Antonio Pisu in “Lettere di Oppio”: mi sento ancora il ragazzo che vuole fare il mio mestiere. L'intervista di Fattitaliani

Il 6 settembre ai Giardini della Filarmonica Romana, per I solisti del Teatro, “Lettere di Oppio” di Antonio Pisu che ne è anche interprete insieme a Tiziana Foschi (intervista di Fattitaliani). Regia di Federico Tolardo. Scene di Tiziana Massaro, Costumi di Gisa Rinaldi e luci di Marco Macrini.

In solitudine pur vivendo insieme, Margareth e Thomas dividono la stessa casa pur non sopportandosi a vicenda. Lei è una signora eccentrica, lui è il fidato e cinico maggiordomo che legge le lettere scritte dal marito in guerra, fino a quando non è costretto anche a scriverle perché il marito di Margareth muore e lui non svela la verità perché altrimenti perderebbe il posto. Lui si innamora di Margareth ma non si dichiara, quindi gli scontri ed i battibecchi continuano e scaturiscono in una serie di eventi divertenti con risvolti a sorpresa.  
Per fattitaliani.it abbiamo intervistato Antonio Pisu.

Chi è Thomas? 
È un maggiordomo di fine 800 in una Londra che ormai si sta affacciando alla modernità perché c’è la Rivoluzione industriale. Si ritrova solo in questa casa con questa donna, non si sopportano a vicenda e vivono un rapporto di solitudine. L’unica cosa che li accomuna è la presenza del marito della donna che ha voluto fortemente Thomas in casa. Questo rapporto di solitudine con la donna si evolve quando il marito della donna muore in guerra. Thomas sarebbe costretto a perdere il lavoro a cui non vuole rinunciare e finge di scrivere la corrispondenza del marito ma non ha le capacità culturali per farlo. Scaturiscono una serie di eventi divertenti e ci sono dei risvolti a sorpresa che non sveliamo visto che lo spettacolo andrà in scena il sei settembre.    
Lo spettacolo è stato fortemente voluto dalla stessa Foschi ma ne eri un po’ spaventato perché la Foschi è nota al grande pubblico soprattutto come attrice comica. Cosa ti ha convinto? 
Tiziana l’ho conosciuta in un altro spettacolo dove casualmente ci siamo ritrovati a lavorare insieme. In lei ho visto una brava attrice, dotata di una sensibilità che molti non hanno. E’ che lei probabilmente è stata incastrata per molti anni a fare una cosa televisiva chiaramente molto etichettabile e si ha difficoltà ad essere presi per altri tipi di progetti. Purtroppo questa è una cosa molto italiana. Avevo scritto insieme al Regista una cosa televisiva e lei mi ha detto “perché non facciamo uno spettacolo teatrale?” Questo spettacolo nasce con la voglia di fare qualcosa insieme, fortemente voluto da Tiziana. Se non fosse stato per lei, probabilmente non l’avrei neanche mai scritto.
Solo in Italia esiste la differenza tra attori comici e non. È un bene o un male? 
È un male perché non è assolutamente così. Esistono buoni e cattivi attori. E’ come quando nelle interviste ti chiedono “che ruolo preferisci comico o drammatico?” Cosa significa? Un attore deve saper fare di tutto. È ovvio che poi delle cose ti possono venire meglio delle altre. Tiziana era perfetta per questo ruolo tant’è vero che lo scritto pensando a lei e a me. Uno spettacolo cucito addosso alle persone che lo faranno, è anche meglio.
In Lettere di oppio c’è un certo senso dell’impalpabile, il c.d. “amaro romano”, il sogno, le voci- pensiero. Ingredienti che catturano un certo tipo di pubblico o non c’è differenza? 
Purtroppo catturano un certo tipo di pubblico anche se chiunque è venuto a vedere Lettere di oppio lo ha apprezzato molto. Nonostante sia uno spettacolo ambientato nel 1860, ha un taglio moderno sia di scrittura che di Regia. Funziona molto con il giochino delle voci pensiero che permettono al pubblico di capire cosa sta pensando il personaggio, siamo riusciti anche ad usare un linguaggio che non è quello dell’epoca. Secondo me è molto divertente e non è una situazione tutta imbellettata dove due persone sono costrette a parlare in un certo modo perché ci sono dei canoni di educazione ma c’è una situazione molto divertente che serve ad aggraziarsi il pensiero del pubblico. Secondo me è anche questa la chiave di successo dello spettacolo. 
“Un po’ di cultura nella vita non nuoce. Perché in Italia che ne è la culla viene spesso bistrattata? 
Non lo so, forse perché a volte viene fatta male. Il mio pensiero è che la Cultura molto spesso viene vista come una cosa noiosa ma non è così. Secondo me se i giovani non apprezzano determinate cose è perché non le hai mai viste. Sono venuti molti ragazzi a vedere Lettere di oppio e sono quelli che colgono molto di più le cose. Sono sicuro che ragazzi di sedici anni non abbiano una cultura teatrale. È venuta anche la figlia quindicenne di Tiziana con un po’ di amici, alcuni non erano mai andati ma ridevano tanto. Molti non sono educati ad andare a Teatro ma non è vero che non è apprezzato. Bisogna forzarli e non obbligarli a vedere una cosa che è noiosa, non è divertente, è fatta male, la visione del Teatro diventa una noia. Un po’ di colpa sta da entrambi i lati, non sta solo da un verso
Quanto sono importanti oltre alla scrittura, la scenografia, le luci per la buona riuscita dello spettacolo? 
Sono complementari, sicuramente può essere fatto un buono spettacolo se non ci sono delle belle scene ed una buona musica ma il testo è forte e gli attori sono bravi. È come mettere la cornice ad un quadro, dare un sapore estetico, particolare che va a completare il tutto. Il lavoro fatto tutti insieme, per uno spettacolo è vincente. 
Cosa consiglieresti ad un ragazzo che vorrebbe fare il tuo mestiere? 
Mi sento ancora il ragazzo che vuole fare il mio mestiere. È un lavoro molto faticoso, se non si ha intenzione di andare veramente fino in fondo si deve lasciar perdere. Ho iniziato molto tardi a fare le cose da solo e questo lo devo soprattutto a Tiziana. Facevo l’attore di teatro, i provini, lavoricchiavo però è sempre una situazione d’instabilità sia lavorativa e di mancanza di libertà di espressione perché non esprimi mai qualcosa di tuo. Mentre facendo delle cose mie ho veramente la possibilità di lavorare in maniera indipendente. 
Credo che le persone dovrebbero seguire necessariamente il loro destino. Pensi di averlo fatto? 
Se uno capisce qual è il proprio destino che è la cosa più difficile, sicuramente sì. Diciamo che lo sto facendo. Elisabetta Ruffolo.
Fattitaliani

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