di Goffredo
Palmerini - GORIZIA - Nei pressi del sito dove
oggi si dispiega la città di Gorizia
(dallo slavo gorica,
diminutivo di gora -
monte, dunque piccolo monte, collina) dal primo secolo a.C. sorgevano
due villaggi romani, Castrum
Silicanum, l’attuale
Solkan,
e Pons Aesontii,
oggi Mainizza,
come indica la Tavola
Peutingeriana, copia d’una
antica carta romana che mostrava le antiche vie militari dell’Impero.
Lì, sulla via Gemina,
nel punto in cui veniva attraversato l’Isonzo,
c’era una mansio,
stazione di posta e foresteria gestita dal governo romano e messa a
disposizione di dignitari e ufficiali che viaggiavano per ragioni di
stato. Di solito intorno a tali strutture ricettive, poste sulle vie
consolari e militari romane, si sviluppavano centri abitati. Appunto
le prime origini dell’attuale Gorizia, allora al confine con
l’antica provincia romana del Norico.
Ma per trovare la prima citazione nella storia del nome della città
bisogna tuttavia aspettare l’anno 1001, quando Gorizia
compare in una donazione dell’imperatore Ottone III con la quale si
cedeva in parti uguali il castello di Salcano e la villa denominata
Goriza a
Giovanni, patriarca di Aquileia, e a Guariento, conte del Friuli. La
città dal 1090 venne governata dapprima dai Mosburg, quindi dai
Lurngau. Sotto il loro governo Gorizia
si sviluppò, crebbe la sua
popolazione costituita in massima parte da friulani (artigiani e
mercanti), tedeschi (impiegati nell’amministrazione) e sloveni
(agricoltori), questi ultimi insediati generalmente nella periferia
della città e nei centri rurali limitrofi. La potenza militare e la
bellicosità dei Conti di Gorizia, unita ad una saggia politica
matrimoniale, permise alla Contea, nel periodo di massimo splendore
tra la seconda metà del Duecento e la prima del Trecento, di
estendersi su gran parte del nordest italiano, comprendendo per un
breve periodo anche le città di Treviso
e Padova,
la parte occidentale dell’attuale Slovenia,
l’interno dell’Istria
e alcune parti di territorio in Tirolo
e Carinzia.
Gorizia,
che ormai aveva acquisito connotazioni urbane, ottenne il rango di
città durante il regno di Enrico II (1304-1323). Nei primi decenni
del secolo successivo, con l’assorbimento alla Repubblica
di Venezia del Principato
patriarcale di Aquileia, i conti di Gorizia nel 1424 chiesero al Doge
l’investitura feudale, riconoscendosi quindi vassalli della
Serenissima. Nel 1500 l’ultimo conte, Leonardo, senza
discendenti, alla sua morte lasciò in eredità la contea
a Massimiliano I d’Asburgo. L’atto, non valido per il
diritto internazionale del tempo, per il fatto che la Contea di
Gorizia era unita alla Repubblica veneta da vincoli di vassallaggio,
spinse la Serenissima a denunciare tale violazione attraverso i
canali diplomatici. Ma ogni tentativo veneziano di riappropriarsi
della città, anche mediante la forza, risultò tuttavia vano.
Occupata militarmente nel 1508, per sedici mesi, dopo la disastrosa
sconfitta subita dai Veneziani ad Agnadello ad opera dei Francesi, la
guarnigione veneta fu costretta ad abbandonare la città. Da allora
Gorizia
farà parte dei domini asburgici, prima come capitale
dell’omonima Contea e, successivamente, come capoluogo della
Principesca Contea di Gorizia e Gradisca, entrando a metà
dell'Ottocento a far parte del Litorale Austriaco. Suoi conti saranno
gli stessi imperatori asburgici, fino al 1918.
Nel corso della Prima Guerra mondiale, a
prezzo di enormi sacrifici di vite umane tra cui si segnalarono sopra
tutto i Gialli del Calvario,
così chiamati per il colore delle mostrine e per gli atti di valore
sul Monte Podgora,
le truppe italiane entrarono una prima volta a Gorizia
nell’agosto 1916. In quella cruenta battaglia il 9 e 10 agosto 1916
persero la vita 1.759 ufficiali e 50.000 soldati circa di parte
italiana e dalla parte austriaca morirono 862 ufficiali e circa
40.000 soldati. Fu uno dei più grandi massacri di quella
sanguinosissima guerra. Persa a
seguito della rotta di Caporetto,
nell’ottobre 1917, la città venne definitivamente ripresa
dall’esercito italiano il 7 novembre 1918. Al
termine del secondo conflitto mondiale, con il trattato di pace,
Gorizia
dovette cedere alla Jugoslavia tre quinti circa del proprio
territorio. Il centro storico e la massima parte dell’area urbana
restarono però in territorio italiano. Il confine attraversava
una zona semicentrale della città lasciando nella parte non italiana
anche molti edifici e strutture di pubblica utilità. Tra queste la
stazione di Gorizia
Montesanto, che si trovava
sulla linea ferroviaria Transalpina che collegava la città
all’Europa Centrale. La piazza antistante la stazione, suddivisa
tra le due nazioni, dal 2004 è stata resa visitabile
liberamente su entrambi i lati dopo l’abbattimento di parte della
rete confinaria avvenuto con l’entrata della Slovenia
nell’Unione Europea. Lo stesso provvedimento di eliminazione del
“muro” divisorio ha consentito di “liberare” le relazioni in
territorio sloveno con la moderna città di Nova
Gorica, costruita negli anni
Cinquanta del secolo scorso quando i territori annessi alla
Jugoslavia, con la chiusura del confine verso l’Occidente, vennero
a trovarsi senza un centro amministrativo ed economico dove poter
gravitare.
Dal 21 dicembre 2007, infatti, con il
trattato di Schengen, le città di Gorizia
e Nova Gorica
sono finalmente senza interposti confini. Il legame sempre più forte
che le unisce ha permesso alle due città di avviare un processo di
formazione d’un polo di sviluppo unico che rivestirà sempre più
una notevole importanza nella reciproca collaborazione fra Italia
e Slovenia.
A tal fine sono stati recentemente avviati progetti di mutuo
interesse e una serie d’incontri che interessano non solo le due
città ma anche altri centri limitrofi, per mettere a punto strategie
comuni e creare nuove sinergie per lo sviluppo economico della
regione. Gorizia
negli ultimi anni sta conoscendo una lenta ma costante rinascita, sia
a livello infrastrutturale che sociale. Vi si
respira infatti l’atmosfera sospesa, tipica d’una città di
confine: nella piazza
Transalpina si passeggia
con un piede in Italia e uno in Slovenia. Il Castello
medievale, con
il suo incantevole borgo, è un vero gioiello. Dai suoi spalti la
vista può spaziare sulle dolci distese di colli e sull’intera
città, dove convivono in modo armonioso architetture medievali,
barocche e ottocentesche.
La borghesia asburgica amava Gorizia
e il suo clima mite: non a caso la città era chiamata la “Nizza
austriaca”.
Incantevoli
i suoi
parchi, come il Parco
Piuma sul
fiume Isonzo, il Parco
del Palazzo Coronini Cronberg -
con piante di tutto il mondo - e
il Parco
Viatori. Grandi spazi ha
anche la cultura, con tanti musei, come il Museo
della moda e delle arti applicate,
il Museo
della Grande Guerra e
la Collezione
Archeologica, il Museo
del Medioevo
Goriziano all’interno
del Castello e la Pinacoteca di
casa Formentini. Fra i molti palazzi storici della città emergono
il Palazzo
della Torre, Palazzo
Attems Petzenstein e Palazzo
Werdenberg, sede della
Biblioteca
Statale Isontina. La
storia della comunità ebraica di Gorizia è raccontata invece
nel Museo
Sinagoga Gerusalemme sull'Isonzo.
Sulle alture della città, in località Oslavia, si trova
l’imponente Ossario
di Oslavia, che raccoglie
le spoglie di soldati italiani ed austro-ungarici caduti durante la
Prima Guerra Mondiale, che specie in occasione del Centenario della
Grande Guerra dovrebbe far riflettere sull’insipienza umana.
Nel quadro della collaborazione tra culture di Italia e Slovenia, e nella reciproca valorizzazione, è sorta a Gorizia la Kulturni dom Gorica, la casa della cultura slovena. Operante dal 1981, la Kulturni dom è un importante centro d’incontro tra le culture slovena, italiana e friulana nel Goriziano. La struttura dispone di una sala teatrale centrale, una sala conferenze, tre palestre e una galleria d’arte. Dunque in questo grande centro culturale, dal 13 maggio al 3 giugno 2016, si è tenuta un’importante mostra del pittore Sandro Gagliardi, nato a Roma ma di origini abruzzesi, che da molti anni vive a Mortegliano, in provincia di Udine. L’esposizione è stato un omaggio che l’Associazione Abruzzesi e Molisani in Friuli Venezia Giulia ha voluto rendere all’artista. Un folto pubblico si era ritrovato nella grande sala espositiva del Kulturni Dom il 15 maggio scorso per il vernissage della mostra. Dopo il saluto del direttore, Igor Komel, che da anni intrattiene rapporti di stretta amicizia con l’Associazione Abruzzesi e Molisani, era stato il presidente del sodalizio, Roberto Fatigati, a dare motivazione dell’iniziativa culturale, promossa nel contesto delle celebrazioni del 25° anniversario dell’Associazione.
Di tale ricorrenza, nella cerimonia
inaugurale della mostra, ha
parlato il presidente
Fatigati,
presentando anche il volume
sui 25 anni di attività del sodalizio, tra cui va annoverata la
mostra, manifestando l’orgoglio per le origini abruzzesi di Sandro
Gagliardi, artista sensibile
e fecondo, che ha trovato in Friuli,
a Mortegliano,
la sua seconda “patria” e una calorosa accoglienza della comunità
friulana. Come infatti hanno testimoniato nei successivi interventi
sia il sindaco di Mortegliano, Alberto
Comand, e che il parroco
mons. Giuseppe Faidutti.
La mostra è stata presentata dal prof. Flavio
Barbina e in lingua slovena
da Vili
Prinčič.
Sandro
Gagliardi
ha nutrito la sua arte con numerosi viaggi in Italia, Grecia, Spagna,
India e Nepal. I paesaggi greci e romani, quelli che rivivono nella
mitologia classica, quelli che oggi si ritrovano nelle preziose
vestigia di quelle grandi civiltà riemerse dagli scavi archeologici,
sono una fonte ricorrente della sua ispirazione pittorica. L’artista
riesce a dargli infatti una nuova vita, una nuova “rappresentazione”
al presente, come hanno sottolineato nelle dotte annotazioni
critiche sull’arte del Gagliardi il prof. Flavio
Barbina e Vili
Prinčič.
Ricco
il catalogo della mostra, in italiano e sloveno, con interessanti
contributi critici e note biografiche dell’artista. L’esposizione
è un intrigante viaggio attraverso la più recente produzione del
“pittore della luce”, come la critica ha definito Gagliardi, e
allarga lo sguardo sulle più profonde predilezioni espressive
dell’artista. Nature morte, paesaggi naturali e architettonici,
monumenti e figure umane, sono ispirazione e soggetti elettivi
dell’arte di Sandro
Gagliardi
che sulla tela riesce a far vivere, con singolare intensità di luce,
un perfetto equilibrio di colori e volumi. Il
personalissimo stile dell’artista, man mano affinato negli anni,
rivela compiutamente nel tratto interessanti colloqui cromatici stesi
a macchie e a strati sulle tele. Il singolare intervento che Sandro
Gagliardi opera sul soggetto, con un sistema lenticolare di figure
geometriche e segni, tratti e rotondità, gli consente di ironizzare
sulla realtà delle cose e dei tempi, mettendone in discussione
certezze e assolutismi, e di denunciare velatamente il forte
relativismo che permea presente e passato.
Nato a Roma nel 1934, genitori abruzzesi di Tagliacozzo (L’Aquila), Sandro Gagliardi ha mosso i primi passi nella capitale, dove ha maturato la sua formazione artistica presso l’atelier d’un grande della pittura italiana del Novecento, Renato Guttuso. Poi ancora, sotto la guida di Ugo Rambaldi, figura di indiscusso prestigio nel mondo delle arti plastiche, il giovane Gagliardi si è avviato sul sentiero dell’arte figurativa, dando prova d’una cifra stilistica nettamente definita e d’una forte indole, come connotano tutte le sue opere. Dopo molti anni di lavoro a Roma, il pittore ha scelto il Friuli come sua terra d’elezione, dove vive da molti anni con una feconda produzione artistica. Le opere di Sandro Gagliardi si trovano in numerose collezioni pubbliche e private, in Italia e all’estero, e in esposizione permanente nel Museo di Palazzo Braschi a Roma, nel Museo di San Leo (Pesaro), nelle Pinacoteche della Provincia di Udine e del Comune di Trieste. Numerosi sono i premi e i riconoscimenti alla produzione di Gagliardi, che di diritto, grazie alla sapiente padronanza degli strumenti pittorici e all’originale espressione figurativa, entra nel catalogo dei più apprezzati artisti contemporanei. La mostra al Kulturni dom Gorica, con il successo di pubblico e di critica che l’ha coronata, segna un altro importante traguardo nei riconoscimenti al valore artistico di Sandro Gagliardi. E per questo va sottolineata la straordinaria opera culturale che l’Associazione Abruzzesi e Molisani in Friuli Venezia Giulia da oltre un quarto di secolo va tessendo, nel valorizzare le migliori espressioni intellettuali d’Abruzzo, Molise e Friuli Venezia Giulia, consolidando quel rapporto d’intensa affinità elettiva tra le genti delle tre regioni e del generoso dialogo tra le rispettive culture.