Fotografia, "Guido Laudani - L’arte del Burlesque" dal 10 giugno la mostra a cura di Barbara Martusciello

Guido Laudani - L’arte del Burlesque è la mostra fotografica di Guido Laudani curata dal critico Barbara Martusciello e che inaugura a Roma sabato 10 giugno 2017 dalle ore 18,30 negli spazi dell’atelier e show room NAT by Natalia Rinaldi nel cuore di Monti voluta da NAT by Natalia Rinaldi e Balzoc.

La mostra propone una selezione di scatti che l’autore ha realizzato durante una serie di spettacoli di burlesque, quella particolare forma d’intrattenimento, oggi assai nota, che gioca con l’erotismo in quadri scenici vintage ed è fatta di ricerca continua. Come scrive la curatrice:

Il termine Burlesque si associa a un genere di spettacolo parodistico nato nella seconda metà dell'Ottocento nell’Inghilterra Vittoriana e adottato poi negli Stati Uniti dove ebbe un tale successo popolare da essere definito le foliès dei poveri. Il motivo di tale acclamazione era dovuto alla leggerezza e alla comicità della mise-en-scène ma soprattutto alla presenza di nudi femminile che divennero veri e propri siparietti che via via si fecero portanti dell’intera rappresentazione.
Tra le prime dive del burlesque di quegli inizi si annovera la ballerina inglese Lydia Thompson che con la sua troupe, The British Blondes, portò il suo piccante spettacolo britannico in Europa e negli Stati Uniti. Da quei suoi primi anni, il burlesque si è modificato, scandalizzando ma, in qualche modo, anche interagendo con i cambiamenti della pubblica morale e i gusti della collettività. Dimenticato un po’ dalla metà degli anni Sessanta, relegato a residuo rétro, negli anni dell’impegno politico ha vita più dura, eccezion fatta per lo storico Teatro Troc Burlesque a Filadelfia le cui paladine furono eternate e documentate dal celebre Robert Adler. Il Burlesque torna davvero in auge solo alla fine degli anni Ottanta, recuperando nuovo impulso con la moda e la cultura vintage dagli anni Novanta e non cessando di persistere, trasformarsi e rafforzarsi negli anni Duemila: mantenendo una sua fragrante leggerezza sino ad oggi.

Guido Laudani ha seguito questa nuova vita del burlesque dai suoi esordi, primo tra gli autori a fotografare durante le performances, dato che non ha praticato la fotografia in studio ma la più complessa scelta sul palcoscenico, con i soggetti in azione, nel turbinio delle luci, dei suoni, nella danza e nel movimento. Egli riesce a fotografare anche il temperamento dell’artista in esibizione, l’atmosfera della pièce e la ritualità dello spettacolo. Che palesa la bellezza e la sensualità che dichiarano anche una differente idea del femminile, irridendo spregiudicatamente gli stereotipi e, per esempio, non celando qualche umanissima imperfezione. Laudani immortala tutto con il suo stile. Le sue inquadrature, che hanno sempre un proprio segno distintivo, restituendo immagini accattivanti dove il glamour è tutto in quel che si vede, con una sua autenticità: senza, cioè, quell’affettazione esasperata di certa comunicazione pubblicitaria, quella banalità di tanta rappresentazione televisiva e quell’assenza di garbo dell’industria del porno.
Di scardinamento, a suo modo, di preconcetti e cliché sul femminile (e anche sul maschile!). Se riconosciamo anche qualcosa di frivolo e forse ancora – per molti – vagamente scandalosa, ebbene: se è vero che la bellezza è negli occhi di chi guarda, allora anche l’oscenità e il peccato lo sono. Così, la mostra indirettamente conferma che: “Non c'è nessun peccato, tranne la stupidità." Parola di Oscar Wilde.
In mostra foto delle artiste di Burlesque Candy Rose, Gabriella Giuditta Sin Infelise, Sophie Paola D'ishtar, Scarlett Martini, Vesper Julie, Marlene Closeou, l’americana LouLou D'ivil, Lola Maldad, Maria Freitas – quella Madame de Freitas che è anche abilissima, ingegnosa costumista e ha il suo strabiliante Atelier Ultramoderno  – di cui è esposto un magnifico costume di scena; e poi dei boylesque Gonzalo De Laverga e Le Male.

Nota di Barbara Martusciello

Il termine Burlesque si associa a un genere di spettacolo parodistico nato nella seconda metà dell'Ottocento nell’Inghilterra Vittoriana e adottato poi negli Stati Uniti dove ebbe un tale successo popolare da essere definito le foliès dei poveri. Il motivo di tale acclamazione era dovuto alla leggerezza e alla comicità della mise-en-scène ma soprattutto alla presenza di nudi femminili che divennero veri e propri siparietti che via via si fecero portanti dell’intera rappresentazione.
Tra le prime dive del burlesque di quegli inizi si annovera la ballerina londinese Lydia Thompson che con la sua troupe, The British Blondes, portò il suo piccante spettacolo in Europa e negli Stati Uniti. Accanto – la britannica Nellie Farren al Gaiety Theatre, tra tutte –, e dopo, altre la seguiranno aumentando nella pantomima gli aspetti più audaci e portando il burlesque a conoscenza anche del gran mondo. Ad esempio, negli anni Venti e Trenta un’esotica Joséphine Baker divenne una vera icona Art Deco di recite vaudeville quasi già burlesque molto frequentate e pubblicamente applaudite. Dal primo dopoguerra questa rappresentazione si ritagliò un posto autonomo tra gli show leggeri insistendo, con il passare degli anni, sulla licenza di spogliarsi: nomi come Barbara Yung, Dixie Evans, Gipsy Rose Lee, Tempest Storm, Blaze Starr, Ann Corio, Sally Rand, Lili St. Cyr hanno fatto della particolare vestizione e svestizione un’arte dell’ironia e dell’autonomia femminile che è passata anche attraverso tabù e moralismi: superati con ostentata, colorata levità.
Da quei suoi primi anni, il burlesque si è modificato, scandalizzando ma anche interagendo con i cambiamenti della pubblica morale e i gusti della collettività; talvolta, sovrapponendo e confondendo i generi: a suo modo, anche la mitica pin up Bettie Page, l’eroina fetish, è associabile a tipologie burlesque, nonostante che al palcoscenico abbia preferito più spesso le foto e la pellicola.
Dimenticato un po’ dalla metà degli anni Sessanta, relegato a residuo rétro, negli anni dell’impegno politico ha vita più dura, eccezion fatta per lo storico Teatro Troc Burlesque a Filadelfia le cui paladine furono eternate e documentate dal celebre Robert Adler. Il Burlesque torna davvero in auge solo alla fine degli anni Ottanta, recuperando nuovo impulso con la moda e la cultura vintage dagli anni Novanta e non cessando di persistere, trasformarsi e rafforzarsi negli anni Duemila: mantenendo una sua fragrante leggerezza sino ad oggi.

Guido Laudani ha seguito questa nuova vita del burlesque dai suoi esordi, primo tra gli autori a fotografare durante le performances. Infatti, non ha praticato la fotografia da studio, il ritratto da posa, ma la più complessa scelta da set, con i soggetti in azione, nel qui-e-ora, immersi nel turbinio delle luci, dei suoni, nella danza e nel movimento…: riuscendo, ogni volta, a fotografare anche il temperamento dell’artista in esibizione,  l’atmosfera della pièce e l’allure che ogni protagonista spargeva tra il pubblico. Così, ha immortalato molti eventi e  manifestazioni, seguendo i Festival nazionali, le iniziative del Micca Club – locale noto nella Capitale anche per avere istituito un’Accademia dedicata – e le star di questo particolare spogliarello teatrale e con una sua dose di ritualità: dove la bellezza e la sensualità sfoggiate ostentano fieramente una differente idea del femminile, irridendo spregiudicatamente gli stereotipi e, per esempio, non celando qualche umanissima imperfezione. Un’effettività, questa, a cui Laudani – che ha già avuto personali nel 2010 con una prima serie di foto sul tema – rende giustizia difendendo, però, una sua autonomia creativa e contrassegnando tutto con il suo stile. Le sue inquadrature hanno sempre un proprio segno distintivo e dominano in immagini accattivanti dove il glamour è tutto in quel che si vede, con una sua autenticità: senza, cioè, quell’affettazione esasperata di certa comunicazione pubblicitaria, quella banalità di tanta produzione televisiva, quell'eccesso di photoshop ovunque e quell’assenza di garbo dell’industria del porno. 
Le fotografie in mostra sono anche un vivido omaggio allo spettacolo e alle sue ironiche e affinate starlets e un’ipotesi appena accennata di un dialogo (possibile) con la storia dell’Arte e della Fotografia: non è forzato un richiamo ideale a tanta arte del corpo in scena e a un certo travestitismo volutamente esibito, eccitante, spettacolarizzato. Si pensi a Vander Clyde, o Vander Clyde Broadway, in arte Barbette, pioniera del Queer, che nel Novecento affascinò i Surrealisti e insegnò ad ancheggiare a molte attrici (e attori: Tony Curtis en travesti in Some Like It Hot); o alla precedente attitudine briosa e voluttuosa dell’ottocentesca Contessa di Castiglione, che amava mascheramenti ed esposizioni di fronte alla macchina fotografica, per esempio di Pierre-Louis Pierson. Ebbene: se non c’era un intento farsesco negli spettacoli di Barbette e, men che meno, negli scatti di Man Ray, e non si comunicava il farsesco nemmeno nelle foto della Contessa, ciò è invece una prassi nel burlesque e quindi anche nelle opere di Laudani. Egli sa eternare, evidenziandolo, questo lato spiritoso degli atteggiamenti, della danza e delle movenze di ogni  soubrette – ognuna con una propria personalità attoriale – ma anche la passionalità che ne scaturisce: il tutto contrassegnato dal suo sguardo tagliente in scena e sui protagonisti, che scopriamo anche maschili. Donne e, dunque, uomini, nel nostro caso in tournè in Italia. Candy Rose, Gabriella Giuditta Sin Infelise, Sophie Paola D'ishtar, Scarlett Martini, Vesper Julie, Marlene Closeou, l’americana LouLou D'ivil, Lola Maldad, Maria Freitas – quella Madame de Freitas che è anche abilissima, ingegnosa costumista e ha il suo strabiliante Atelier Ultramoderno – e i boylesque Gonzalo De Laverga e Le Male, solo per ricordarne alcuni effigiati, impersonano tipi, umori e caratteri che Laudani coglie magnificamente, restituendo, anche, la carica vitale e allegra fuori dal comune di queste maschere, tra giochi di luce, ciprie e ciglia finte, lungi guanti, tacchi a spillo, boa di piume, lustrini e vestitini strizzatissimi che non hanno nulla da invidiare a quelli della mediatica Dita Von Teese (nota anche per la sua liaisons con Marilyn Manson, non a caso un altro re del travestimento) e possono ricordarci i video musicali e le trasformazioni di Cher e uno specifico momento – tra i suoi migliori – della pop-star Madonna, che con il burlesque ha saputo flirtare ottimamente. 

Nelle fotografie di Guido Laudani passa tutto questo: una cultura creata da stratificazioni storiche dell’immaginario popolare e non solo, oggi anche più sofisticato, e arricchita di formidabili citazioni; un patrimonio visivo e performativo leggero ma creativo, di pervicace potere comunicativo, di grande capacità seduttiva e di scardinamento di preconcetti e cliché sul femminile (e anche sul maschile!). Se è anche qualcosa di frivolo e forse ancora – per molti – vagamente scandalosa, ebbene: se è vero che la bellezza è negli occhi di chi guarda, allora anche l’oscenità e il peccato lo sono. Così, la mostra indirettamente conferma che: “Non c'è nessun peccato, tranne la stupidità." Parola di Oscar Wilde.


Info mostra

NAT by Natalia Rinaldi  e Balzoc presentano:
Guido Laudani | L’arte del Burlesque - mostra fotografica
A cura di  Barbara Martusciello

In mostra anche un abito di scena dell’Atelier Ultramoderno di Madame de Freitas, Roma

Inaugurazione: sabato 10 giugno  2017 dalle ore 18,30
NAT by Natalia Rinaldi, Via Leonina, 87, 00184 Roma
Telefono: 339 857 2393 
Fino al 24 giugno. Orari: lunedì h 15.00-20-00; da martedi a sabato: h 10.30-14.00 e 15.00-20.00; domenica chiuso


Drink di cortesia: Bar La Licata  - https://barlalicata.it

Grafica e comunicazione visiva: Kgfree-Design for Humans – www.kgfree.com
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