L’OPERA
IN BREVE di
Claudio Toscani dal
programma di sala del Teatro alla Scala
Sono
trascorsi oltre centoquindici anni dalla sera in cui Arturo
Toscanini, al Teatro Regio di Torino, diresse la prima
rappresentazione della Bohème.
Da quel 1° febbraio 1896, l’opera pucciniana continua ad attrarre
il pubblico dei teatri di tutto il mondo. Non è solo il fascino
indefinibile delle sue melodie ad assicurarne il persistente
successo. Il tema portato sulle scene da Puccini è di quelli che
sanno parlare alle epoche e alle generazioni più diverse: la storia
dei bohémiens
che affrontano fame e freddo con il sorriso sulle labbra è una
rappresentazione metaforica della giovinezza, la cui allegria
spensierata non è ancora stata spenta dalle asprezze della vita; lo
scontro tra le illusioni, i sogni, le speranze di gioventù e la dura
realtà dell’esistenza è un tema universale, nel quale chiunque
può facilmente rispecchiarsi.
Puccini
trasse la materia prima per l’opera dalle Scènes
de la vie de bohème,
il romanzo incentrato sulla vita di giovani artisti nella Parigi del
1840, che Henri Murger aveva pubblicato a puntate su Le
Corsaire
tra il 1845 e il 1848, ricavandone anche, con la collaborazione di
Théodore Barrière, una pièce teatrale di grande successo. Puccini
aveva incaricato Luigi Illica e Giuseppe Giacosa di realizzare, sotto
la sua stretta sorveglianza, un libretto d’opera; ma non era stato
il solo ad avere l’idea. Prima di lui ci aveva pensato Leoncavallo,
che già s’era messo al lavoro per ricavare un’opera dallo stesso
soggetto (tanto che a un certo punto divenne inevitabile la polemica
tra i due compositori e tra le rispettive case editrici, Ricordi e
Sonzogno). Fu comunque Puccini a terminare per primo il lavoro e a
farlo rappresentare, condannando in breve tempo all’oblio la Bohème
concorrente.
Dal
piano originale, elaborato da Illica, Puccini eliminò la scena della
festa nel cortile della casa di rue Labruyère, nella quale Musetta
avrebbe dovuto avere ampio spazio (la scena che Leoncavallo, invece,
aveva conservato: nella sua opera costituisce il secondo atto). Ciò
gli permise di ottenere quella perfetta simmetria di proporzioni,
quell’equilibrio che della Bohème
sono
la cifra distintiva. Per la drammaturgia dell’opera, infatti, è
fondamentale la mescolanza tra le scene di vita spensierata e la
tragedia; nel primo quadro, alla scena dell’allegra e precaria vita
bohémienne
succede il lirismo della scena amorosa, che si ribalta di nuovo
nell’animata scena di folla del secondo quadro. E ancora più
evidente è il contrasto nel quarto quadro, dove l’allegria
simulata dei quattro amici si rovescia improvvisamente nel dramma
all’apparire di Musetta e Mimì. La perfetta maestria di Puccini
nell’alternare episodi leggeri e momenti tragici, del resto, è
supportata da un libretto magistrale, nel quale lo stile aulico
(quasi sempre impiegato con un distacco ironico) è mescolato a un
lessico comune e
familiare, e la versificazione mostra estrema flessibilità e
morbidezza. Ne risulta un’opera lontana sia dal grande dramma
romantico sia dalla tradizionale opera comica; l’effusione
sentimentale e l’elemento tragico sono bilanciati da episodi più
leggeri, che tengono lontani sia il sentimentalismo sdolcinato sia il
pathos estremo.
***
La
storia raccontata dalla Bohème
non
si sviluppa secondo un intrigo vero e proprio. Gli amori di Rodolfo e
Mimì sono il tenue filo che lega i quattro quadri, un filo fragile
come la felicità dei protagonisti, minata da miseria e malattia. Per
il resto, non vi si trovano che eventi molto comuni: quattro giovani
artisti che vivono alla giornata sognando la gloria e la fortuna, due
coppie che si formano e si separano, una giovane che muore di
tubercolosi (per effetto delle condizioni in cui vive la sua classe
sociale, non in conseguenza della trama). Anche l’incontro tra
Rodolfo e Mimì scaturisce dalla più comune delle situazioni – la
vicina che chiede di riaccendere la candela spenta – e tutto
procede tra piccoli eventi della vita quotidiana e piccoli oggetti,
come la cuffietta di Mimì o la vecchia zimarra di Colline. La
quotidianità, dunque, è posta al centro dell’opera: è in queste
situazioni, in ciò che esse hanno di banale e di ordinario, che
risiede la novità della drammaturgia della Bohème.
L’amore di Rodolfo non è la grande passione eroica dei tenori
romantici; nel suo lirismo vocale non si avvertono né la veemenza di
Tosca
né la solennità di Turandot,
bensì una morbidezza e una semplicità da tono medio, un intimismo
lontano dalle forzature del canto verista, accenti appassionati ma
non enfatici. I personaggi della Bohème
non
muoiono da valorosi nell’impossibilità di realizzare un ideale
assoluto: li avvertiamo vicini a noi perché la loro felicità è
effimera, fragile com’è e legata alle piccole cose; da qui il
senso profondo di nostalgia che si lega a un’opera nella quale
vediamo sogni e speranze di gioventù infrangersi contro la vita e
trasformarsi in rimpianto.
La
quotidianità di personaggi e situazioni ha un corrispettivo nel
linguaggio musicale impiegato da Puccini. La Bohème
predilige gli slittamenti morbidi tra i piani armonici, rifugge le
rotture violente, muove le melodie per gradi congiunti, è discreta
negli interventi strumentali. Il canto è attento alle inflessioni
del parlato – anche nei momenti in cui assume la periodicità e la
quadratura melodica della tradizione melodrammatica italiana –
tanto da farsi sovente una sorta di “prosa” musicale nella quale
si mescolano, in una dose indefinibile, sentimentalismo, erotismo e
malinconia. Altrettanto indeterminati sono i numerosi motivi
ricorrenti, che creano o ricordano un’atmosfera più di quanto non
definiscano un personaggio o una situazione. Questi motivi assicurano
l’omogeneità dell’insieme, permettendo a Puccini di mantenere
una sostanziale unità narrativa al di là dell’articolazione per
blocchi; ma sono privi di un significato preciso, né vengono
sviluppati o variati secondo la logica della costruzione sinfonica:
il loro impiego, dunque, risponde più a ragioni coloristiche e
impressionistiche che strutturali. Per la leggerezza di scrittura,
poi, per il brio ritmico e per la vivacità dei dialoghi, la Bohème
guarda all’opera comica e soprattutto alla grande lezione di
Falstaff,
del quale condivide lo sguardo ironico e disincantato per certi temi
della drammaturgia romantica e dell’intera tradizione
melodrammatica italiana.
Nella foto: La bohème / Quadro I / Vittorio Grigolo (Rodolfo), Massimo Cavalletti (Marcello)
@ Marco Brescia & Rudy AmisanoStagione d’opera e balletto 2014~2015
19,
22, 25, 26, 28, 29, 31 agosto ~ 2 settembre 2015
LA BOHÈME
Opera
in quattro quadri
Musica
di GIACOMO
PUCCINI
Libretto
di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
(Nuova
edizione riveduta sulle fonti originali a cura di Francesco Degrada;
Edizioni
Universal Music Publishing Ricordi srl Milano)
Prima
rappresentazione: Teatro Regio di Torino, 1 febbraio 1896
Prima
rappresentazione al Teatro alla Scala: 15 marzo 1897
Allestimento del Teatro alla Scala (1963)
Direttore
GUSTAVO
DUDAMEL
Regia e scene FRANCO ZEFFIRELLI
Regia
ripresa da MARCO
GANDINI
Costumi PIERO TOSI
Ripresi da ALBERTO SPIAZZI
ORQUESTA
SINFÓNICA E CORO NACIONAL JUVENIL SIMÓN BOLIVAR
Maestro
del Coro LOURDES SÁNCHEZ
Personaggi
e interpreti principali
Rodolfo Vittorio Grigolo (19,
22, 25, 28, 31 agosto)
Ramón Vargas (26, 29 agosto;
2 sett.)
Mimì Maria Agresta (19, 22,
25, 28, 31 agosto)
Ailyn
Pérez (26, 29 agosto; 2 sett.)
Musetta Angel Blue
Marcello Massimo Cavalletti
(19, 22, 25, 28, 31 agosto; 2 sett.)
Gabriele Viviani (26, 29 agosto)
Colline Carlo Colombara
Schaunard Mattia Olivieri
Benoît Davide Pelissero
Alcindoro Matteo
Peirone
Date:
Mercoledì
19
agosto 2015 ore 20 ~ prima rappresentazione
Sabato
22
agosto 2015 ore 20 ~ fuori abbonamento
Martedì
25
agosto 2015 ore 20 ~ ScalAperta
Mercoledì
26
agosto 2015 ore 20 ~ fuori abbonamento
Venerdì
28
agosto 2015 ore 20 ~ fuori abbonamento
Sabato
29
agosto 2015 ore 20 ~ fuori abbonamento
Lunedì
31
agosto 2015 ore 20 ~ ScalAperta
Mercoledì
2
settembre 2015 ore 20 ~ fuori abbonamento
Prezzi:
da 230 a 14 euro
Prezzi
ScalAperta: da 115 a 7
euro
Per informazioni: tel. 02 72 00
37 44