Ho letto da qualche parte
che Palazzo Recupero di Martina Franca si caratterizza per il rosso
pompeiano spalmato sulla facciata e che è stato ultimato tra la fine
del Settecento e l’inizio del secolo successivo. Il professor
Francesco Lenoci mi ha descritto gli interni con l’entusiasmo che
gli è congeniale.
Io purtroppo questo
edificio non l’ho mai visto. Ma mi propongo di colmare al più
presto la lacuna. Anche perché ne sento tanto parlare, soprattutto
per il salotto culturale che Teresa Gentile vi ha da tempo insediato.
Ed è di questo che ho voglia di parlare, perché mi piacciono i
luoghi in cui le persone si incontrano, discutono, offrono le proprie
esperienze e ne ricevono, si confrontano, si raccontano con
schiettezza, espongono le opere che hanno realizzato e meditano su
quelle degli altri.
In una società come la
nostra, disarticolata, poco comunicativa, in cui molti di noi
sembrano deserti senza oasi, il salotto di Teresa è da ammirare. Vi
si ritrovano poeti, come Benvenuto Messia, Cinzia Castellana,
Giovanni Nardelli, Antonio Martino Fumarola, Rosa Muraglia, Rosa
Maria Vinci, Francesco Locorotondo…; insegnanti; giornalisti, come
Regina Resta; musicisti e cantanti, come Egidio Cofano, Gianni
Nasti….; pittori, come Enza Zizzi….
E anche ex presidi, come
Marino Ceci, che canta, suona il pianoforte e altri strumenti, ha
diretto “band” e aspira a comporre una colonna sonora per un film
(gli auguro di realizzare il sogno). Lo stimo molto e gli voglio
bene: sentimento dovuto anche al fatto che, quando lui aveva cinque
anni e io dieci, abitavamo uno di fianco all’altro. L’ho
ritrovato dopo settant’anni e passa, e mi ha ricordato che non
giocavo mai con lui. Come potevo? Ero un piccolo campione alla
“livoria”, che si svolgeva sul marciapiede di fronte, in terra
battuta e più largo della strada, e lui non aveva l’età per
gestire le sfere d’acciaio di provenienza americana.
Superata la divagazione,
torno al salotto di Teresa, una signora dalla voce carezzevole,
capace di sorrisi luminosi.
Ho seguito tramite
cellulare da Milano, per una decina di minuti, la serata del 30
dicembre, dedicata alla presentazione del volume “Scrigno di
emozioni”, prodotto appunto dal salotto. E ho ascoltato le ultime
battute del mio amico Francesco Lenoci, incaricato di esporre questo
libro polifonico: ricco di versi, testi in prosa, fotografie, dipinti
di Grazia Annicchiarico, Antonietta Cantore, Isabella Casaluce,
Immacolata Zabatti….; un interessante testo di Piero Marinò su
“Martina barocca e rococò”; una silloge di Giovanni Monopoli
“Viaggio nella natura”; l’immaginifico racconto di Francesco
Lenoci “Se don Tonino Bello visitasse Expo 2015”; giudizi,
commenti, biografie….
Francesco Cofano ricorda
le poesie scritte nel 1923 dal suocero, di professione barbiere,
dalle quali si deduce che all’epoca gli artigiani recitavano versi
o suonavano strumenti musicali, inducendo i giovani a creare “ogni
forma di bellezza, perché essa si mutasse in rispetto e quotidiana
conquista interiore….”.
Leggo con piacere di
Cinzia Castellana “L’alba di un giorno nuovo” (“Si mostrò
così l’amore/ quando sulla terra/ decise di regnare…”) e “I
ficazzèdde”, seguiti da “Nu zùnbe addrète”.
Osservo Benvenuto Messia
in una significativa immagine che lo coglie con Lino Banfi in una
scena dello sceneggiato televisivo “Un medico in famiglia”; e
assaporo il suo “Ecologia è vita”. Poliedrico Benvenuto,
simpatico, divertente, mattatore.
Giovanni Nardelli celebra
il vino e gli scalpellini di Martina, veri artisti della pietra, e
traduce in versi il lavoro del garzone del caffè.
Sono tante le
composizioni contenute in questa interessante antologia. Vi
incontriamo anche autori stranieri, come la poetessa albanese Kizela
Kurushi; Muachigombana Massingue, che vive in Mozambico; Ana Stoppa,
“alter ego” brasiliana di Teresa Gentile.
“Scrigno di emozioni”,
nelle sue 315 pagine in carta patinata accoglie scritti in lingua e
in dialetto, facendo la felicità di Francesco Lenoci, docente
all’Università Cattolica e “patriae decus” della città del
Festival, del Rococò, del Capospalla, del Capocollo. . . .Qui
giustamente ne è stato tracciato il profilo di professore
eccellente, martinese doc, diffusore itinerante di cultura, artefice
su Facebook di un gruppo di innamorati come lui del dialetto, di
tutti i dialetti Ogni occasione per lui è buona per esaltare il
dialetto, seguendo il cammino poetico di autori di notevole valore:
sia che ridestino il proprio passato, sia che cantino l’amore, sia
che esprimano la rabbia o l’amarezza per un mondo che si capovolge,
sia che decantino la bellezza che ci è stata regalata da Dio, sia
che invochino l’integrazione sociale….
Teresa Gentile li riceve
con grazia. Grande è il suo merito di aver fatto di Palazzo Recupero
un laboratorio, una fucina, deve i poeti declamano le proprie opere,
cantano, danzano (come Cinzia Castellana). Marino Ceci, richiesto e
applaudito, suona al piano i suoi brani e quelli classici; Benvenuto
Messia recita i suoi versi brillanti, come quelli dedicati ai
“cappottari”, o al marito “nobilitato” dalla moglie, con una
classe raffinata. Ho ancora nelle orecchie il ritmo della poesia di
Giovanni Nardelli sulle “pàlle ‘mbucàte” (come a Taranto si
indicano ironicamente le polpette)….
La sera precedente quella
di fine anno Palazzo Recupero era più affollato del solito: il
pubblico straripava. Se si vuole davvero migliorare il mondo, ha
detto Francesco Lenoci, occorre stare vicini gli uni agli altri,
progettando insieme, camminando insieme, sacrificandosi insieme. Il
dialogo è importante, l’ascolto dell’altro aiuta a cambiare le
coscienze, a realizzare la “convivialità delle differenze” tanto
cara a don Tonino Bello. Ecco il significato del salotto culturale di
Palazzo Recupero, un meraviglioso progetto per chi crede nella luce
del suo talento e, con umiltà, sa acuirlo, per esprimere al meglio
la sua idea di bellezza.
Franco Presicci