Ho
incontrato Caterina Guttadauro La Brasca a Palermo, nella mia
splendida città, che è anche la sua. Anche se da anni vive a
Bologna che l’ha adottata e coccolata come artista, come
scrittrice, come autrice, e soprattutto come Donna impegnata in
svariate attività culturali e sociali delle quali ci parlerà nella
nostra chiacchierata. Ci siamo incontrati al Teatro Massimo di
Palermo, che adesso ha un bellissimo bar a piano terra dove si
possono apprezzare le buon letture e si può stare comodamente seduti
nella terrazza esterna a bere qualcosa di buono e a chiacchierare
avvolti dolcemente da una nuvola di grande ed intensa storia
artistica siciliana, ammirando uno scenario incantevole che è quello
di piazza Verdi, al centro della quale si erge imperioso il Teatro,
sovrastati entrambi da un’Opera architettonica tra le più belle e
affascinanti del mondo.
Ciao
Caterina, Benvenuta e Ti ringrazio onorato per avermi concesso questa
intervista. Ho fatto una breve presentazione perché vorrei che
durante la nostra chiacchierata fossi Tu a presentarti artisticamente
e professionalmente. Ma come faccio spesso, vorrei iniziare questa
conversazione chiedendoti di commentare una citazione di un
grandissimo scrittore statunitense che per certi versi rivoluzionò
vigorosamente il modo di scrivere degli anni ’80-‘90. La frase è
questa: «La
mia croce è capire come amare il lettore senza credere che la mia
arte o il mio valore dipendano esclusivamente dal suo amore per me.
In astratto è semplicissimo. Nella pratica è una cazzo di guerra
quotidiana.»
David
Foster Wallace, in “Ogni
storia d’amore è una storia di fantasmi”,
biografia di T.D. Max (Giulio Einaudi Ed., Collana “Stile Libero
Extra”, 2013). C’è davvero, Caterina, questa sorta di
disorientamento dell’artista, e dello scrittore in particolare, che
per certi versi è costretto ad una sorta di scissione-psicotica tra
quello che è nella sua natura di artista, che dovrebbe vivere
esclusivamente della sua arte e della possibilità di esprimerla, e
insieme il bisogno narcisistico, ma al contempo intellettualmente
rassicurante, che in effetti quello che crea è Arte perché trova un
riscontro nei lettori, nel pubblico e negli appassionati che amano
quella particolare forma artistica che di fatto dànno la vera
“identità-sociale” dello scrittore. In fondo scrivere solo per
sé stessi non è Arte. Così come scrivere senza essere apprezzati
non può dare quella carica intellettuale e narcisistica che di fatto
alimenta l’artista nella sua quotidianità. Ecco, Caterina, Tu che
mi dici, cosa pensi di questa piccola introduzione che ho fatto alla
nostra conversazione, che sarà certamente interessantissima?
Iniziare
con riferimento a David Foster Wallace potrebbe far pensare ad una
intervista rivoluzionaria, fuori dal coro. Sappiamo di parlare di un
Genio statunitense che si è impiccato a 46 anni. Tu mi chiede cosa
penso di una delle sue frasi più rivelatrici del suo modo di essere,
della sua mania del controllo, delle sue dipendenze. Io penso che sia
inesatta la frase che spesso si dice: Ognuno scrive per sé stesso.
L’Artista non ha certezze assolute, si alimenta di dubbi, di sogni,
di nodi esistenziali irrisolti che, fine a sé stessi, non possono
chiamarsi Arte. Wallace non voleva essere un mito ma essere,
semplicemente, letto. In questo suo desiderio c’è la certezza che
si ha bisogno di conferme, di consenso, di critica e anche di
contraddizioni perché possa essere sancita l’identità
dell’Artista, che si nutre di queste per alimentare la sua carica
intellettuale e affettiva. Quindi non scissione, ma Dualismo
Compensativo. Nello scambio tra chi scrive e chi c’è sempre una
storia d’Amore……una storia di fantasmi….
Anche
la tua, Caterina, è una prospettiva molto interessante, e per certi
versi originale. Ma non credo, sinceramente, che David
Foster Wallace in quello che ha detto avesse torto. Mi capita con
moltissimi artisti che intervisto. Probabilmente la maturità
artistica, che si conquista dopo tanti anni di successi e di Opere di
spessore, consentono di andare oltre e vedere l’Arte da una
prospettiva più introspettiva che socialmente condivisa di chi deve,
o dovrebbe, apprezzarti per le Opere che realizzi al di là di tutto
… ma solo in quanto Artista che ha la capacità, non tanto di
creare, quanto a mio avviso di “posizionarti” in una prospettiva
nuova per farti vedere il mondo e i suoi accadimenti emozionali da un
punto di vista diverso da quello abituale che il lettore sperimenta
quotidianamente nella sua vita quotidiana.
Caterina,
adesso passiamo a Te. Se ti dovessi presentare ai nostri lettori come
Donna, cosa diresti loro di Te?
Caterina
bambina era vivace ma responsabile; Caterina adolescente era amante
dello studio e di tutto ciò che arricchiva la mente; Caterina
giovane donna costretta a subire delle imposizioni dettate da una
Società quasi totalmente maschilista. Quindi con un vissuto di
resistenze interne, con la speranza vitale di poter un giorno
decidere per sé, tentare di tenere accesi i sogni non ascoltando, ma
soprattutto non credendo alla famosa frase che dice: «I
sogni muoiono all’alba.»
Tutto esplode per amore, e Caterina fugge lasciando una Famiglia e
una Sicilia che ama. La Caterina di oggi è la somma delle
precedenti, certamente più ricca e consapevole della vita, con
qualche rimpianto per essersi talvolta arresa … ma mai spenta!
Caterina,
comprendo benissimo quello che dici. Hai vissuto la tua infanzia e la
tua adolescenza in una terra, la Sicilia, allora ancora
eccessivamente contaminata ed inquinata da una cultura
cattolico-ortodossa, che spesso eufemisticamente chiamiamo
“maschilista”! Ma quello è stato il passato. Oggi sei una Donna
che esprime con brillantezza tutto quello che hai dovuto contenere
con tutte le tue forze dentro la profondità più oscura della tua
anima. Credo che la tua grade forza di scrittrice e di artista quale
sei oggi, risieda proprio in quel nucleo inconscio non-risolto, ma
che si manifesta con l’Arte e con l’espressione narrativa che ti
contraddistinguono come Vera Artista. Chi non ha vissuto non può
avere nulla da raccontare! Chi non ha sofferto non può avere nulla
da dire! Chi possiede solo tracce di benessere e di
protezione-ovattata, non sarà mai una vera Donna, non sarà mai un
vero Uomo. Questo per dirti che credo che la sorgente artistica della
Donna-Caterina-Scrittrice risieda proprio in quella profondità della
tua anima che prende forma nell’Opera che realizzi, ed al contempo
ha una forte azione catartica che ti ha reso la Donna sicura e
determinata quale sei indiscutibilmente oggi.
L’Artista-Autrice-Caterina
chi è? Come la presenteresti ai nostri lettori? Come e quando è
sbocciato questo amore profondo ed intenso per la letteratura e per
l’Arte in genere?
Caterina
è una donna di oggi, perché, per non essere dei disadattati,
dobbiamo vivere il nostro tempo, con scelte conquistate, talvolta con
sofferenza, e consolidate. Oggi so cos’è il valore della libertà
di decidere, cosa vuol dire mettersi in gioco sapendo di poter
perdere, godere appieno dei regali e dei valori primari, come la
salute, la famiglia, la maternità. So che si possono vivere giorni,
anni di sofferenza, di crisi, ma fanno parte del gioco. Oggi mi
ritengo una donna matura che si è realizzata grazie a tutte le
esperienze vissute, forse soprattutto a quelle negative.
Caterina,
avrai sicuramente letto qualcuna delle mie interviste e saprai che
sono un appassionato di Fëdor Michajlovič Dostoevskij, che secondo
me è il più grande scrittore del profondo dell'animo umano della
storia dell'Uomo. In uno dei suo romanzi più noti, “Memorie
dal sottosuolo”,
pubblicato in Russia nel 1864, ad un certo punto del racconto scrive
della “Teoria
dell'Umiliazione”.
Negli anni ‘90 alcuni ricercatori americani che si occupano di
comportamento umano e di psiche, ne prendono spunto per elaborare una
teoria psico-dinamica che sinteticamente possiamo tradurre così:
«Sono
più le umiliazioni che subiamo nella nostra vita a farci crescere
umanamente e spiritualmente e a farci vivere meglio. Sono le
umiliazioni che subiamo che ci insegnano a sbagliare sempre meno. Si
impara dalla propria esperienza di vita e dai propri errori,
soprattutto quando sono gli altri a farceli notare e magari ridono
apertamente di noi!».
Ogni
uomo e ogni donna, nella sua crescita di vita e nella sua carriera
professionale, subisce certamente delle umiliazioni che lasciano
sempre un segno soggettivo, profondo ed importante al contempo per
diventare più forti e più consapevoli delle proprie qualità e dei
propri limiti. Nella tua carriera artistica, Caterina, le tue
“umiliazioni professionali” - se così possiamo definirle! -
soprattutto quelle giovanili, Ti hanno lasciato dei segni che ti
hanno dato più forza e più determinazione per proseguire il tuo
percorso professionale e per farti diventare quell'Artista che sei
oggi con le tue certezze e con la tua indiscussa maturità,
preparazione e competenza esperienziale? Cosa vuoi dire ai nostri
lettori in proposito?
La
parola “umiliazione” la ritengo plurima nel suo significato e
credo che ciascuno di noi l’abbia incontrata. Sul piano
professionale può essere scaturita da critiche inesatte, da uno
scopo non raggiunto per prevaricazioni, per giudizi gratuiti. Sul
piano affettivo, per non essere stati amati come si voleva, per avere
addirittura visto calpestare l‘amore che si offriva senza nulla
chiedere. Io provengo da una nobile famiglia siciliana che, come dico
nel mio primo libro, mi ha dato tanto, ma mi ha tolto molto. Non ho
potuto vivere i miei anni, le mie voglie, il mio crescere senza
confronti. C’era un mondo che remava contro, in una parola “la
gente”. Ho combattuto per poter studiare, non ascoltando chi diceva
che bastava saper ricamare, suonare il piano per essere una brava
moglie e una buona madre. Ho studiato in Collegio dove non c’erano
ragazzi e questo, negli anni adolescenziali, mi ha impedito di
scoprire l’altro sesso, di confrontarmi, di capire psicologicamente
il maschio. Mi iscrissi all’Università a Palermo, facoltà di
Storia e Filosofia, ma la mia bellezza, che allora ho maledetto, mi
ricondusse a casa con una frase per spiegazione: «Noi abbiamo
fiducia in te, ma non ne abbiamo negli altri.» Ecco in quel momento
mi sono sentita umiliata.
Caterina,
quando hai deciso di fare l'Artista e di dedicare tutta la tua vita
all'Arte, e ne hai parlato ai tuoi genitori, cosa ti hanno detto?
Sono stati tuoi alleati oppure hanno cercato in tutti i modi di
dissuaderti perché avevano per te altri progetti, come spesso
avviene in questi casi?
Voglio
subito dirti che “è quasi normale” - nel senso che lo fanno in
moltissimi - che i genitori abbiano in testa il futuro dei loro
figli, non tenendo in nessun conto quelle che possono essere le loro
passioni e i loro desideri professionali o, nella fattispecie,
artistici. Basti ricordare lo straordinario Film di Peter Weir del
1989, “Dead
Poets Society”,
tradotto in italiano con “L’Attimo
Fuggente”,
che vide uno straordinario Robin Williams protagonista di una delle
storie più belle del cinema di tutti i tempi, premiato con quattro
premi Oscar!
Ecco
Caterina, cosa mi dici in proposito?
Purtroppo
i miei genitori non c’erano più quando ho iniziato a scrivere in
età avanzata. Sicuramente non l’avrebbero gradito perché
avrebbero pensato al successo come un motivo di allontanamento da
quelle che allora dovevano essere le ambizioni principali di una
donna: la casa e i figli. Vedevano invece adatto a me l’insegnamento
che per alcuni anni praticai privatamente. Le tentazioni si dovevano
allontanare, l’educazione morale era quella dei padri e non poteva
essere sovvertita.
Caterina,
sai molto bene, perché lo dimostra inequivocabilmente la tua
carriera e i tuoi successi letterari, che il talento senza lo studio
duro ed intenso, senza la formazione appassionata e costante, senza
l'esperienza sudata sul campo ed in prima linea, non vale nulla! Tu
hai frequentato delle Scuole, hai fatto degli studi di
perfezionamento alla scrittura? Se sì, perché? E quali sono state
queste esperienze formativo-esperienziali? E perché hai scelto
proprio quelle?
Io,
come dicevo, ho iniziato a scrivere tardi e sono convinta che come
dice il Libro dei Libri, per ogni cosa ci sia una stagione. Sono
stata per alcuni anni praticante in un’Associazione che si chiamava
“Lo Specchio d’Alice”. Abbiamo fatto romanzi di scrittura
collettiva. Erano arricchenti come esperienze perché ognuno era
parte integrante della storia e ogni volta si sottoponevano i brani
all’attenzione di tutti. Ho fatto tesoro di questo, poi la vita, la
mia curiosità intellettuale, ha fatto il resto.
Anche
questa è un’esperienza formativa molto arricchente e al contempo
destrutturante proprio per il motivo che ti ha messo dentro una sorta
di “gabbia-intellettuale” dove il confronto non poteva essere
negato, e quindi ti ha costretto a vedere prospettive narrative
diverse dalle tue che certamente ti avranno arricchita. Ma raccontata
questa bellissima esperienza, Caterina, chi sono quelli che tu
ritieni i tuoi “Maestri d’Arte”, se vogliamo definirli come nel
Rinascimento italiano, che ti hanno trasmesso passione, tecnica,
tenacia, perseveranza? Vuoi dirci chi sono e perché hai scelto loro
per forgiarti quale Artista?
Alla
base di Caterina-Scrittrice ci sono i suoi studi classici, le letture
che cambiavano in rapporto al periodo evolutivo che attraversava. I
miei Amori Letterari erano Giacomo
Leopardi,
Giovanni
Verga
e Luigi
Pirandello.
Leopardi
perché ritrovavo in me il suo tormento, il suo pessimismo e
nonostante tutto il suo amore per la vita.
Verga
perché tutto ciò che ha scritto è “linfa di Sicilia”, la
Cultura della “Roba”, il suo Verismo.
Pirandello
perché con le parole ha dipinto il carattere, la vita della sua
terra nella sua quotidianità, l’umorismo, in una parola “la
Sicilia”.
Ha
scelto dei Maestri di immenso valore letterario ed artistico … e
non credo sia stato un caso!
Oggi,
Caterina, chi sono i tuoi modelli di Artista, quelli ai quali ti
ispiri e a cui vorresti “rubare” qualcosa del loro modo di fare
Arte, del loro modo di scrivere, di essere degli importanti autori di
storie che affascinano lo spettatore ed il lettore?
Mi
piacciono Isabel
Allende,
Pablo
Neruda
(molti mi dicono che il mio modo di scrivere si avvicini al suo)
Gabriel
Garcia Marquez.
Autori che scrivono molto sulle relazioni familiari e sociali, ma
penso che ogni artista deve assomigliare solo a sé stesso.
Sono
d’accordo con te Caterina. L’Arte è una sorta di espressione
intima di quello che ognuno di noi detiene dentro la propria anima,
dentro la propria storia di vita fatta di successi e di fallimenti,
di amore e di dolore, di fiducia e di tradimenti. Ed è vero quello
che scriveva Sigmund Freud che forse l’espressione artistica è il
modo migliore per conoscere il profondo dell’animo umano di un
Uomo, di una Donna.
Caterina,
saprai meglio di me che per un'Artista che vuole affermarsi,
un'Artista di successo, che dedica la maggior parte del suo tempo con
passione, dedizione e determinazione alla sua Arte, è molto
difficile gestire la propria vita privata con quella professionale.
Tu come riesci a gestire la tua vita affettivo/sentimentale con il
lavoro che fai? Hai avuto in passato o anche di recente delle
esperienze che ti hanno creato delle difficoltà?
Conciliare
la vita artistica con quella familiare non è facile, e questo,
talvolta, impone delle rinunce. Io non so se riesco a farle bene
entrambe, ma ci provo. Spreco molte energie perché dentro di me c’è
un Ego
molto severo con me stessa che mi impone di fare al meglio tutto. La
Caterina-Autrice si rifugia negli spazi notturni, nei rari momenti di
solitudine, quando riesco a diventare cittadina di un mondo solo mio
dove poter vivere e dare voce a ciò che sono e a ciò che sento.
I
grandissimi artisti statunitensi vincitori di Premi Pulitzer, di
Golden Globe o di Premi Oscar, amano dire: “to
become a great artist you have to choose: either work or love”
(“per diventare un grandissimo artista devi scegliere: o il lavoro
o l'amore”).
Alla
base di tutto ciò che si fa deve esserci Amore per avere salde
radici e rappresentarci al meglio. Non trovo sia giusto annullarsi
per uno di questi due immensi valori. Talvolta, scendere a qualche
compromesso con noi stessi può farci avere una buona qualità di
vita, vivere l’Amore della vita e lavorare per ciò che si ama.
Caterina,
se adesso, mentre stiamo parlando in questa splendida caffetteria
resa magica da questo splendido sole di marzo palermitano, si
avvicinassero due bambini di dieci anni e ti chiedessero con la
semplicità e l’innocenza che caratterizza - almeno ai nostri
occhi di adulti! - i bambini: «Caterina,
ci spieghi cos'è l'Arte per Te?».
Cosa diresti loro?
Direi:
tutto ciò che gli altri non vedono ed è forse il meglio di voi,
fatelo emergere attraverso ciò che vi piace fare: la scuola, lo
sport, l’arte. Fatelo al meglio, non permettete a nessuno di
distruggere i vostri sogni perché, credendoci, si avverano. Oggi
proprio i giovani tendono a rimanere alla superficie delle cose,
perdono così la capacità di fare introspezione, di comunicare la
profondità di un pensiero, di fare scaturire emozioni. Oggi non
siamo più liberi, viviamo in una società dove tutto è codificato e
questo ci allontana dall’Arte che è libertà e trascendenza. Un
consiglio con le parole di Albert Einstein: “Non
cercare di diventare un uomo di successo ma piuttosto un uomo di
valore”.
Albert
Einstein, non è stato solo il più grandi dei fisici della storia
della scienza moderna, ma anche un grandissimo filosofo … ed io
sposo in pieno la citazione che hai fatto!
Adesso,
Caterina, un’altra delle mie domande ricorrenti, che faccio sempre,
così come quella tratta dal Romanzo breve di Fëdor Michajlovič
Dostoevskij. È una domanda che prende spunto dalla mia città,
Palermo, che tu conosci bene perché è anche la Tua città. E guarda
caso riguarda proprio il Teatro dove siamo adesso (sorrido!). Saprai
di certo che nel grande Frontale del Teatro Massimo di Palermo,
famoso perché costruito da due dei più grandi architetti del XIX
secolo, Giovan Battista Filippo Basile e il figlio Ernesto Basile, è
incisa questa frase, voluta dal suo mecenate e mentore Camillo
Finocchiaro Aprile, allora Ministro della Giustizia e delle Poste del
Regno d’Italia. La frase è questa: «L’arte
rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove
non miri a preparar l’avvenire».
Tu,
Caterina, quando hai letto questa frase per la prima volta nella tua
vita, perché certamente l’avrai letta tanto tempo fa, cosa hai
pensato che vuoi condividere con me e con i nostri lettori?
Ancor
prima di leggerla l’ho sentita da papà ed ero piccola. Quando
venivamo a Palermo era d’obbligo passare davanti al Massimo e la
rileggevo sempre. Da grande mi sono data questa spiegazione: l’Arte
è linfa vitale per un popolo, perché lo rinnova senza esaltarlo, lo
prepara alla vita e ne dimostra la capacità e la libertà. L’Arte
non ha barriere di nessun genere, anzi con il suo messaggio
affratella i popoli. Quando l’Arte trionfa, per un attimo siamo
tutti fratelli uniti dallo stesso dolore e da una nuova gioia per il
recupero delle cose semplici, piccole, per le cose che durano.
Caterina,
quali sono le Opere che hai realizzato e alle quali sei
particolarmente legata affettivamente e professionalmente? So che hai
vinto tantissimi premi. Vuoi raccontarci quali sono e per quali tue
opere? E, infine, quali sono state le emozioni che hai provato
allora? Ed oggi, a distanza di tempo, cosa ti hanno lasciato questi
importanti riconoscimenti letterari ed artistici, e il pathos
che hai provato nell’essere riconosciuta un’Artista Vera?
Non
scrivo da moltissimo, in 6 anni ho scritto 4 libri. Nel mio primo
libro è esplicitata la ragione di aver dato libero sfogo al bisogno
di raccontarmi. I libri si intitolano: La
Barriera invisibile
(2016); La
voglio gassata (2015);
La vita appesa ai muri (2013);
Silenzi
d’Amore
(2011).
Il
primo parla tantissimo di Sicilia, di questa terra generosa e unica,
ricca di passione e generosità, dove ogni sasso è un’opera
d’arte. Racconta la mia vita pre e post Sicilia.
Il
secondo è un libro diverso perché metto la mia penna e la mia voce
al servizio di una storia vera, narrando un bel vissuto con due
incidenti di percorso affrontati con coraggio e brillantemente
superati.
Il
terzo raccoglie cinque storie, spaccati di vita raccontati dai
protagonisti e non. Spiega come anche le cose hanno un’anima e che
ciò che ci fugge è dovuto alla nostra mancanza di capacità di
entrare in empatia con ciò che ci raccontano.
Il
quarto parla dei silenzi delle donne. Tutti, da sempre, attribuiscono
le nostre conquiste all’arte oratoria ma non è così. Le donne
sono capaci di tenere in fondo all’anima verità grandi e lo fanno
quasi sempre a scopo protettivo. Questo Romanzo l’ho presentato al
“Salone Interinazione del Libro di Torino” 2012; e alla “Fiera
del Libro” di Roma “Più libri più libri” del 2012.
Sono
stati tutti pluripremiati, ma, il vero premio è riuscire ad
emozionare chi legge. Inutile dire che vedere riconosciuto il tuo
sforzo e quello che racconti fa piacere, ma non l’ho mai
considerato un punto d’arrivo, perché quando si arriva il viaggio
è finito.
Cito
solamente alcuni dei Premi che ho ricevuto per non annoiare il
lettore:
“Silenzi
d’amore” (2011), Premio Letterario Internazionale Montefiore
2011, II Edizione, Premio per la Sezione “Pianeta Donna”,
Montefiore Conca (RN), 24 agosto 2012;
“La
vita appesa ai muri”
(2013), Concorso di letteratura a carattere internazionale, III
Edizione 2014, “Premio della Giuria Narrativa Edita”, Città di
Pontremoli (MS), 11 maggio 2014;
“La
vita appesa ai muri”
(2013), Concorso Letterario “La Città del Tricolore” bandito
dall’“Associazione Reggiana Neuro-Oncologica”, Premiato tra i
primi cinque e unici vincitori per la narrativa, Città di Reggio
Emilia, 10 ottobre 2014;
“La
voglia gassata”
(2016), Premio Nazionale “Histonium”
Poesia-Narrativa, XXXI dizione 2016, Primo Premio Assoluto Sezione
“E”, Città di Vasto (CH), 24 settembre 2016.
Si
dice infatti che «Più
dell’arrivare è il viaggiare pieno di speranza!»
Non è certo una frase casuale e racchiude tutte le verità che hai
appena detto, Caterina!
A
cosa stai lavorando in questi ultimi mesi, Caterina? In queste ultime
settimane? Cosa e quando potranno leggerti i tuoi fan, i tuoi
follower, i tuoi ammiratori? Puoi dirci qualcosa in anteprima.
Ho
parecchi impegni letterari, Andrea, ma ho iniziato un libro che sarà
un misto di narrativa e saggistica. È una storia vera di una
famiglia siciliana, i cui componenti furono travolti dai eventi
storici del periodo in cui vissero. È un po’ la storia di tante
famiglie siciliane del periodo bellico e postbellico che si
inventavano la vita, che cercarono altri mondi per garantire la
sopravvivenza delle loro famiglie.
E
allora in bocca al lupo per questo Romanzo che certamente sarà
interessante ed intrigante, e per il quale mi prenoto per leggerlo e
recensirlo! (sorrido!).
Caterina,
saprai meglio di me che uno dei tabù nel mondo dell’Arte in
genere, è la vecchiaia e la morte. Luca Goldoni in una delle sue
famosissime citazioni, disse: «Si
dice che i vecchi sono stanchi e aspettano quel momento. Io credo che
non si è stanchi mai di vivere, forse la stanchezza proviene solo da
una sterminata malinconia.».
Tu, Caterina, sei una donna con una energia incredibile e una forza
intellettuale e creativa devastanti, oltre ad essere un’Artista
affermata e di successo, ma come commenteresti questa bellissima
frase di Luca Goldoni (1928), giornalista e scrittore ancora in vita,
ma che possiamo ritenere uno dei più grandi autori italiani del XX
secolo?
Malinconia
che ancor più chiamerei nostalgia, perché soffrono il perdersi
delle cose di una volta. Ti rispondo con una frase di Albert Camus:
“Non
essere più ascoltati, questa è la cosa terribile quando si diventa
vecchi”.
Ed
anche questa, Caterina, è una grandissima verità occidentale! In
pochi centinaia di anni, siamo riusciti a distruggere una cultura
millenaria che nasce con la Grande e Antica Grecia; e guarda caso la
Sicilia era proprio il cuore di quella che allora veniva chiamata la
“Magna Grecia”! Mi chiedo spesso come sia stato possibile che
tutto ciò sia accaduto. Certamente ho le mie risposte … ma ci
porterebbero molto lontano dalla nostra chiacchierata e quindi
passiamo ad altro, in attesa, magari, nella prossima intervista, di
confrontarci rispetto a questa interessantissima questione
dell’Anzianità che ha perso il suo potere di Saggezza e di
Autorevolezza indiscutibili e insindacabili a quel tempo!
Adesso
Caterina, qualche domanda apparentemente superficiale, ma che nella
realtà non è così! Qual è il tuo fiore preferito, quello che ami
ricevere da un Uomo che volesse farti la corte, oppure, da un Uomo
che volesse omaggiarti con un bellissimo mazzo di fiori dopo aver
letto un tuo Romanzo o aver assistito ad un Tuo Seminario o ad una
Tua presentazione, per il tuo talento e per la qualità emozionale
che esprimi con la Tua Arte, così come si faceva all’inizio del
‘900 quando gli ammiratori si precipitavano nei camerini delle
Attrici per coprirle di mazzi di fiori bellissimi? E poi perché ami
proprio quel fiore?
Accetto
qualunque fiore se donato con Amore ma, se dovessi scegliere, non ho
dubbi: il gelsomino notturno. Mi ricorda la nostra terra, m’inebria
del suo profumo delicato ma persistente. Quei piccoli fiori bianchi
mi piacciono perché si aprono al calar della sera, quando il nostro
pensiero si rivolge a chi ci è caro o a chi non c’è più. Come
dice Pascoli nella sua poesia … al sopraggiungere dell’alba, si
chiudono i petali e il fiore “cova” nell’urna molle e segreta,
un non so che di felicità nuova.
Nessuno
dei due ma, costretta, sceglierei il blu, è discreto, mi ricorda la
notte.
Un'ultima
domanda Caterina, che io amo molto e che faccio sempre a tutti gli
artisti con cui converso e mi intrattengo in queste chiacchierate per
me risultano sempre estremamente interessanti. È una domanda che ci
porta d'emblée
a quando eravamo bambini, pieni di sogni e di belle speranze: qual è
il tuo sogno nel cassetto che fin da bambina ti porti dentro e che
oggi vorresti realizzare?
Il
mio sogno, Andrea, non è legato ad una persona o ad un oggetto, è
legato al mondo emozionale. Vorrei vivere bene il mio tempo, lasciare
a mia figlia e a mia nipote un ricordo indelebile, vedere da
spettatrice una delle mie opere che meglio mi rappresenta.
Grazie
Caterina per essere stata con me per questa bella intervista
all’interno di questo “tempio della cultura palermitana”!
Sono
molto compiaciuto e onorato per questa intrigante conversazione avuta
con Te. Non mi resta che farti il mio in bocca al lupo per la tua
carriera e ci vedremmo presto – almeno spero! – per un’altra
interessante chiacchierata. Grazie e alla prossima allora...
Mi
ha fatto piacere, Andrea, sottopormi a questa intervista, che trovo
riduttivo definire così. Mi sono sentita scrutata dentro e capita,
non per ciò che sembro ma per ciò che sono. Sono stata messa a mio
agio e sono stata sincera. Grazie Andrea per non usare violenza
verbale nelle tue interviste, per la tua capacità di sondare anche
psicologicamente i tuoi ospiti. Grazie al Magazine Fattitaliani e al
suo Direttore, Giovanni Zambito, per avermi accolto nella sua
Redazione. Spero di meritarmi la sua fiducia. Grazie a chi mi
leggerà, dedicandomi il suo tempo e la sua attenzione. A loro,
soprattutto alle Donne, soggetti privilegiati dei miei libri, dico:
«Non
donate tutto di voi, lasciate alla voglia degli altri di scoprirvi.»
Scriveva
il grande Gesualdo Bufalino: «Resta
dubbio, dopo tanto discorrere, se le donne preferiscano essere prese,
comprese o sorprese.»
Andrea Giostra
-
Per
chi volesse conoscere più da vicino Caterina Guttadauro La Brasca,
ecco alcuni link da consultare per conoscere la sua bellissima Arte:
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Indirizzi
mail per chi dei lettori volesse contattare l’Artista:
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Official
Web-Site:
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Personal
Facebook Page:
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I
lettori che volessero conoscere l'autore dell'intervista, Andrea
Giostra, potranno consultare la sua Official Facebook Page e alcuni
link:
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