La morte di Bud Spencer, sempre un galantuomo: 60 anni di ciak

“Papà è volato via serenamente alle 18.15. Non ha sofferto, aveva tutti noi accanto e la sua ultima parola è stata grazie”. Con queste parole, il figlio Giuseppe ha annunciato ieri pomeriggio la scomparsa a 86 anni di Bud Spencer, al secolo Carlo Pedersoli, uno degli attori più amati dal pubblico italiano e internazionale. Prima campione di nuoto e poi di incassi al cinema, spesso in coppia con Terence Hill, Bud Spencer nei suoi circa 130 film ha incarnato la figura dell’eroe manesco dal cuore d’oro, come racconta in questo servizio Alessandro De Carolis

Lui le ali ce le aveva davanti, senza piume e con nocche coriacee grosse così, pronte a essere mulinate come le altre, ma con effetti molto meno celestiali. Per il resto Bud Spencer è stato il più grosso degli angeli che mangiano quei fagioli che tutti adesso ricordano, il classico gigante burbero e buono che si può solo amare, chiedere ai bambini di tre generazioni.
“Primo, se io sto dormendo e mi svegliano all’improvviso, mi viene da piangere. Secondo, quando mi viene da piangere, io m’arrabbio. Terzo, quando mi arrabbio, mi alzo, scendo e divento intrattabile…”. (da “Pari e dispari”)
La coppia che spacca
Sessant’anni di ciak e mai un cazzotto dato a uno che non lo meritasse davvero. In coppia con l’altro compare d’avventura - più angelico di lui nelle fattezze ma non meno tosto - Bud ha prestato a lungo un torace e due spalle enormi alla figura dell’uomo manesco ma leale in un’epoca in cui il cinema andava avanti a giustizieri vendicativi e sanguinari. Un’interpretazione che il pubblico non ha smesso di applaudire, chiedere al resto del mondo dove da decenni la coppia “Bud&Terence” continua a vivere di entusiasmi propri.

Da Carlo a Bud
Tante volte Bud ha raccontato la sua vita divisa a metà, diceva, da “due successi”. I tempi di quando era ancora Carlo Pedersoli e volava in vasca, nuotatore un po’ più filiforme, senza barba e capace di abbattere senza pugni la barriera del minuto nei 100 sl. E i tempi del cinema, che scoprì la potenza drammatica e soprattutto comica di quel fisico massiccio nella parodia degli “spaghetti-western” di Trinità.

“Io devo credere in Dio”
Curiosamente, molta filmografia dei Bud Spencer e del suo amico Terence Hill ha a che fare con titoli di ispirazione “spirituale” - “Dio perdona io no”, i “Quattro dell’Ave Maria”, il citatissimo “Anche gli angeli mangiano fagioli”, “Porgi l’altra guancia”… Si può dire, in effetti, che l’uomo che ha preso per finta a cazzotti la vita facendo ridere tanti non ha mai fatto a pugni con Dio, che anzi ha sempre più preso sul serio. E, a differenza di tanti suoi colleghi che fingono allergie al sacro perché il vero cinema è laico, Bud non lo ha mai nascosto:

“Io devo credere che c’è una persona, che nel mio caso è Dio. Ma perché, nel momento in cui io, da adulto, capisco che siamo in un mare di cose, enormi più di noi, io mi devo attaccare a Dio. Con la speranza che, dal momento in cui lui mi chiama, capisco tutto, perché oggi non si capisce niente…”.
Eroe e galantuomo
Diceva Pirandello: “È molto più facile essere un eroe che un galantuomo. Eroi si può essere una volta tanto; galantuomini, si dev'esser sempre”. Grazie Bud, per essere stato sempre galantuomo. Anche se per noi resterai sempre anche un eroe. Alessandro De Carolis, Radio Vaticana, Radiogiornale del 28 giugno 2016.
Fattitaliani

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