di Laura Gorini - È
stato un autentico successo la fiction I
Medici - Lorenzo Il Magnifico
di recente andata in onda in prima serata su Rai Uno. Un successo che
merita di certo anche il romanzo da cui è stata tratta, scritto da
un impeccabile Michele Gazo.
Michele,
presentati ai nostri lettori con pregi, vizi, e virtù...
Mi
piace descrivermi come uno scrittore di romanzi d’avventura che usa
la Storia come pretesto per narrare vicende umane. Sono affascinato
dai grandi sentimenti, dall’Epica, dalla sfida del talento
dell’uomo contro le avversità, tutti elementi che metto nei miei
libri e che ricerco anche nella vita reale. Forse è anche per questo
che tendo a idealizzare un po’ troppo certi valori e certi
concetti, attitudine che a volte mi ha procurato qualche delusione.
La realtà infatti è un romanzo molto più complesso di qualunque
finzione.
Come
sei diventato scrittore? E che cosa significa esserlo?
Diventare
uno scrittore è stato il mio sogno fin dall’età di otto anni,
quando ho cominciato a scribacchiare i miei primi racconti. Crescendo
ho continuato a scrivere e a studiare tecnica narrativa, finché a
ventidue anni ho pubblicato con una piccola casa editrice il mio
primo romanzo, che ebbe un ottimo riscontro e venne adottato in molte
scuole italiane e svizzere come testo di lettura.
Poi sono arrivati i grandi editori e, grazie
a I
Medici - Lorenzo il Magnifico,
anche una collaborazione con il mondo delle serie tv.
Per
me l’aspetto più affascinante di essere uno scrittore è quello di
sentirsi un po’ come un “alchimista di mondi”, una specie di
mago che mescola il reale e il fantastico rendendoli tutt’uno per
poi condividere il frutto di questo prodigio con i lettori. Credo
molto nel romanzo inteso come erede delle fiabe antiche, ossia come
un veicolo di valori trasmessi attraverso le vicende dei suoi
protagonisti. E in questo senso ritengo che essere uno scrittore
comporti anche avere una responsabilità nei confronti di chi legge i
tuoi romanzi.
Ma
perché scrivere un libro dedicato a Lorenzo il Magnifico?
Quando
scrivo un romanzo storico non sono mai spinto dal desiderio di
raccontare semplicemente la vita di una persona o ciò che ha fatto;
cerco piuttosto una figura e una vicenda che possano rappresentare
l’esempio giusto per esprimere uno o più concetti che considero
importanti e universali, ovvero che riguardino tutti noi. Nel caso di
Lorenzo abbiamo una figura attorno a cui è ruotato il mondo,
tramutandosi in qualcosa di migliore; un uomo che ha messo le proprie
potenzialità al servizio di questo “rinascimento” collettivo.
Scoprire ciò che lui è riuscito a compiere sul piano sociale può
permetterci di capire come agire a livello individuale nelle nostre
vite: lottare per trovare il giusto equilibrio che consenta al nostro
talento di esprimersi. Questo credo sia il messaggio più importante
che ci può trasmettere la vita di Lorenzo de’ Medici e ciò che mi
ha spinto a scrivere un romanzo su di lui.
Lorenzo
è stato attorniato da molte donne ma per strano caso del destino la
moglie non ha goduto di grande fama. Credi anche "per colpa"
del grande carisma del marito?
Difficile
dirlo... In parte, forse. Anche se, stando a ciò che riportano gli
storici, Clarice Orsini era una donna molto devota e, come tale,
tendente a rifuggire la popolarità. A questo si aggiunge il fatto
che, all’interno della famiglia Medici, secondo gli usi dell’epoca
Clarice era gerarchicamente inquadrata in posizione subalterna
rispetto alla madre di Lorenzo: proprio quest’ultima l’aveva
scelta per il figlio, selezionandola attraverso dei veri e propri
“provini” tra le nobildonne romane. Perciò credo che fosse più
che altro la presenza ingombrante della suocera a precluderle un
maggiore spicco sociale. Nel mio romanzo il personaggio di Clarice
riveste probabilmente un ruolo più attivo di quello che ebbe nella
realtà. È una vera co-protagonista, che diviene pian piano,
attraverso il proprio arco di maturazione personale, una figura di
riferimento sempre maggiore per Lorenzo e per tutta la famiglia, come
si vede particolarmente nell’atto finale. Il tutto, però, senza
perdere la propria dimensione drammatica di sposa “forzata”, che
vive un amore illusorio. Narrativamente trovo che Clarice sia un
personaggio intrigante e affascinante, capace di sorprendere il
lettore, agli occhi del quale si rivela a poco a poco nel progredire
degli eventi, fino a un finale in cui esprime una grande forza e un
grande idealismo.
Da
uomo come lo vedi Lorenzo?
Sicuramente
come un modello di intelligenza, determinazione e saggezza. Gli
antichi identificavano la virilità come l’axis
mundi,
il perno che reggeva l’ordine e l’equilibrio del mondo, e in
questo senso Lorenzo ne è una perfetta incarnazione, dato che fu
chiamato proprio “l’ago della bilancia del mondo”. Di lui
ammiro la capacità di immergersi nella palude insidiosa della
politica riuscendo a non smarrirsi e a non perdere il proprio senso
della diplomazia e dell’armonia, risultando un vero leader. Allo
stesso tempo ammiro anche la sua capacità di tutelare e alimentare
l’arte come espressione della bellezza universale e del genio
umano, ovvero come ciò che di più puro e positivo l’essere umano
può sprigionare. Guidare,
nutrire e proteggere
restando fedeli a un ideale: da uomo credo che siano queste le
qualità che più ci definiscono e nobilitano. Allo stesso tempo,
provo dispiacere per il fatto che a un uomo così straordinario come
Lorenzo sia stata negata la possibilità di vivere un’esperienza
importante come l’amore in modo sereno e alla luce del sole, e ciò
paradossalmente proprio a causa della sua posizione sociale. Credo
però anche che questa costante tensione verso una quiete
sentimentale destinata a non essere raggiunta mai abbia contribuito a
dargli la motivazione per spingersi avanti nella realizzazione della
propria opera. In fondo, l’evoluzione avviene solo quando c’è
un’incompletezza da colmare, anzi, proprio tentando di colmarla...
Lui
ha sacrificato tutto per la "sua opera": credi che sia
stato davvero così o che in realtà amasse molto il potere, forse
più dell'arte?
Direi
che sotto questo profilo occorre fare una leggera distinzione tra il
Lorenzo storico e quello romanzesco. Il mio
Lorenzo è quasi del tutto disinteressato al potere, anche se si
rende conto che solo attraverso il potere e il controllo di ciò che
gli accade intorno potrà realizzare quella che lui chiama la propria
“opera”, cioè aprire la strada a un’era di armonia in cui il
talento umano possa finalmente esprimersi. Anche il Lorenzo reale è
sicuramente stato un mecenate unico e un uomo di intelligenza
straordinaria, ma non voglio farmi troppe illusioni circa il suo
distacco dalle ambizioni terrene. In fondo a quell’epoca era
praticamente un obbligo anelare al potere, una questione di
sopravvivenza. E, dopotutto, più di cinquecento anni dopo la
situazione non è molto cambiata, purtroppo...
Nella
sua vita hanno avuto grande importanza due donne chiamate entrambe
Lucrezia: una era sua madre, l' altra la sua amante, nonché donna
che ha sempre amato. Tu con quali parole le descriveresti? Credi
davvero che la madre abbia influenzato sovente le sue scelte?
Credo
che l’omonimia tra la madre e l’amante di Lorenzo sia
un’interessante casualità, quasi un segno del destino. In fondo se
ci pensi la madre e la donna amata, per ogni uomo, sono un po’ come
l’origine primigenia e il fine ultimo, la partenza e la
destinazione. In questo aspetto circolare è racchiuso il destino di
Lorenzo, un arco d’azione che si snoda tra la sua famiglia
d’origine e la costruzione di un vero amore di coppia che rimane
per lui sfuggente e incompiuto per tutta la vita. Ecco perché
definirei sua madre come un simbolo di solidità per Lorenzo, un
punto di riferimento in particolare nei primi anni dopo la morte del
padre Piero, e viceversa Lucrezia Donati come l’essenza stessa
dell’ineffabile, forse di quella bellezza che Lorenzo ha sempre
cercato di omaggiare attraverso il mecenatismo artistico. È anche
questo il motivo per cui ho scelto di mostrare gli interessi di
Lucrezia per una certa forma di esoterismo basata sul concetto di
“rebis
alchemico”,
ovvero di unione degli opposti intesa come “coppia” stabile e
definitiva...
Altra
donna chiave è stata in qualche maniera Simonetta Vespucci, la musa
del Botticelli. Bellissima, femminile e con un corpo sinuoso e nel
contempo formoso, molto lontana dunque dai canoni di bellezza
femminile che ci mostrano oggi i media. Credi che la vera arte possa
in qualche maniera aiutare le donne ad amarsi di più? Ma che cos'è
la bellezza per te e dove si può trovare?
Il
neoplatonismo, corrente filosofico-esoterica di cui faceva parte
anche Lorenzo, sosteneva che la bellezza è un’espressione del
divino, di ciò che di assoluto proviene da oltre la consistenza del
reale. Per questo l’arte, nei confronti della bellezza, ha un
effetto simile a quello di un prisma davanti a un raggio di luce: la
scompone in un’iride di opere differenti, in ciascuna delle quali
si cela la stessa perfezione primigenia. Ecco perché aspirare a
omologarsi a un unico modello di bellezza è assurdo, oltre che
frustrante. Ognuno di noi, donna o uomo che sia, deve invece cercare
di perfezionare la propria particolarità, esaltarla, darle luce come
fosse un’opera d’arte unica e irripetibile. In questo modo tutti
possono diventare partecipi della bellezza e per questo amarsi di
più!
E
per concludere questa nostra chiacchierata, ci riveli chi è Michele,
oggi e come te lo immagini domani? E sopratutto che cosa ti auguri
per il tuo imminente futuro?
Nel
presente sono ancora impegnato con la promozione de I
Medici - Lorenzo il Magnifico,
un romanzo che per me segna un importante traguardo personale e
professionale. Con l’anno nuovo proseguirò il tour di
presentazioni, poi mi dedicherò ai prossimi lavori: ho diversi
progetti in divenire che però sono ancora tutti top secret. Posso
però anticipare che non riguarderanno solo romanzi storici. Cosa mi
auguro? Di continuare a ricevere messaggi entusiasti da parte dei
lettori. Quando qualcuno arriva a ringraziarti
per aver scritto un romanzo, la gioia che provi è davvero immensa. E
allora rifletti che, forse, il tuo sogno di bambino si è davvero
avverato.