Hotspot a Palermo: un’ipotesi che crea polemiche


Il percorso per la realizzazione del centro temporaneo di prima accoglienza dei migranti allo Zen di Palermo, struttura voluta dal governo, non è accettato dalla commissione del Comune. Sulla faccenda interviene anche il Movimento 5 Stelle per bocca del suo consigliere comunale, Igor Gelarda.  
di Joey Borruso - “Non è assolutamente immaginabile che una città come Palermo possa ospitare un hotspot, e non basta cambiare nome, chiamandolo punto di accesso, per rendere tale  struttura accettabile, come sembra voler fare qualcuno da palazzo della Aquile", esordisce così il consigliere comunale Igor Gelarda parlando dell'mpianto temporaneo, “hotspot”, dal costo di oltre 7 milioni di euro e all’interno del quale le forze dell’ordine svolgerebbero la prima identificazione dei migranti appena sbarcati a Palermo.
"Bisogna fare una riflessione un po’ più complessa su questa vicenda - continua Gelarda - per non affrontare in maniera superficiale un problema delicato come quello dell’immigrazione. E bisogna spiegare bene le ragioni del nostro no: innanzitutto, posto il fallimento dell’attuale gestione dei flussi migratori, è chiara la volontà del governo che si sta per costituire di dare una stretta al fenomeno migratorio, con una vera politica di rimpatri e una valutazione delle domande di protezione direttamente nei paesi di origine o di transito. Questo significa che il numero di migranti che arriverà in Italia tenderà fortemente  a diminuire. Pertanto lascerei al nuovo governo, che sembra avere le idee ben chiare su come affrontare la vicenda immigrazione, stabilire di cosa ha bisogno la nostra nazione in tema di politica dell’accoglienza. Allo stato attuale - spiega - gli hot spot, che dovrebbero essere dei centri di identificazione veloci, con permanenze massime di 48 ore, eccezionalmente prorogabili fino ad un massimo di 72 ore, in Italia hanno dei deficit. Infatti a causa di un sistema complessivo che non funziona rischiano di diventare centri di permanenza lunghi. Tutto questo avrebbe delle incidenze forti in un territorio socialmente debole e pieno di problemi come la città di Palermo, che lo ricordiamo a qualche sindaco distratto, oltre ad essere capitale italiana della cultura, è la capitale europea della disoccupazione giovanile. L’eventuale  collocazione poi del centro di identificazione allo Zen  sembra quasi il copione di un film comico riuscito male: nel posto dove più sono latitanti Stato e Amministrazione comunale andremmo ad innescare un ulteriore fonte di possibili conflitti sociali. Quindi - prosegue Gelarda - noi diciamo un no secco all’hotspot. Ma non in maniera ipocrita come i millantatori di cultura dell’accoglienza globale, che tra l’altro ignorano che esiste già un hot spot di fatto in città ,nella struttura della polizia scientifica di Palermo, quasi eroicamente gestito dagli uomini in divisa. O coloro che ipotizzano l’abolizione del permesso di soggiorno, mettendo come gli struzzi la testa sotto la sabbia dinanzi al fenomeno migratorio come fenomeno di impatto socio economico per il nostro paese, per la nostra città. Diciamo no perché il problema dei flussi migratori deve essere limitato fortemente e non può essere gestito in questo modo sconsiderato, come  è stato fin ora. Chi ha motivi e titolo per stare in Italia, secondo le norme, ben venga”, conclude Igor Gelarda. 
Fattitaliani

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