Dal 28 al 31
dicembre al Teatro Fontana di Milano “Yves Montand. Un italiano a Parigi” di e con Gennaro Cannavacciuolo. Sul palco il Midnigt Jazz Quartet con Dario
Pierini al pianoforte, Andrea Tardioli al sax, Flavia Ostini al contrabbasso,
Antonio Donatone alla Batteria. Regia di Gennaro Cannavacciuolo. Spettacolo
voluto e cofinanziato dalla vedova di Montand, Carole Amiel.
A sentire il Pubblico che era scatenatissimo negli
applausi ed a leggere le recensioni favorevoli, sicuramente possiamo pensare di
poter catalogare l’arte sopraffina con il quale Cannavacciuolo ci ammalia.
Instancabile, imperturbabile, mentre termina una battuta ammonisce un signore
in sala che gioca col telefonino, lo fa con grande non chalance, tant’è che per
una frazione di secondo quasi non ce ne accorgiamo ma poi segue un applauso
immenso a voler condividere il suo pensiero.
Narra la vita di Yves Montand dalla nascita a Monsummano Terme in provincia di
Pistoia fino agli ultimi istanti della sua vita, nel 1991.
Cannavacciuolo immortala ogni momento e racconta con delicatezza anche i
momenti più tristi della seconda Guerra Mondiale. Il tono cambia quando parla
di Montand come “Tombeur de femmes” attraversando la sua vita sentimentale da
Simone Signoret a Marylin Monroe fino alla Signora Amiel. Ricordi belli e
tristi che narra con la sapienza di grande affabulatore. Siamo tutti rapiti,
incantati e cala il silenzio nell’ultimo istante di vita di Montand.
Lo spettacolo riprenderà la prossima stagione e sarà a Milano per la seconda
volta.
Dopo “Yves Montand” andrà all’estero con “Volare” per portarlo poi il 14 maggio
a Latina con una serata di beneficenza per una causa molto importante. L’anno
prossimo debutterò al Della Cometa con un nuovo spettacolo dedicato ad una
Grande Cantante italiana, una cantante teatrale, la grande Milly che è stata la
prima cantante de “L’Opera da tre soldi” con Strehler ed è stata poi sostituita
da Milva.
Cosa ti ha convinto a portare in scena la storia
di Ivo Livi in arte Yves Montand? Dalle prime volte che son andato a Parigi, ho avuto sempre una passione
per lui. Ho scoperto in seguito che fosse italiano. Mi piaceva raccontare la
storia di questo Grande Italiano.
L’arte sopraffina del Teatro di cui sei
fautore può essere catalogata?
È una definizione molto importante lascio decidere a voi se si può catalogare.
Perché hai voluto definire lo spettacolo
come docu-recital?
Perché come hai visto, è un documentario che comincia
dai primi giorni di vita e continua fino alla sua dipartita. È stato molto
difficile raccontarlo perché era un documentario molto vasto perché Montand ha
avuto una vita pazzesca. Ho documentato i momenti più salienti, sia quelli
politici che a me interessavano molto mettere in luce che quelli artistici perché ha avuto una carriera invidiabile e
anche quella sentimentale perché non si è fatto mancare qualche donna.
Dal nulla al successo, allora era più
facile o è stato dettato dalla straordinaria bravura di questo personaggio?
Secondo me è stata solo bravura, se
pensiamo che lui ha iniziato nel '39, in piena guerra, è stato senz’altro tutto
molto più difficile e senza neanche i mezzi che abbiamo oggi. È stata questa
l’abilità del personaggio.
Si è fatto portavoce di tante brutture
della guerra, racconta i fatti di Budapest, Praga, Mosca…
Si è fatto
portavoce perché il padre era scappato dall’Italia e dai fascisti perché era
uno dei fondatori del Partito Comunista che si era formato a Livorno nel 1920,
era un militante convinto e viene perseguitato addirittura dal marito della
sorella. È un comunista convinto e scappa perché viene seviziato, straziato e
tutta la famiglia crescerà con questa convinzione comunista. Ci saranno gli eventi che dilanieranno il Mondo, cominciando da Budapest e man mano Montand
cambierà fede politica.
Perché ti interessava così tanto portare
in scena i fatti politici?
Mi piaceva raccontare che uno chansonnier non è
fatto solo di canzoni. A volte qualcuno
pensa che uno canti perché ha una bella voce ed una bella presenza. Non sempre
è così perché ci sono degli artisti molto impegnati ai quali faceva piacere
raccontare queste scelte politiche sofferte e la sofferenza di Montand.
Nel testo c’è una citazione di Prevert “Non solo bisogna tentare di vivere ma bisogna tentare
di essere felici” e l’altra che è
dello stesso Montand “I morti non sono assenti ma sono solo invisibili”.
Documentandomi per lo spettacolo ho letto che
Montand non si ricorda se la frase l’avesse sentita o sognata. Quella di
Prevert finisce con “per tentare di dare il buon esempio”.
Lo diamo il Buon esempio?
Se si tenta di essere felici, sicuramente sì.
Tu sei felice?
Sono felice perché
vivo la bellissima esperienza di essere papà e sono felice anche per questo
spettacolo che il pubblico ama molto. Credo che lo spettacolo più importante
sia quello di vedere crescere il proprio figlio, con i pro e i contro, sappiamo
che non è una passeggiata.
Elisabetta
Ruffolo
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