di Domenico Logozzo* GIOIOSA JONICA - “I
giorni del funerale…non ricordo come si svolsero. Ricordo solo
tante bare, vestiti neri, pianti, urla. Immenso smarrimento e
vuoto…”. Aveva
10 anni Santina
Di Berardino,
quando il 27 novembre 1956 venivano celebrati a Pescara
(il giorno dopo a Manoppello), i funerali del padre Cesare e delle
vittime abruzzesi della tragedia avvenuta nella miniera carbonifera
di Marcinelle
la mattina dell’8 agosto di 60 anni fa. Persero la vita 262
minatori,136 italiani. Il tributo più alto venne pagato
dall’Abruzzo: 60 morti, ben 23 di Manoppello.
Nel 1946 il padre di
Santina era stato uno dei primi a partire dal paesino abruzzese nella
speranza di una vita migliore. Ha trovato la morte. La Federazione
Carbonifera Belga offriva “agli
operai italiani condizioni particolarmente vantaggiose per il lavoro
sotterraneo nelle miniere belghe”.
Un inganno nato dallo scellerato accordo uomo-carbone tra il governo
italiano e quello belga. L'Italia si impegnava a mandare
cinquantamila minatori nei pozzi di carbone della Vallonia
al ritmo di duemila ogni settimana in cambio di 200 chili di carbone
al giorno a emigrato. L’uomo valeva meno di un sacco di carbone.
C’era tanta fame. Tanta disperazione. Fuga obbligata all’estero,
per sopravvivere. Condizioni di lavoro precarie. Nessuna sicurezza.
Responsabilità gravi che non sono state punite. Si parlò di errore
umano, di una manovra sbagliata dovuta alla non buona conoscenza
della lingua da parte di un giovane minatore. Tante vittime, tante
famiglie distrutte dal dolore, ma praticamente nessuno ha pagato.
Cesare Di Berardino
lasciò la moglie, Antonietta, di 36 anni, con quattro figlie
piccole. E oggi Santina ricorda commossa: “Con
papà morto, la mamma assunse una maschera di dolore che non si tolse
più”. Ci
parla dell’infanzia, delle tante difficoltà incontrate. “Lo
sradicamento dal luogo dove ero cresciuta, il rimpatrio avvenuto
insieme a persone amiche, ma non con i famigliari, l’ingresso in
collegio e quindi il distacco dagli affetti, dalla vita all’aria
aperta, il problema linguistico perché non conoscevo l’italiano e
tutte le difficoltà legate al fatto che avrei dovuto affrontare la
vita senza il mio papà, senza la mia famiglia, le mie sorelle, la
mia mamma, gli zii, in compagnia di persone sconosciute, che erano le
suore e bambine orfane come me”. Prove
durissime. Che ha affrontato e superato con coraggio. Lottare. Non
fermarsi mai. La forza delle donne abruzzesi.
“La tragedia di
Marcinelle mi ha insegnato a tenere duro a qualsiasi costo. Ho capito
che la vita va vissuta al massimo nonostante tutto, con tanto amore,
coraggio, forza e con tanta generosità. Questo messaggio di vita
l’ho ricevuto dai miei genitori e voglio condividerlo con tutti”.
Un
messaggio che le figlie Enrica e Martina portano oggi avanti con
iniziative concrete e con positivi riscontri. Ci riferiamo in
particolare al libro “La
nostra Marcinelle. Voci al femminile”,
scritto da Martina
Buccione
(Edizioni Menabò-Pescarabruzzo) che è stato distribuito
gratuitamente in ventimila copie dal quotidiano più diffuso
dell’Abruzzo “il
Centro”
il 6 agosto scorso. E poi il progetto di scambio artistico-culturale
con il Belgio e il concorso “Radici
profonde. L'emigrazione dei minatori abruzzesi in Vallonia nel
secondo dopoguerra”,
rivolto alle scuole superiori dell’Abruzzo, sul tema
dell'emigrazione e della vita quotidiana delle famiglie dei minatori
italiani emigrati in Belgio nel secondo dopoguerra. E ancora la
mostra fotografica “Il
Bosco dei ricordi: l'Altra Marcinelle”
di Max
Pelagatti,
a cura di Enrica
Buccione,
l’altra figlia di Santina, incentrata sulla vita quotidiana delle
famiglie dei minatori italiani emigrati in Belgio tra il 1946 e il
1956, anno della catastrofe nella miniera del Bois
du Cazier.
Spiegano i promotori:
“La collezione è un racconto per immagini, filtrato attraverso gli
occhi di donne, vedove ed orfane di Marcinelle, appartenenti alla
famiglia di Cesare Di Berardino, una delle 262 vittime della
tragedia. Per la prima volta un tema sociale di tale rilevanza
storica, sia per l’Italia sia per il Belgio, è stato trattato
applicando alla fotografia digitale un insieme di tecniche moderne,
quali il compositing e la CGI (computer generated imagery), grazie
alle quali il fotografo Max Pelagatti ha dato vita ad immagini
surreali e dal forte potere evocativo”.
Il progetto che ha
ricevuto, tra gli altri, il patrocinio della Commissione Nazionale
Italiana per l’UNESCO, dell’Ambasciata d’Italia in Belgio,
dell’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles, del Comune di
Charleroi e della Regione Abruzzo, è stato presentato lo scorso 22
giugno al Parlamento Europeo di Bruxelles in occasione dell’evento
di commemorazione dei 70 anni dalla firma del protocollo italo-belga.
“Il
lavoro di Pelagatti - ci
dice Enrica
Buccione
- vuole essere una base di dialogo e di riflessione per
sensibilizzare soprattutto le nuove generazioni sul tema
dell'emigrazione oggi: gli esempi del passato possono aiutare a
comprendere i fenomeni migratori attuali e a combattere i pregiudizi
e la stigmatizzazione”.
L’esposizione è stata
inaugurata il 1° agosto a Pescara
dalla Principessa
Astrid
del Belgio. Successivamente è stata esposta al museo Le
Bois du Cazier
(patrimonio UNESCO) di Marcinelle
dall’8 agosto al 25 settembre e presso il Comitato Economico e
Sociale Europeo di Bruxelles dal 21 settembre al 14 ottobre.
Attualmente si trova in Calabria, nelle sale del Convento dei Minimi
di Roccella
Jonica,
grazie alla collaborazione tra l’Associazione Museo della Scuola “I
CARE” di Siderno
e la Fondazione Pescarabruzzo di Pescara,
che sostiene concretamente il progetto.
“Abbiamo coinvolto
tutte le scuole della Locride e abbiamo anche indetto un concorso.
Gli studenti potranno partecipare con un elaborato di tipo
storico-documentale o artistico-letterario”,
spiega il prof. Vito
Pirruccio,
dirigente scolastico e presidente della dinamica associazione
culturale. Ricorda che nella miniera belga sono morti quattro
calabresi e sottolinea che “unitamente
all’Amministrazione Comunale di Roccella Jonica e al Circolo di
Lettura ARAS abbiamo voluto cogliere il messaggio contenuto nel
progetto fotografico IL BOSCO DEI RICORDI: L’ALTRA MARCINELLE, di
Max Pelagatti ed Enrica Buccione. Creare una base di dialogo e di
riflessione per sensibilizzare le giovani generazioni su uno spaccato
di Storia Meridionale spesso relegato dalla pubblicistica in un
angolo”. Evidenzia
che
“Marcinelle è una pagina tragica dell’emigrazione italiana, ma,
nello stesso tempo, è uno spaccato di quel grande contributo dato
dal Sud all’Italia distrutta moralmente ed economicamente dal
fascismo e dal secondo conflitto mondiale. Compito della nostra
Associazione è, anche, quello di rimettere la storia in cattedra e
proporla, in forma innovativa, alle scuole del territorio”.
E in Abruzzo dal mondo
della scuola arrivano importanti segnali d’attenzione. “Una
terza media dell’Istituto comprensivo di Loreto Aprutino, paese
dell’entroterra abruzzese - ci
dice Martina
Buccione
-, ha scelto di adottare e leggere il libro “La
nostra Marcinelle. Voci al femminile”
nell’ambito di un progetto sulla storia, finalizzato alla stesura
di un libro digitale per le future terze classi. E’ significativo
che si sia scelto proprio un libro sulla memoria per tenerne vivo il
filo”.
Se l'aspettava tanta
attenzione?
“Ad essere sincera i
riscontri positivi in merito al progetto su Marcinelle hanno superato
le aspettative iniziali. Il mio motto è: “Spera il meglio, ma
aspettati il peggio” e mi ha sempre aiutata a dare il giusto peso
agli eventi della vita, senza tuttavia mai smettere di credere che la
passione e l’impegno possano plasmare una realtà migliore da
quella di partenza. Giorno dopo giorno l’attenzione per una
tematica che è ancora di grande attualità ha fatto sì che si
creasse una rete di persone interessate e sensibili, che ci hanno
supportati e hanno creduto in noi.”
Anche in Calabria la
scuola sta dimostrando un certo interesse.
“Sono convinta che
conoscere il passato aiuti a comprendere il presente e a guardare al
futuro in modo più consapevole e costruttivo. L’attenzione che ha
riservato al libro il mondo della scuola, in particolare in un’area
come la Calabria, terra d’emigrazione e contemporaneamente di
immigrazione e troppo spesso oggetto di pregiudizi, mi fa confidare
ancor più nel fatto che solo passando attraverso le nuove
generazioni si possa attuare un cambiamento che sia veicolo di un
miglioramento progressivo. Con l’associazione Elle Elle - Lingua e
Linguaggi, di cui sono fondatrice e Presidente, bandiremo la seconda
edizione del concorso artistico e letterario “Radici profonde”,
rivolto proprio agli studenti delle scuole superiori, per tenere vivo
il ricordo di quanti lasciarono il nostro Paese per emigrare in
Belgio e aiutare a comprendere quanti emigrano oggi in condizioni
spesso simili (se non peggiori) a quelle di allora. I vincitori della
prima edizione hanno avuto l’opportunità di andare a visitare il
Bois du Cazier, dove avvenne la tragedia nel 1956, e di essere
ospitati da famiglie di ex-minatori.
Cosa l’ha spinta a
scrivere “La
nostra Marcinelle”?
“Avevo la necessità
di conoscere le mie radici, per sentirmi più solida. Credo che
accada a tutti, prima o poi, nella vita. Sentivo parlare di
Marcinelle, ma solo sporadicamente e fortuitamente. Mangiavo gaufres
e crêpes sin da bambina, cantavo canzoni in francese, ma non sapevo
il perché. Allora ho cominciato a fare domande.”
E ha cercato le risposte
da chi poteva dargliele per esperienza diretta, vita vissuta, tra
speranze e sofferenze. Conversazioni che ora sono pagine di storia.
“Ho raccolto, sotto
forma di intervista, i racconti e i ricordi delle donne della mia
famiglia, orfane e vedove di Marcinelle; mia madre Santina e sua
sorella Pia, figlie di Cesare Di Berardino e Lucia, la loro zia,
vedova di Santino Di Donato. Hanno coraggiosamente rotto un lungo
silenzio impregnato di dolore, facendo rivivere, con la loro
testimonianza, il mondo di una volta, denso di valori semplici ed
essenziali, che accompagnava il lavoro in miniera degli emigrati. Il
loro racconto corale coniuga la dimensione individuale e quella
collettiva della memoria, offrendo uno spaccato della vita quotidiana
della comunità abruzzese nel contesto belga nel decennio 1946-56.”
Un libro che fa
riflettere in un’epoca in cui si corre molto, c’è tanta
superficialità e scarsa attenzione per le grandi lezioni del
passato, come quelle che ci hanno lasciato in eredità i minatori e
delle vedove di Marcinelle. Una eredità da non disperdere.
“Siamo noi che viviamo
oggi in Europa e che beneficiamo dei tanti sacrifici fatti dai
minatori, a dover ricordare e richiamare in cuore quella pagina della
storia collettiva. Si rende necessario in ognuno uno sforzo della
coscienza per invertire la rotta in un presente che sempre più
velocemente e freddamente si proietta verso il futuro, dimentico del
passato. Non si dovrebbe guardare indietro con nostalgia, ma per
tenere alta la consapevolezza di chi siamo, da dove proveniamo e di
dove abbiamo la possibilità di giungere.”
E le donne sono le
grandi protagoniste. Dignità e coraggio. Esempi da tenere bene in
mente e trasmettere alle giovani generazioni.
“La resistenza delle
donne di Marcinelle, dei figli, dei nipoti e di quanti sopravvissero,
che continuano a tenere vivo il ricordo, non solo della tragedia dei
lavoratori, ma anche della vita quotidiana che c’era intorno alla
miniera, fatta di semplicità, di solidarietà, di accoglienza,
dovrebbe parlare ai cuori anche oggi. Dovrebbe indicare una strada da
(ri-)percorrere, recuperando valori solidi e universali: l’attenzione
alla persona, il piacere della condivisione, il rispetto reciproco,
la dedizione al lavoro e alla famiglia, lo spirito di sacrificio per
raggiungere obiettivi concreti, il superamento dei pregiudizi
attraverso la conoscenza dell’altro.”
Martina ci ricorda infine
che “il
libro è stato presentato in concomitanza con l'inaugurazione della
mostra fotografica, ad esso ispirata, prima a Pescara (presso la sede
della Fondazione Pescarabruzzo e nell’ambito del Solstizio/
Equinozio Aurum Festival) e poi a Marcinelle, presso il Bois du
Cazier. Il volume sarà presentato in Calabria il 27 novembre, a
Bruxelles nel mese di dicembre 2016, presso la Residenza
dell'Ambasciatore d'Italia in Belgio, Vincenzo Grassi, e
successivamente presso il centro ATLAS di Anversa, nell’ambito di
una iniziativa sul tema dell’emigrazione, promossa dalla Società
Dante Alighieri; infine approderà alla Camera dei Deputati, nel mese
di febbraio 2017”.
*già
Caporedattore TGR Rai