A tutti coloro
che hanno rinunciato a volare
sulle ali della
passione, ad amare...
semplicemente a
vivere.
C’era e non c’era una volta
una ragazza, o forse era una donna, ma con un’anima da bambina,
eppure guardandosi allo specchio si sentiva vecchia. Sapeva di non
esserlo ma quando sbirciava nello specchio scorgeva il proprio volto
tremendamente invecchiato. Le pareva perfino di non vedere i contorni
del proprio viso in modo nitido. Come poteva essere? Quando
passeggiava non c’era bambino, ragazzo, uomo o vecchio che,
incantati dal suo fascino non la guardassero ammirata… eppure lei
più si specchiava più notava il suo sfiorire. Un giorno, dopo che
la notte prima aveva preso freddo, si svegliò con un terribile
raffreddore. Non sentiva più nessuno odore. Dette la colpa al
raffreddamento e non se ne curò. Passarono i giorni e piano piano la
ragazza guarì ma gli odori non le arrivavano più. Qualcuno le disse
che nel Paese dove si trovava forse questo era un bene. Non avrebbe
sentito gli odori nauseabondi dei resti del cibo lasciati all’incuria
per strada ma a lei non importava. Le sembrava di vivere dentro una
nuvola, sospesa, dove anche i colori svanivano. Un giorno rischiò di
cadere per terra perché senza odori non riusciva ad orientarsi.
Quasi non riconosceva le persone. Senza odori le persone le
apparivano come figurine di carta, ritagliate su fogli piatti.
Quando venne il turno di
incontrare i suoi bambini, corse loro incontro per abbracciarli,
cercando invano il profumo di talco e quell’odore di buono e di
tenerezza che si era irrimediabilmente perso. Mangiava ogni giorno di
meno, solo per nutrirsi. Perfino dell’acqua aveva smarrito il
piacere di dissetarsi. La vita le appariva appannata e la sua
immagine allo specchio divenne sfuocata. Si lavava ossessivamente
temendo di avere un cattivo sentore o di non averne affatto. Era
stato così infatti che si era accorta di aver perso l’odorato. Una
sera come tutte le sere prima di andare a dormire, dopo il bagno, si
era spalmata con dell’olio profumato o almeno credeva. La stanza
era illuminata solo da una candela e non riconoscendo alcun profumo,
corse ad accendere la luce, pensando di essersi sbagliata. Era sempre
lo stesso olio ma il suo profumo di gelsomino era svanito. Ne aprì
un’altra boccetta, ma la sorte fu la stessa. Passarono i giorni e
la vita le appariva come una lunga fila di quadretti grigi, di una
tonalità insulsa e indistinguibile.
Un giorno passeggiando le si
avvicinò un gatto che la seguì fino a casa desideroso di coccole e
di trovare un po’ di calore forse. Accarezzandolo, mentre il micio
sembrava godere di tante attenzioni, a lei parve di avere tra le mani
un pelouche a pila. Non aveva nessun odore, nemmeno lui. E lo
invidiò. Capì allora cosa voleva dire avere fiuto nella vita,
potersi orientare nel meraviglioso mondo degli odori, buoni o cattivi
che fossero non importava. Era disperata e passava le giornate
annusando le cose più incredibili convinta che prima o poi tutto
sarebbe ripreso come nulla. Andò nel laboratorio di vernici
vicino casa e si mise ad annusare i barattoli aperti, solventi e
colle perfino, sebbene non le giungesse alcuna sensazione. Niente di
niente. Una sera rimase fuori dal balcone, guardando le stelle e
pensò che per guardarle bastasse la vista. Le stelle non hanno odore
e neppure la luna… ma la notte sì. L’aria della notte è diversa
dal giorno, diversa in ogni stagione, carica di umidità, impregnata
degli odori dei fiori e delle piante che il vento trasporta o della
polvere nelle giornate afose. Anche le stelle le sembrarono allora
niente più che lampadine fioche. Alcuna emozione.
Finalmente le arrivò la
notizia del ritorno del suo amore solo che dopo un momento di gioia,
la tristezza ne prese il posto. Non avrebbe sentito il suo profumo
che poteva riconoscere tra mille, perfino nella folla satura delle
spezie del mercato. Si preparò con cura ma quell’olio speciale con
il quale si cospargeva il corpo prima di incontrarlo era diventato
solo un liquido grasso, mentre le candele solo un gioco di luci e
ombre. Nell’assenza si accorse che tutto aveva un odore, un sentore
che ne raccontava la storia. Perfino le cose più impensate, come una
chiave di ferro.
Anche i baci quella sera non
avevano lo stesso gusto. Ecco aveva perso il gusto della vita, la
capacità di sentire le cose. Aveva la sensazione che una pellicola
la ricoprisse tutta separandola dall’intimità con il mondo. Pensò
che fosse una sua creazione, un incubo dal quale si sarebbe
risvegliata. In realtà forse sentiva gli odori ma non riusciva a
leggerli? Credette di essere impazzita e si rassegnò a una vita che
non avrebbe più avuto sapore. Come avrebbe fatto a dare il gusto
agli altri senza averne per sé? Si sentì improvvisamente sola…
come una bambola nelle braccia del suo amore che sembrava invece
contento, ignaro di tutto e non vedeva il suo dolore.
Passarono i giorni, le
settimane, e la luna fece il suo giro per tornare a nascere, più e
più volte, finché un giorno si accorse che il suo amore aveva
lasciato un gelsomino accanto al suo letto andandosene. Lo avvicinò
alle labbra e al viso, come per accarezzarsi, prima di chiuderlo in
un libro senza odore ma qualcosa si risvegliò in lei. Ne sentì il
profumo intenso tanto che scostò la testa indietro. Anzi, ebbe
l’impressione di sentirne la fragranza. Certamente era
un’illusione, il ricordo di un bel momento, il desiderio così
forte di ritrovare il gusto per quell’amore che stava svanendo…
le fece percepire l’inesistente. Comunque quella sera mentre lo
aspettava profumò la casa con acqua di fiori d’arancio e accese
una candela sotto l’olio di garofano in camera e le sembrò davvero
di sentire quei profumi. Ad un certo punto prese coraggio e si mise
alla prova: mise tre boccette con i diversi aromi una di fianco
all’altra, chiuse gli occhi, girò più volte intorno al tavolo e
chiese a chi era con lei di scambiarle di posto. Aspirando l’odore
li riconobbe e non sbagliò ma pensò di essere stata fortunata. Non
riusciva a credere ancora al suo naso.
Qualcosa tornava nel gusto ma
una sera perse di nuovo ogni sensazione. Quello stesso giorno il suo
amore era partito e camminando nei giorni successivi ebbe spesso la
sensazione di perdere l’orientamento. Passarono lunghi giorni di
angoscia nei quali si sentì priva di forze e lunghe notti insonni,
settimane sempre uguali si avvicendarono, la stagione cambiò e il
suo amore rimandava sempre quel viaggio di ritorno. Un bel giorno,
senza nemmeno voler sentire la sua voce, gli scrisse che sarebbe
partita lei stessa per non restare nell’attesa vana. Avrebbe
sorvolato il mare per raggiungere la riva dalla quale era partita.
Restare in una casa vuota non aveva più senso.
Era pronta a salire sull’aereo
quando all’imbarco il pilota le porse un pacchetto dicendo che non
poteva rivelarle chi glielo avesse consegnato ma che avrebbe dovuto
aprirlo se avesse avuto paura durante il volo. Immaginò allora di
riconsegnarlo chiuso alla fine del viaggio. La giornata era
stranamente piovosa in quella regione dove piuttosto è la siccità
la vera minaccia e un vento forte si abbatté sull’aereo non appena
questo si alzò in volo. Sentiva il tremore in tutto il corpo, il
freddo che l’avvolgeva, mentre fuori dall’oblò si vedeva solo
una coltre spessa di ovatta. Tutto bianco. Un biancore accecante che
le invadeva l’anima.
Ad un certo momento dopo
l’ennesimo scossone, prese coraggio e chiese di vedere il
comandante. Entrò nell’abitacolo con il pacchetto in mano e mentre
davanti a lei si agitava una massa candida lattiginosa lo aprì
adagio adagio…non si sa quanto tempo passò ma diversi minuti, fin
quando, mentre le lacrime le velavano lo sguardo, sentì forte e
chiaro il profumo del suo amore, con il quale era stato bagnato il
nastro che si legò al polso; poi arrivò l’odore inebriante del
gelsomino e quello delicato e appetitoso della melograna, frutto
dell’amore. Tutto si animò d’un tratto e nella nebbia fitta
poteva distinguere ombre e figure, paesaggi che l’attendevano,
mentre ogni cosa riprese vita sprigionando un suo odore, in un
miscuglio allegro che la fecero ridere, mentre addentava il frutto.
Era tornata a volare, a vivere.
***
Ilaria
Guidantoni,
fiorentina, vive e lavora tra Firenze, Roma, Milano e Tunisi. E’
studiosa di mediterraneità e cultura araba. Giornalista e
scrittrice, si occupa di temi legati alla cultura del Mediterraneo
soprattutto della sponda sud e del mondo arabo: dialogo tra le
religioni; movimenti femminili e femministi; rilettura della storia e
dei linguaggi mediterranei.
Laureatasi
in Filosofia Teoretica all'Università Cattolica di Milano sul
filosofo ebreo russo naturalizzato francese, Wladimir Jankélévitch,
un Corso di Perfezionamento in Bioetica al Policlinico Gemelli di
Roma, si è interessata di problemi legati alla corporeità, ai
disagi affettivi e ai disturbi del comportamento alimentare, alle
tradizioni alimentari, saperi e sapori nel Mediterraneo. Ha maturato
un’esperienza di indagine e consulenza nello sviluppo del
territorio in ambito di consulenza strategica, parlamentare e di
giornalismo politico economico. Già consulente di aziende e
istituzioni, tra cui una consulenza sul tema reti tra le città e
politica ambientale del territorio alla Fondazione Censis e
un’attività di consulenza ufficio studi per l’Associazione
Nazionale dei Comuni Italiani. Ha collaborato per molti anni con
Tecniche Nuove Editore, Il Sole 24 Ore e la direzione di alcune
riviste. Ha partecipato a Tunisi, in rappresentanza dell’Italia, al
1° Forum internazionale sulle identità multiple nell’area
dell’Euro-Maghreb, organizzato dalla Commissione Europea nel 2013.
Ha ricevuto nel 2014 a Lecce il Premio “Omaggio a Nelson Mandela”
per i Diritti Umani, nella XVI edizione Salento porta d'Oriente.
Ha
pubblicato il saggio Vite
sicure. Viaggio tra strade e parole
(Edizioni della Sera, 2010); la raccolta di poesie e racconti Prima
che sia Buio,
(Colosseo Grafica Editoriale, 2010); l’instant book I
giorni del gelsomino
(P&I Edizioni, 2011); il romanzo Tunisi,
taxi di sola andata
(No Reply Editore, 2012); Chiacchiere,
datteri e thé. Tunisi, viaggio in una società che cambia (Albeggi
Edizioni – REvolution,
2013); il racconto “Chéhérazade
non abita qui”
nel libro collettivo uscito nel novembre 2014 contro la violenza
sulle donne, Chiamarlo
amore non si può (Casa
Editrice Mammeonline) e il racconto “Mi
chiamavano salice piangente”
edito da Mammeonline. Nel 2015 sono usciti Marsiglia-Algeri
Viaggio al chiaro di luna
(Albeggi Edizioni), Il
potere delle donne arabe
(Mimesis Edizioni); il romanzo Corrispondenze
mediterranee, viaggio nel sale e nel vento e
Viaggio
di ritorno. Firenze si racconta
(Oltre Edizioni). Nel 2016 per Albeggi Edizioni sono usciti la
riedizione del libro sulla transizione tunisina, Senza
perdere il coraggio. Tunisi, viaggio in una società che cambia e
il pamphlet sul Mediterraneo Lettera
a un mare chiuso per una società aperta. A
novembre 2017 è uscita la sua prima traduzione e curatela del poeta
algerino di espressione francese Jean Sénac, Ritratto
incompiuto del padre
(Oltre Edizioni), inedito in Italia. Ha collaborato come autrice al
Dizionario
Enciclopedico delle Migrazioni Italiane nel Mondo (SER-ItaliAteneo,
2014).