Giuseppe Ferrara, a 83 anni è morto il regista etico

ROMA - Era un uomo rigoroso ed etico, un tenace lavoratore, un’anima pura, una mente illuminata, un sognatore con l’aura di stupore del bimbo ma sempre con i piedi per terra, un cultore della ricerca più profonda, un messere d’altri tempi, uno degli ultimi partigiani della storia d’Italia e d’Europa, era un fine ed arguto dicitore e conoscitore di storia, arte, politica, sociologia, cultura in genere.
Era ironico, mordace, sardonico, saettante, sempre pronto al dialogo ma mai a cambiare le proprie idee, ferreo nella sua dignità e nelle scelte professionali ed amicali sempre intrise di coerenza e atti d’amore. Era un giornalista incisivo, uno scrittore raffinato e molto colto, era un regista magistrale, l’ultimo figlio del neorealismo italiano, umile nella sua grandezza, viveva per la verità sia nel cinema che nella vita. Era un documentarista attento, a volte certosino, ma sempre alla ricerca della bellezza anche nei fatti e nei misfatti dell’Italia oscura degli ultimi 60 anni. Generoso e vitale, era soprattutto un UOMO LIBERO che mai accettava compromessi. 
Si è spento il 25 giugno, all’età di 83 anni, il grande maestro Giuseppe Ferrara. Il suo cuore ha ceduto mentre era all’ospedale “Umberto I” di Roma. Ha combattuto tenacemente fino alla fine dopo che una lunga malattia degenerativa lo ha afflitto per quattro lunghi anni facendolo entrare ed uscire più volte da numerosi ospedali. Ho avuto l’onore di essere fianco a fianco con Beppe - così voleva essere chiamato dagli amici ed in famiglia - per quasi undici anni. E’ stato per me eccellente Maestro di vita prima di tutto e, poi, anche Maestro di Cinema e di alta Cultura. Mi ha insegnato a sceneggiare, a non giudicare mai, a scrivere meglio, a perdonare, a lavorare sodo, a lottare per le proprie idee di libertà e solidarietà, ad avere fede in se stessi anche nei momenti più difficili, ad essere umile e sempre ricercatori di verità. Lo conobbi in Basilicatadurante un festival di cinema di cui ero portavoce e da allora non ci siamo più lasciati. Era anche, in parte, un temerario brigante lucano. Il papà ed il nonno di Beppe, fiorentino di nascita, erano di Francavilla sul Sinni(Potenza) e, lui di questo era fiero e amava la gente lucana che considerava autentica e solidale. Si sentiva un figlio lucano e, spesso, viaggiavamo insieme da Roma per tornare in Basilicata di cui amava il paesaggio incontaminato e la buona tavola poiché era un’ottima forchetta. 

Amava correre a Villa Pamphili, a Roma, e lo faceva quasi ogni weekend. Spesso viaggiavamo insieme in macchina ed io mi incantavamo ad ascoltare i suoi racconti di Cinema e di vita, di saggezza e verità. Andavamo spesso anche a Napoli che Beppe aveva nel cuore. Lì scrivemmo “I ragazzi del Vesuvio”, un film che mai siamo riusciti a portare a termine. Di Napoli Beppe amava il mare, la pizza, il babà e le storie umane difficili ma ricche di pietas. Grazie a lui ho capito davvero che significa mettere la propria professione di giornalista a favore della legalità. Beppe mi ha insegnato a lottare contro l’imbavagliamento e la mancanza di libertà anche di stampa. Nel 2009 lavorammo insieme ad un progetto di documentario sul Teatro Petruzzelli e sulla storia nebulosa del suo incendio, altro mistero. A lungo fummo ostacolati e mai potemmo finire anche quel lavoro. 

Seppure Beppe sia stato autore di tanti saggi, libri, articoli sulla carta stampata, sceneggiature, regista e autore di oltre cento documentari, di film importanti ed intelligenti come “Il caso Moro”, “Cento giorni a Palermo”, “Giovanni Falcone”, “I banchieri di Dio”,  il mondo della Cultura e della Politica italiani poco lo hanno sostenuto, soprattutto negli ultimi anni, lasciandolo spesso solo ed emarginato anche se lui ha fatto tanto per il nostro Paese che però più volte mi diceva essere “...un’italietta spenta e senza speranze” in cui non credeva più. Ha passato gli ultimi anni della sua vita, soprattutto dopo la malattia, con accanto pochi veri amici ed i familiari. Grande Donna della sua vita, che gli è stata vicino fino all’ultimo respiro, è stata sua moglie Candy con amore immenso, giorno dopo giorno, non abbandonandolo mai e dandogli ancora più vita. Beppe avrebbe voluto fare tanto e tanto altro ancora, instancabile e mordace come era: nel 2011 avevamo rifondato la “Coop NCD”, la sua cooperativa cinematografica storica. Dovevamo realizzare ancora tanti progetti. Fui onorata perché mi affidò le sue memorie, i suoi racconti di una vita, frutto di tre anni di lavoro che speriamo possano venire alla luce perché la storia di Beppe merita sempre e sempre più voce. 

Il 15 luglio 2012 organizzammo la festa per i suoi 80 anni alla Casa del Cinema di Roma: fu felice al punto di piangere come un bambino circondato  dai suoi amici, dai suoi familiari, da suo figlio Gaetano e suo nipote Martino, da tutti gli attori che diresse ed era presente anche il Maestro Ettore Scola che aveva una grande ammirazione per Beppe. Nel 2013 chiuse definitivamente la sede storica della cooperativa cinematografica “Coop NCD” a piazza Mancini n. 4, a Roma, laboratorio per la nascita di tanti film e progetti nonché luogo di incontro per scrivere e dialogare. Fu per lui un grande dolore. Da lì iniziarono tanti problemi, oltre la malattia, anche i disagi economici, gli abbandoni e le prese in giro, ma Beppe continuò con dignità e fervore, senza mai mollare, il suo cammino socio-culturale di cavaliere strenuo di valorizzazione della Cultura e della ricerca cinematografica e documentaristica.  Si lavorò per fargli ottenere l’assegnazione dei fondi previsti dalla legge Bacchelli e questo gli diede un po’ di sollievo. 

Alla chiusura della cooperativa a Piazza Mancini Beppe depositò i 5000 volumi della sua libreria personale in un luogo anonimo affidandoli a personaggi che hanno deluso le aspettative. Il Maestro voleva donare quei volumi alla Città di Roma e, soprattutto, agli studenti di Arte e Cinema poiché amava il confronto con i giovani, amava insegnare ma soprattutto imparare da loro. A breve la libreria “Giuseppe Ferrara” verrà aperta nel cuore di Roma e tanti giovani potranno usufruirne. Glielo abbiamo promesso! E’ stata la sua ultima grande volontà! Andavamo anche a Teatro insieme e lui spesso si commuoveva, soprattutto quando vedevamo la mia opera teatrale del cuore “Il Gabbiano” di Cechov al Teatro Vascello di Roma con la regia del compianto Giancarlo Nanni. Lo voglio ricordare come un gabbiano che si libra in un cielo terso e pieno di luce sul Tevere ma anche sul mare, che dipinge in volo origami vibranti con le sue ali lasciando scie di verità e, soprattutto, di libertà che tutti, alzando gli occhi, sempre porteranno impresse nell’anima.  Mariangela Petruzzelli              
Fattitaliani

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