Livio Doctos, chef di Trattoria Moderna: i clienti antipatici non li faccio manco sedere. L'intervista

Food & the City. La seconda puntata romana di "Food & the City" fa tappa nel cuore della capitale, a due passi da Campo de' Fiori dove primeggia l'imponente statua di Giordano Bruno: al vicolo de' Chiodaroli c'è la Trattoria Moderna con le sue specialità tipiche di Roma con tanto di modifiche e invenzioni ad opera dello chef Livio Doctos, 38 anni, big Livio per gli amici e quindi anche per noi e ci dedica dei gustosissimi Tonnarelli alla cacio e pepe accompagnati dall'ottimo nero d'avola Marabino.

Big Livio non è romano, non è italiano, ma romeno. E che ci fa in una trattoria italiana? "Sono in Italia da vent'anni - ci dice - e quando sono arrivato lo confesso non sapevo nemmeno preparare due uova al tegamino". 
Quale è stato il tuo percorso che ti ha condotto fin qui? 
Devo tutto a un mio connazionale che stava in Italia da quarant'anni lavorando come guida turistica e d'allora ho svolto seimila lavori. Prima di Roma ho vissuto a Como e a Milano: due città che ho lasciato volentieri, perchè fredda la prima e frenetica la seconda... Dopo un anno sono subentrato a un cuoco e non mi sono più fermato imparando dagli abruzzesi l'amore per la cucina e la scelta di un prodotto di qualità. 
Oggi come s'impara l'arte della cucina? 
Oggi non s'impara più a Roma e se prima i giovani avevano la possibilità di apprendere ogni cosa anche nelle piccole cucine, adesso è possibile solo in quelle grandi e non sempre però si può mantenere un contatto umano con i propri clienti. 


E dove lo si può garantire? 
Nelle piccole realtà come la nostra per esempio dove si può andare direttamente a fare la spesa nel mercato, non sempre però a Campo de' Fiori, quasi un "Bulgari" della categoria. Persino i rapporti fra commercianti sono buoni... 
Quindi, anche in una medesima città ci sono differenze in tal senso? 
Certamente. Ho lavorato pure in Piazza di Spagna ed è tutta un'altra realtà: Via Margutta è diventata oramai solo una strada di vip e attori. Tutto frenetico e veloce... 
Ci parli un po' delle specialità della Trattoria Moderna? 
C'è l'antipasto "Torre di melanzane con zucchine, ricotta fresca, menta e pomodori": un'invenzione casuale nata dalla grande quantità a disposizione dei prodotti, gradita da tutti quelli che la provano. C'è pure l'insalata con finocchio, arancio e calamaro grigliato. Da provare la dadolata di tonno all'aceto balsamico... 
E piatti tradizionali modificati? 
Anche quelli: basti citare il "saltimbocca di rombo", quello tradizionale alla romana è con la carne di vitello. Ho la fortuna di lavorare con dei clienti che hanno la voglia di provare sempre nuovi piatti. 
Il cambiamento della cucina rispecchia quello della società? 


Sicuramente: e soprattutto nella mania di fare in fretta e sbrigarsi senza gustare ci che si vive o si mangia e capire l'importanza di un prodotto rispetto ad altri. 
E a livello economico? 
Anche lì ci sono stati cambiamenti: i clienti sono più attenti a quanto devono e possono spendere; perfino con le cucine aziendali adesso ci sono parecchie restrizioni di budget, ma questo non mi impedisce di dedicarmi con cura al mio lavoro e di sorridere ai clienti. 
Sorridi spesso perchè deve farlo? 
Mai. Se i clienti sono antipatici non li faccio manco sedere e non cerco di risultare simpatico a tutti i costi solo per guadagnare qualcosa in più. In un ristorante è giusto aspettarsi uno scambio di esperienze e servizi da entrambe le parti. Mangiare è una cosa seria. 
Ricordi delle persone che ti hanno accompagnato nel tuo cammino lavorativo? 
Sì e con piacere: Nunzio di Afragola che cucinava divinamente gli spaghetti alla chitarra e mi ha insegnato ad essere preciso nella quantità e nei tempi. Nello che sapeva fare di tutto e lavorava 24 ore su 24, sette giorni a settimana. Luciana di Velletri, un'artista. Luigi, un 72enne che non voleva starsene a casa e mi collaborava. 
Tra i personaggi pubblici, invece, parliamo di Fini e Berlusconi che sono ormai ai ferri corti. Quale piatto metteresti loro davanti per farli riconciliare? 
Farei mangiare loro la pasta con i lupini: non avrebbero nemmeno il tempo di parlare perchè i lupini vanno mangiati ad uno ad uno... Giovanni Zambito (intervista del 24 aprile 2010). 
Fattitaliani

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