La comunità parrocchiale di Lampedusa ha ricordato ieri, con una celebrazione, il quarto anniversario della visita di Papa Francesco nell'isola siciliana, svoltasi l'8 luglio del 2013. Nel primo viaggio al di fuori del Vaticano del suo pontificato, il Papa volle quel giorno denunciare l'indifferenza nei confronti dei migranti morti nel Mediterraneo. Don Carmelo La Magra, attuale parroco di Lampedusa, spiega come la sua comunità viva la memoria di quella visita papale. L'intervista è di Fabio Colagrande:
R. - La nostra comunità la vive in modo molto semplice ma intenso. Se non è l’8 luglio ogni giorno, non lo è mai. Quindi Lampedusa vive in modo costante questo incontro con il Papa che l’ha rimotivata, l’ha lanciata nella sua vocazione naturale che è quella dell’incontro con le persone.
D. - Quattro anni dopo, Lampedusa continua ad essere una porta verso l’Italia, verso l’Europa e un teatro di drammi come quelli a cui alludeva Papa Francesco quel giorno…
R. - Purtroppo il Papa gridò dicendo: “Non accada mai più”. Immediatamente dopo continuarono ad accadere drammi di questo tipo. Il 3 ottobre ci fu il naufragio che segnò la svolta nel modo di accogliere, ma la gente continua a morire, i confini continuano ad essere chiusi e continua a succedere che si pensa più a salvare i confini che le persone. A Lampedusa il Papa ci invitava ad un cambiamento di prospettiva, cercare i fratelli più che custodire gli Stati, quello che ancora – come vediamo purtroppo in questi giorni – non avviene, perché si ragiona sempre non nell’ottica dell’accoglienza del fratello ma in quella della difesa.
D. - In quell’occasione il Papa disse: “Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle? Nessuno”. Questa indifferenza purtroppo caratterizza oggi la politica internazionale, la politica europea in particolare. Nessuno sembra disposto a collaborare con l’Italia e le ong che cercano di salvare queste persone sono sotto accusa…
R. - Il Papa qui a Lampedusa fece risuonare – e ancora risuona – nel cuore della gente la domanda che Dio fa a Caino: “Dov’è tuo fratello?”, richiamando tutti alla responsabilità. Nessuno si sente responsabile, ma forse lo siamo tutti perché ognuno a un livello diverso è responsabile dell’altro. Certamente lo sono i governanti, i politici, ma ciascuno di noi nel dare o negare consenso alle scelte politiche è responsabile e lo è ancora di più chi cerca di vivere nell’indifferenza. Noi che viviamo qui a contatto con il mare, con la gente che viene, vediamo l’opera preziosa di quanti scelgono di non essere indifferenti e salvano le vite umane: quella delle ong, che in mezzo al mare fanno veramente un lavoro enorme, un lavoro anche duro perché sono spettatori di cose indicibili, così come la Guardia Costiera italiana che solca il mare per recuperare fino all’ultimo ogni grido di speranza. Purtroppo è facile insinuare dubbi sull’operato delle persone, ma qui si vede che c’è tanta gente che ha risposto a quel grido alla responsabilità che il Papa ha lanciato. Però purtroppo il bene rimane silenzioso, a volte addirittura ostacolato. Fabio Colagrande, Radio Vaticana, Radiogiornale del 9 luglio 2017.