L'Italia può contare
all'interno del suo territorio diverse “capitali” per quanto riguarda la scena
musicale. Più o meno dense a seconda del genere di riferimento, ma, in linea di
massima, ricalcano la cartina delle grandi metropoli della nostra nazione.
Questo, tuttavia, non vuol dire che non esistano nelle varie realtà provinciali
artisti di grande caratura e di talento. È il caso di Libero Reina,
giovanissimo cantautore della provincia di Agrigento che lo scorso agosto ha
fatto uscire il suo nuovo disco “Alien Passenger”. Fattitaliani lo ha
incontrato e ha discusso con lui della realtà della musica emergente in Italia
e del suo nuovo prodotto.
Ciao Libero, come
va, come sta andando il disco?
Ciao, tutto bene,
grazie. Il disco sta andando molto bene: lo abbiamo presentato a Seccagrande di
Ribera (Ag), a Caltabellotta (Ag) e anche nel mio paese, Santo Stefano di
Quisquina (Ag). Le copie disponibili le ho vendute tutte, è andata bene e sta
piano piano cominciando a girare fisicamente.
Complimenti.
Ascolta, stiamo parlando di un'autoproduzione? Da chi è prodotto?
Si, è
un'autoproduzione, ho fatto tutto da solo, dalle grafiche a tutto il resto. Poi
logicamente mi sono appoggiato alle tipografie e agli studi di registrazione,
ma di base, è un prodotto mio.
Quando è iniziato
il tuo approccio alla musica, come ti sei avvicinato a questa forma di
comunicazione?
Mah, si può dire che
la musica c'è sempre stata. L'ho accantonata per un periodo, anche abbastanza
lungo, poi è ritornata violentemente. Una serie di alti e bassi insomma, ma da
quando avevo dieci, undici anni e ho iniziato a suonare la chitarra è presente
nella mia vita. Poi ho cominciato anche a suonare altri strumenti e adesso è
abbastanza constante.
Ma tu oggi, con
questo disco, senti di appartenere alla scena musicale italiana?
Questo non posso
ancora dirlo, non lo so. Più che altro non ho ancora avuto modo di confrontarmi
con una realtà po' più grande. In fin dei conti ancora siamo in una dimensione
provinciale, nella zona e non posso avere una visione generale. Tuttavia sono
felice e soddisfatto e sarei pronto a confrontarmi con altri lavori più in là.
Proprio per quanto
riguarda la scena nazionale: a quali artisti ti senti più vicino, più simile?
Per quanto riguarda la
scena italiana non saprei proprio dire. Cioè, ho preso molto da tutto ciò che
ho ascoltato ma alla fine le mie canzoni sono sempre dei lavori personali, non
ho un nome in particolare da dire.
Beh, sì. Sicuramente
De Gregori, De Andrè, i cantautori italiani un po' più datati insomma. Ho preso
un po' di sound che ho sentito qui e là: il folk americano si sente senza
dubbio nel mio disco, ma non è preponderante. È un po' un miscuglio di tutto,
come ho già detto Alien Passenger è un album molto personale, la
maggiore ispirazione viene da me stesso.
Parliamo un po' del
disco, come si lascia intendere dal nome, il tema sembra essere quello del
viaggio e del viaggiatore, quanto c'è di autobiografico?
C'è tantissimo,
probabilmente quasi tutto. Con Alien Passenger parliamo del viaggio e
del viaggiatore, ma è come se viaggiassero all'interno di noi. Vuol dire che,
secondo me, all'interno di noi stessi abbiamo dei forestieri che è come se ci
portassero a conoscere e cercare nuovi obiettivi. In ogni canzone è come se un
estraneo viaggiasse dentro di me, è tutto un percorso, è come se ci fossero otto
estranei, otto forestieri, uno per ogni canzone. È molto intimo come tema,
anche se lo vediamo dal punto di vista esterno, perché alcuni brani sono
dedicati a storie di migrazioni, ma, di base, si tratta di un viaggio interiore.
C'è un brano in
particolare che senti più tuo?
Hope #232.
Perché proprio
questo?
Per scrivere questo
brano mi sono inspirato molto alla storia del mio trisavolo che è andato in
Louisiana intorno alla metà del 1800. Sento questa traccia molto personale, è
come se fosse un intreccio di storie: da una parte una mia vicenda interiore e
dall'altra un evento che posso trovare nei miei libri di storia, nelle mie
radici. È questo connubio che mi fa amare questo brano.
Ho notato che, fra
i brani, forse Caffelatte e foglie rosse è quello che possiamo definire più discografico, radiofonico insomma. È
una scelta volontaria?
Guarda puoi dire anche
commerciale (ride, ndr). Beh, sì, sicuramente sono d'accordo, ma non è assolutamente
volontario, personalmente non scrivo mai un brano a tavolino. Questo brano è
nato in cinque minuti, ho davvero perso l'autobus quel giorno, e meno male a
questo punto (ride, ndr), perché è venuto fuori questo. È stato anche preso per un
contratto semestrale da un'etichetta romana e ha fatto undicimila
visualizzazioni su youtube in una settimana. A quanto pare è un brano che può
funzionare.
Un'ultima domanda
ormai di rito: dopo questo disco? Ovviamente suonarlo e portarlo in giro, ma
ci sono altri progetti in cantiere?
Beh, a parte le
presentazioni e suonare tanto, vedremo. Voglio cercare sempre di andare oltre,
ma voglio anche continuare a fare ciò che sto facendo. Voglio lasciare tutto le
porte aperte, se ci sarà da viaggiare si viaggerà, in questo momento devo
riequilibrare tutto e poi continuare sempre dritto per come, d'altronde, ho
sempre fatto.
Perfetto, grazie
del tempo che ci hai dedicato e complimenti per disco.
Grazie a voi, è stato
un piacere.
Giuseppe Vignanello