Dopo il successo della scorsa stagione al Teatro Manzoni di Roma, arriva al
Teatro Nino Manfredi di Ostia, dal 13 al 25 febbraio, il testo di
Bill Manhoff, “Il gufo e la gattina” diretto da Silvio Giordani, con
Rita Forte e Pietro Longhi.
Una commedia moderna con temi come l’amore e la
solitudine. Pur essendo la storia ambientata negli anni 70, è ancora molto
attuale soprattutto perché le coppie scoppiano e vivendo una vita frenetica, è
molto difficile instaurare rapporti profondi con altri. Si è molto diffidenti e
spesso si ricade nel “meglio soli che male accompagnati”. È quello che capita
a Felix e Doris, lui è un uomo colto, lei una cantante-attrice-ballerina un po’
svampita che ha studiato poco ma è ricca di buoni sentimenti. Lui è un gufo,
veste in maniera tetra, quello che oggi definiremmo un orso. Lei è dolce e
spumeggiante, una gattina che anche nelle situazioni più difficili è pronta a
fare le fusa. Sono diametralmente opposti ed entrambi insoddisfatti. Si
conoscono e si scontrano furiosamente, a lungo andare però si attraggono e lui
riesce a sciogliersi, cambiando anche il modo di vestire. Cominciano ad
accettarsi e a rispettarsi, forse ciò che manca alle coppie di oggi.
La Commedia è stata definita una macchina da
guerra ma è anche una favola moderna basata su una comica astrazione. Qual è la definizione più appropriata?
È sicuramente una Commedia moderna che
tratta di temi che non muoiono mai come l’amore e la solitudine ed anche oggi
la maggior parte delle persone sono sole, come negli anni '70 in cui è stata
scritta “Il gufo e la gattina”. Queste due persone vanno avanti con difficoltà
e sono completamente diverse. Doris dice di essere una cantante- ballerina,
attrice. Fa anche altro per sopravvivere. Lo dice lei stessa “Sono un po’
facile ma non sono una prostituta”. Ha studiato poco ma è ricca di buoni
sentimenti. Felix è un gufo, oggi potremmo dire un orso. Una persona colta che
ha studiato, vorrebbe fare lo scrittore ma non riesce e si adatta a fare il
commesso in una libreria. Sono entrambi insoddisfatti. Lui non sapendo cosa
fare, con un binocolo spia i dirimpettai e va a riferire al proprietario della
casa di Doris che lei è una ragazza di facili costumi. Si vendica perché alcuni
vicini si erano lamentati del ticchettio della sua macchina da scrivere perché
a lui piace scrivere di notte. Lei capisce che è stato lui a fare la spia e
quando il proprietario la butta fuori di casa, alle due di notte si presenta a
casa di Felix, si conoscono e si scontrano furiosamente. A lungo andare si
attraggono e lui riesce a sciogliersi. Non viene attratto dalla bellezza
prorompente della donna ma soprattutto dalla sua ingenuità ed anche dalla sua
intelligenza. È vero che Doris non ha studiato ma non è una stupida. Alla fine
si accettano e si rispettano, forse è quello che manca alle coppie di oggi. La
morale di questa favola è l’accettazione di se stessi che permette anche
l’accettazione del diverso. Accettare e capire che dentro quella persona c’è
qualcosa di buono e cercare di tirarglielo fuori. Così come lui fa con se
stesso, anche esteriormente, abbandonando i colori tetri con cui ama vestirsi e
mettere un cappellino rosso, delle scarpe da tennis colorate, per poter piacere
a lei. L’accettazione di se stesso e degli altri vale non solo nel campo
sentimentale ma anche nel rapporto di amicizia, di lavoro…
Cosa hai portato di tuo nel personaggio
di Doris? In cosa ti somiglia?
Nella spontaneità e nella sincerità. Non c’è
niente di costruito in questa donna, lei è se stessa. È anche un po’
aggressiva perché nella vita devi farti una corazza per non essere divorata
dagli altri. Senza sgomitare ma qualche peletto sullo stomaco ti deve crescere,
per forza! Quello che mi somiglia è la sua dolcezza ed il suo modo di essere
aggressiva per difendersi dagli altri.
Hai lavorato con Luciano Rispoli: che ricordi hai
di lui?
Devo molto a
Luciano Rispoli è la prima persona che mi ha permesso di realizzare questo
sogno. Una persona che ha capito quello che potevo fare, quello che c’era in me
di valido, dal punto di vista artistico. E’ stato il mio Pigmalione che mi ha
dato questa possibilità che ho afferrato al volo e poi sono andata avanti
lavorando con tanti Grandi come Costanzo, Mike Bongiorno che mi ha chiamato
molte volte per i Festival di Viva Napoli. Rispoli mi ha dato il La ed io l’ho
ascoltato, ho imparato tanto da lui, sapendo che c’è sempre tanto da imparare.
Questa è la mia storia, Rispoli non potrò mai dimenticarlo. Era una persona che
amava molto il rispetto. Faceva cultura con leggerezza. Se ricordiamo i suoi
programmi come Parola mia, lui sapeva fare Cultura come un Professore che ti fa
studiare i classici senza annoiarti ma ti fa appassionare. La Cultura non va
ostentata e lui non la ostentava. Tappeto Volante era uno spettacolo in cui
c’era Arte, Giornalismo, Informazione, Musica.
Elisabetta
RuffoloLeggi qui gli articoli di Elisabetta Ruffolo