Cinema, "The Revenant" di Alejandro González Iñárritu con uno splendido Leonardo Di Caprio. La recensione di Fattitaliani

(contiene spoiler) Ognuno il proprio immaginario se lo costruisce come può e con quello che gli offre il proprio tempo e, prima ancora di agire con consapevolezza e scelte mirate, molto fa la casualità.
Prima ancora dei manuali di scuola la mia generazione deve la conoscenza dell’America del Nord e della sua epopea storica a letture disordinate che spaziavano nella sterminata letteratura di Salgari (tra cui la famosa Trilogia del Far West e non solo) alla impareggiabile fonte del fumetto degli anni Sessanta e Settanta (tra cui Il Grande Blek, da noi meglio conosciuto come Blek Macigno o l’immenso Tex Willer di Bonelli e Galeppini). Poi incominciammo ad essere aiutati dal cinema, ereditando dai gusti dei padri l’indimenticabile Passaggio a Nord-Ovest (1940) di King Vidor e da alcuni prodotti a noi più vicini come Il piccolo grande uomo (1970) di Arthur Penn o come Corvo Rosso non avrai il mio scalpo (1972) di Sydney Pollack. Insomma i favolosi trappers, il mondo dei cacciatori e degli esploratori, dei mountain man o, meglio ancora, dei frontiersman per noi avevano le sembianze di Spencer Tracy o di Robert Redford o i volti scolpiti dalla matita di Aurelio Galeppini o dai disegnatori della EsseGesse.

Non possiamo che accogliere con entusiasmo, a definitivo completamento del nostro immaginario, l’ultimo film di Iñárritu, The Revenant, tratto da un romanzo di Michael Punke, recentemente pubblicato in Italia dall’editore Einaudi. Il regista messicano ricostruisce un’onirica avventura attraverso il Nord Dakota - lo stesso milieu che i fratelli Coen utilizzano per Fargo - nel quale il trapper Hugh Glass (personaggio realmente esistito tra la fine del Settecento e l’inizio del XIX sec., eroe della mitologia western, secondo la sempre più incalzante moda di convincere lo spettatore che si troverà di fronte a una true story) e il suo giovane figlio Hawk, nato dal matrimonio con una donna indiana della tribù dei Pawnee, guidano una rischiosa spedizione americana a caccia di animali da pelliccia. Glass conduce il gruppo nei pericolosi territori indiani con maestria più da autoctono che da bianco, anche se la presenza del figlio avuto con una Pawnee scatena non pochi pregiudizi tra quei violenti avventurieri. Il trapper viene gravemente ferito da un’orsa e il comandante della spedizione, già decimata da un violento attacco indiano, paga due suoi uomini perché restino con lui per aiutarlo a guarire, ma uno dei due, sicuro che l’uomo sarebbe morto a causa delle ferite riportate, gli uccide il figlio meticcio e lo abbandona a se stesso. Rimasto solo e senza armi per difendersi, Glass tenterà di riprendersi e di percorrere infinite distanze nel nulla dell’inverno nordico per inseguire il miraggio della sopravvivenza e della vendetta.

Iñárritu, il regista della cosiddetta Trilogia sulla Morte (Amores perros, 21 grammi e Babel) e di Birdman, che ci aveva incantato con i suoi deragliamenti temporali e i montaggi mozzafiato, ritrova in questa sua nuova opera la linearità del tempo, interrotto solo da improvvisi flachback che riportano in superficie i frammenti di un dramma – l’incendio di un campo indiano in cui muore la moglie di Glass e viene ferito il figlio – tra i deliri diurni e notturni dell’ormai moribondo protagonista. Oceani di conifere ondeggianti, monocromi distese innevate, montagne invalicabili battute da valanghe e fiumi impetuosi ci riportano all’idea della natura incontaminata, violenta e primordiale della letteratura di Jack London, ma il senso di scacco, di paralisi esistenziale, di zona d’ombra dell’esistenza richiamano alla letteratura di Joseph Conrad e alle sue famose rivisitazioni cinematografiche.

La natura diventa qui un umido e fangoso labirinto in cui tutti cercano qualcosa e, quando per caso uomini o animali si incontrano, scatta la lotta per la vita: l’orsa che difende la prole e il proprio territorio, i gruppi di cacciatori americani e francesi pronti ad ogni sorta di violenza, le due tribù indiane – i Ree e i Pawnee – che, dotate di saggezza antica, cercano di sopravvivere a volte provando a commerciare con i bianchi, altre volte attaccandoli per non essere attaccati. Non vi è differenza tra uomo bianco e pellirossa, sono tutti selvaggi in quel contesto, si vestono allo stesso modo, si muovono con le stesse movenze, compaiono e scompaiono tra le nebbie del sottobosco, tra la pioggia incessante o i bianchi riverberi della neve battuta dal vento. E tutti cercano sempre qualcosa che non trovano o che perdono momentaneamente o che hanno ormai perso per sempre. Sembra non esserci scampo per nessuno e la sopravvivenza si annida soltanto nella capacità di farsi natura di Glass, di abbracciare mortalmente l’orsa feroce diventando un tutt’uno con lei e vestendosi di pelle d’orso quasi riprendendone le sembianze, nella disperazione di riemergere dalla terra come un vero revenant della miglior tradizione horror, nel farsi scivolare nelle acque del fiume gelido, nel cauterizzarsi le ferite col fuoco, nel seppellirsi di neve, nel ripararsi nelle viscere sanguinanti di un cavallo stramazzato. È l’epopea di un viaggio affrontato dal protagonista sempre in una sorta di delirio febbricitante, provato dalle ferite devastanti, accompagnato ritmicamente dalle memorie dei propri lutti, guidato dalla sua forza di volontà e dall’inestimabile dono del rancore. A Di Caprio non serve neanche una recitazione verbale, visto che tutto si svolge attraverso i suoi gesti, i suoi sguardi e suoi flebili rantoli di revenant - sarebbe veramente ora di premiarlo con l’Oscar!

Col passare dei minuti, l’epopea si tinge sempre più di epica antica, di vera e propria odissea leggendaria: dalla morte della moglie e del figlio al tradimento del compagno, dall’abbandono alla solidarietà tra i perdenti, dalla magia sciamanica dell’uomo primordiale all’animale feroce che si fa mostro, fino alla vendetta. E un unico grande monito su tutto: la vita non ci lascia finché non l’abbandoniamo noi.


Cesare G. Albertano
Fattitaliani

#buttons=(Accetta) #days=(20)

"Questo sito utilizza cookie di Google per erogare i propri servizi e per analizzare il traffico. Il tuo indirizzo IP e il tuo agente utente sono condivisi con Google, unitamente alle metriche sulle prestazioni e sulla sicurezza, per garantire la qualità del servizio, generare statistiche di utilizzo e rilevare e contrastare eventuali abusi." Per saperne di più
Accept !
To Top