli errori da non fare per essere cestinati immediatamente… i formati standard…
e come avere una solida sceneggiatura fra le mani! Chi dei lettori fosse
interessato, potrà utilizzare questa e-mail per inviare il materiale richiesto
ed essere valutato: info@lafirstep.com
Ci
parli dei tuoi ultimi lavori e dei lavori in corso di realizzazione? A cosa
stai lavorando in questo momento?
In questo momento sto
lavorando ad un film che si intitola “The Nemesis”: dopo tanto tempo questo
straordinario psycological thriller
sta andando nel migliore dei modi. Non voglio dire altro per scaramanzia!
Questo è un classico caso in cui io inizialmente pagai, tramite la nostra casa
di produzione, dei professional readers
per avere una valutazione onesta. Quindi – grazie al Cielo – tramite una critica
positiva e forti di una solidissima sceneggiatura siamo riusciti ad avere già
la pre-distribuzione prima ancora di girare il film. Abbiamo inoltre già le
proposte di alcuni attori famosi che vogliono far parte del progetto e stiamo chiudendo
il budget, così che tra pochi mesi si andrà in produzione. La regia e la
scrittura sono di mio marito Max Leonida
Dove
potranno seguirti i nostri lettori e i tuoi fan? Quali sono le tue società che
vuoi ricordare in questa intervista?
La mia Company americana
si chiama Lafirstep, LLC.
Paola
Cipollina
Andrea
Giostra