Ultima sera di “Queste pazze donne” di Gabriel Barylli con Paola Quattrini, Vanessa Gravina ed
Emanuela Grimalda. Regia di Stefano
Artissunch, al 51° Festival di
Borgio Verezzi.
È una
Commedia fortemente drammatica e di grande spessore. Sotto l’aspetto leggiadro,
dice la Quattrini, siamo tre iene. Il regista racconta il percorso di queste
donne in discussioni molto accese da cui emergono storie di amori negati o
vissuti, intrecci, gelosie, figli segreti, case e vestiti colorati.
La Commedia arriva ora in Italia, dopo il grande successo già avuto in Austria
e Germania. Fattitaliani.it
ha intervistato le tre protagoniste.
Mi
parlate dei vostri personaggi?
Paola Quattrini: Siamo molto diverse, in comune
abbiamo la follia. Siamo tre donne che ci riuniamo a casa mia che faccio la psicologa e parliamo guarda caso di uomini che
ci circondano e prendiamo la decisione, essendo noi donne ed avendo una marcia
in più degli uomini, possiamo vivere per un po’ senza di loro.
Da quello che diceva il Regista avete
anche un cervello diverso dagli uomini… Ovviamente
Vanessa Gravina: da come diceva lei “farne a meno”, rimane il mistero se li
eliminiamo fisicamente oppure no. Avvaloro quello che lei dice, questa
meravigliosa unione tra donne, perché siamo solo veramente tre donne in scena.
Per me è un grande privilegio perché riuscire a fare a meno degli uomini non
soltanto all’interno di una storia ma anche in una dimensione scenica non è da
poco. Ho il Karma delle tre donne ed è come diceva prima Paola, una grossa
fortuna, una grande opportunità. Venendo al mio personaggio, è una donna forte,
schietta, apparentemente determinata. Il personaggio si racconta un po’ alla
volta, questa commedia è molto interessante perché è anche il gioco delle
parti, ciò che appare non è mai e quindi si scopre gradualmente. Credo che
tutti i personaggi sono meravigliosi. Il leitmotiv è questa follia che non è
altro dal mio punto di vista, una meravigliosa sensibilità, interviene Paola “una grande energia che noi
abbiamo come donne, assolutamente”. Vanessa: aggiungo complicità, quando si
parla di Umanità, le donne sono sempre uno step più in alto
È vero che le donne poi alla fine senza
uomini impazziscono. Cosa ne pensate? Paola:
Io non posso dire che vivo senza uomini, non lo so, bisognerebbe provare.
Non voglio provare, perché devo rinunciare agli uomini? Né loro potrebbero rinunciare
a noi. Uomini sì ma tenendoli a bada.
Vanessa: se non ci sono è follia, farne
a meno no. In questa chiave teatrale credo sia interessante il messaggio
finale. Piuttosto che avere uomini sbagliati, meglio star da sole perché ce la
possiamo fare.
Cosa avete portato di vostro nel
personaggio? Paola: Ho portato il
nome del mio compagno. La mia storia di donna sola che dorme in un letto troppo
grande che a volte sembra ancora più grande. A volte c’è questa melanconia. Vanessa:
Qualcosa portiamo sempre.
Elisabetta Ruffolo
INTERVISTA A EMANUELA GRIMALDA
Emanuela
Grimalda, cosa hai portato di tuo nel personaggio?
Interpreto Barbara che è una delle protagoniste di “Queste pazze donne”. E’ una
donna sposata che scopre il tradimento del marito, vede crollare questo “cantiere
quotidiano”, questo amore per il marito, questa storia molto solida da cui è
nata una figlia. In questa notte di Natale irrompe sulla scena molto
arrabbiata. Si ride molto perché è una furia, è un personaggio ferito e questa
ferita la rende pazza. E’ molto divertente perché ha questo slalom di
sentimenti, passa dall’essere infuriata a sentirsi patetica perché vede franare
questo matrimonio a cui aveva creduto che era anche punto di riferimento per
Cristina che è interpretata da Paola Quattrini che è la sua amica ed insieme a
lei e a Vanessa Gravina, immagina un mondo senza uomini. Questa è la vendetta
servita come piatto freddo.
Durante la Conferenza stampa si è parlato
molto di famiglia tradizionale, nella pièce tu sei tradita. A volte è meglio
passare su tutto e mantenere comunque integra la famiglia o buttare tutto
all’aria e ricominciare una nuova vita? Se si parla di un tradimento in una
storia d’amore lunga, bisogna anche imparare a conoscersi, a capire ed a
perdonare. Non credo a quelle storie d’amore che si basano su qualcosa che non
è più amore, su un’ipocrisia, una facciata di comodo perché questo non credo
che sia la famiglia che è qualcosa di vivo altrimenti non è famiglia. Nella
storia lunga di due persone ci possono essere tanti passi falsi, bisogna lavorare
su questo però deve esserci l’intenzione di entrambi di portare avanti un
rapporto. Se si continua a vivere nella falsità quella non è più famiglia e non
vale la pena tenerla unita.
Sei emozionata di debuttare al Festival
di Borgio Verezzi? Molto, sono anni che sento parlare di questo Festival,
ho tanti amici che hanno partecipato, oltretutto è un luogo bellissimo sono
onorata di partecipare. Scrivo e perseguo una mia piccola strada di Teatro.
Adesso sto portando anche in scena un monologo che si chiama “Le difettose”
tratto da un romanzo molto bello ed ho anche prodotto dei miei spettacoli.
Faccio una buona traversata in solitaria da qualche anno.
Immagino su una piccola barca a vela...
Sì è un po’ la mia storia teatrale degli ultimi anni. Ritorno però in Commedia
con questo spettacolo. Sono molto felice perché il Teatro è anche gioco di
squadra. MI piace tornare con un testo brillante, delle colleghe straordinarie
ed un bravo Regista. Questa è anche l’occasione per me dopo la commedia
americana che ho fatto con Chiara Noschese un paio di anni fa, di tornare ad un
lavoro di compagnia perché di solito una mia ricerca teatrale personale.
Tornerai in Televisione? Ho appena
girato un Film per la TV con Richy Tognazzi e Stefania Rocca ma non so quando
andrà in onda in RAI. Una co-produzione italo tedesca che si chiama Wedding in
Rome ed è una storia d’amore molto bella tra un giovane tedesco ed una ragazza
romana. Una famiglia tedesca ed una famiglia
della decaduta nobiltà romana. Due culture che si incontrano e si
scontrano. E’ una Commedia molto carina, girata nei meravigliosi palazzi di
Roma. Finalmente ho potuto godere di questa bellezza che non sempre
valorizziamo. Diciamo che alterno,
questa è sempre stata la mia storia negli anni, nasco dal Teatro poi sono
arrivata a Roma trentenne quindi ho iniziato tardi una carriera di cinema e di
televisione.
E’ anche vero che se un attore proviene
dal teatro si vede tantissimo…
Ritengo che il teatro sia la formazione. Credo che un attore di teatro possa
più facilmente adattarsi ad altre tecniche più di quanto lo possa fare uno che
non viene dal Teatro. L’attore di Teatro ha conoscenza di sé, dei suoi
strumenti. Io amo il Teatro e ritengo che sia la “casa dell’attore”.
Secondo me è la forma di Arte più grande…
anche se ci sono altre forme ugualmente grandi come ad esempio la pittura. Ho
fatto studi artistici perché volevo fare la pittrice, ho capito presto che
sarei morta di fame perché se è dura fare l’attore altrettanto lo è fare la
pittrice. Contemporaneamente al lavoro di attrice mi sarebbe piaciuto fare un
lavoro artigianale perché ho assoluto bisogno di esprimermi. In questo
spettacolo mettiamo molto di nostro. Anche quando facevo “Un medico in
famiglia”, il personaggio della nonna era molto amato dal pubblico. Un attore nel suo percorso deve incontrare un
personaggio vincente perché è solo da quell’incontro che nasce l’attore. Se il
personaggio ti prende e tu puoi parlare attraverso questo personaggio, puoi
esprimere profondamente quello che sei, sia nella risata che nell’emozione per
me non c’è differenza perché e una forma espressiva che passa assolutamente al
pubblico.
Elisabetta Ruffolo