Si liberi Campo de' Fiori!

Come sa bene il visitatore di Roma, uno dei due o tre luoghi più amati e più visitati e anche più tipicamente romani è Piazza Campo de' Fiori, veramente un fiore architettonico e ambientale  nel cuore della città Eterna.
Non vogliamo tediare il lettore col descrivere il fascino di questo angolo: la rete è ricca di dettagli.  Qui vogliamo richiamare alla memoria un fatto storico poco  conosciuto. Si ricordi che Roma, capitale dello Stato Pontificio fino al 1870,  tra le sue mille peculiarità connotava anche quella di disporre di una forca, cioè di un patibolo, quasi in ogni piazza importante della città, sia ad ammonimento  degli abitanti e sia per effettivamente giustiziare i condannati,  tanto che assistere alle scene capitali era uno degli spettacoli ai quali i romani erano da secoli ormai abituati. Tale era anche Campo dé Fiori e probabilmente il martire più illustre fu Giordano Bruno, bruciato vivo il 17 febbraio del 1600: bruciato vivo!!! Si immagini se possibile la orribile sofferenza, per converso la ferocia e la spietatezza della controparte!!! Questa piazzetta nel corso degli anni, a dispetto della fosca ed atroce storia, era anche luogo di mercato dove la mattina convenivano le contadine del ‘fuori porta’ a vendere i loro prodotti e il loro pollame. Molti documenti pittorici illustrano questo gruppo di contadine in un angolo della piazza.
La Storia ricorda che il 20 settembre 1870 segna la maggiore disgrazia e calamità che si sia abbattuta sulla umanità e cioè la fine di Roma antica e papale, la fine di un mondo: i nuovi padroni ed usurpatori, approfittando del fatto che i protettori ed amici di Roma erano stati obbligati ad abbandonarla per forza maggiore, immediatamente si buttarono  sulla inerme preda ormai indifesa e se ne impossessarono: in pochi anni la trasfigurarono e  quasi ne cancellarono la immagine e la unicità: non ebbero scrupolo alcuno  ad annientare  e ridurre in palazzoni insignificanti delle ville inaudite quali Villa Negroni (al cui posto si leva la Stazione Termini e  luoghi circostanti), e Villa Boncompagni Ludovisi (al cui posto speculatori senza anima e senza scrupoli costruirono Via Veneto e affini). 
Meglio tornare a Giordano Bruno perché quanto avvenne in Roma dopo questi fatti è mille volte ancora  più deleterio. Spodestato  e derubato del suo potere che durava almeno da quindici secoli, rinchiuso e confinato ormai in Vaticano, il papato verso la fine del secolo dovette sorbire un ulteriore oltraggio: dei comitati  di intellettuali e di studiosi decisero di innalzare un monumento alla memoria di  Giordano Bruno nel luogo del suo martirio e cioè a Piazza Campo dé Fiori, il che ovviamente agli occhi delle gerarchie equivaleva a dileggio della Chiesa e a profanazione dei luoghi e della memoria: un monumento a un eretico  professo! I promotori della iniziativa, tra i quali coi suoi studenti  spiccava Antonio Labriola da Cassino, professore di Filosofia Morale alla Sapienza, furono fatti oggetto di aspre rampogne e maledizioni da parte del Papato  e, apparentemente, anche da parte delle autorità piemontesi, ma riuscirono a spuntarla:  così il 9 giugno 1889 la statua, realizzata dallo scultore Ettore Ferrari, fu svelata al pubblico presente: un Giordano Bruno nei suoi abiti di monaco domenicano, corrucciato, protetto dal suo cappuccio, si leva terribile, a rammentare….  
Pochi anni dopo si registravano a Roma nuove presenze e nuovi padroni e anche  l’argomento del monumento, mai dimenticato, tornò sulla ribalta in special modo durante le trattative  in occasione dei famoso ‘Concordato tra Stato e Chiesa’ del 1929:  se ne richiese a gran voce lo smantellamento o la dislocazione altrove. Il Duce, in quegli anni  non ancora  disinquinato e depurato dei suoi sentimenti socialisti, rigettò ogni ipotesi: allo stesso tempo, dato il momento solenne della ‘Riappacificazione’, volle dare una prova di buona volontà e di comprensione: bisognava impedire che la presenza di Giordano Bruno si imponesse tutto il giorno. Ottenne perciò che quello che per secoli era stato un mercatino precario e di poche donne e di poche ore, assumesse altra veste e funzione: che si svolgesse su tutta la piazza, che iniziasse alle cinque di mattina e terminasse al tramonto, che fosse gestito solo da commercianti in possesso di regolare autorizzazione e licenza, che si svolgesse tutti i giorni dell’anno. E così avvenne.  Da allora la piazza si riempì di molte decine di  venditori con le loro bancarelle ed ombrelloni e tende col risultato che effettivamente Giordano Bruno fu oscurato, la visione divenne impossibile a causa appunto  degli ombrelloni e, addirittura, la statua divenne deposito di scatole vuote e  di rifiuti ed avanzi  di ortaggi, frutta, ecc. Oggi la situazione è la medesima e ai prodotti mangerecci si sono aggiunte anche le bancarelle degli extracomunitari, con bigiotteria ed altre affinità. Alle cinque-le sei ogni sera uno stuolo di personale della nettezza urbana e di automezzi ripulisce la piazza -con notevole disagio dei sempre presenti turisti e visitatori-  quindi  dopo poco più di un’ora finalmente tutto ritorna all’origine cioè alla visione del corrucciato Giordano Bruno da Nola, che ormai  si leva  senza più quello schifo attorno anche se  è buio o inizia a farsi buio. 
Abbiamo  scritto al Comune di Roma di eliminare lo scempio di quel mercato  e pur conoscendo  quante le incombenze della attuale amministrazione, siamo comunque certi che tale realtà di palese oltraggio alla figura di Giordano Bruno  sarà motivo di riflessione e possibilmente di soluzione positiva. Un invito ad occuparsene è stato rimesso anche al Commissario Prefettizio di Nola. 
                       Michele Santulli

Fattitaliani

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