Dalle
aziende alle celebrities, dalla politica allo sport, l’autoironia è
diventata sinonimo di popolarità e consenso anche grazie all’avvento
di social network e video virali. Una tendenza inarrestabile che vede
uomini di potere, aziende e vip ridere sempre più di loro stessi,
con l’obbiettivo di creare un legame più intimo con opinione
pubblica e consumatori.
Celebrata
sin dall’antichità come qualità distintiva delle più nobili e
stimabili personalità, nel corso degli ultimi anni l’autoironia
è diventata il simbolo di una strategia comunicativa di successo,
capace di attrarre il
grande pubblico verso personaggi e aziende che
la praticano come una religione. Da Barack
Obama protagonista
di un video in cui si scatta un
selfie facendo le smorfie,
a Ben Stiller,
alias Zoolander,
che prende in giro la
moda proprio nel tempio delle passerelle di Parigi
con il beneplacito della maison Valentino, la
tendenza di e marchi e personaggi celebri di ridere di stessi è
sotto gli occhi di tutti.
Un trend in continua ascesa, che ha portato ad esempio Maxibon
a creare una web
series che racconta delle ossessioni dell’azienda stessa, facendo
autoironia sui meccanismi che regolano il marketing,
in grado di stravolgere la trama del film di un giovane regista alla
ricerca di sponsor. Dai media tradizionali ai social network,
l’autoironia
permette quindi a tutti i livelli di sdoganare la propria immagine,
che diventa improvvisamente protagonista di video e foto da milioni
di visualizzazioni.
È
quanto emerge da un monitoraggio condotto da
Found!
sulla
rete e i principali
social network, blog, forum e community, per
scoprire le
nuove frontiere del marketing a livello internazionale.
Se
già per il celebre filosofo Blaise
Pascal “Farsi
beffe della filosofia vuol dire essere un vero filosofo”, per il
Premio Nobel Hermann
Hesse “Ogni
sublime umorismo comincia con la rinuncia dell'uomo a prendere sul
serio la propria persona”. Sono
solo alcuni degli spunti fatti propri nella società contemporanea
dai guru del marketing,
che hanno scelto lo
humor come modus operandi per attirare l’attenzione di un pubblico
sempre più ampio,
trasformandolo così in una
vera e propria community.
La self-irony quindi viene utilizzata come
mezzo comunicativo per creare relazioni
e attraverso il quale un
soggetto riesce ad esprimere se stesso superando i propri limiti e i
propri difetti, raggiungendo audience sempre più ampie.
Una
strategia comunicativa che è oramai alla base di ogni campagna
elettorale del mondo occidentale
dove, grazie all’ausilio dei social network, è diventata elemento
di viralità e di attrazione dell’elettorato.
E’ il caso del presidente degli Stati Uniti Barack
Obama, che dell’applicazione dell’autoironia ne ha fatto uno
stile caratterizzante.
Oltre ai video che lo ritraggono in situazioni buffe della vita
quotidiana, è celebre
l’episodio della macchia di rossetto sulla camicia durante un
ricevimento alla
Casa Bianca: l’abilità del Presidente è stata quella di
concretizzare una
semplice interazione in un vero e proprio evento mediatico,
sottolineando il difetto
durante i saluti ufficiali agli ospiti provocando grande ilarità e
affezione. In Italia questa strategia è diventata cavallo
di battaglia dell’ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi,
che spesso ha riso di se stesso facendo riferimento alla sua altezza
o alla sua età, ma
anche dal PD,
che in occasione delle primarie del 2012 raffigurò
sul proprio portale ufficiale i 5 candidati nelle vesti dei
“Fantastici
4” e
“Silver
Surfer”
della Marvel.
Dalla politica al marketing il
passo è breve. Dalla scelta di personaggi celebri e testimonial di
eccezione, che mostrano tout court le qualità del prodotto e ne
celebrano i vantaggi rispetto ai concorrenti, la
strategia delle aziende sta virando sempre di più verso lo humor
marketing, una
strategia di comunicazione che prevede la creazione di scene comiche,
fino al punto di
prendere in giro il prodotto stesso, in grado di diffondere i propri
valori non più come
un mero elenco di caratteristiche, ma come
visione più elastica e motivante della realtà, attraverso una sorta
di empatia umoristica che può creare viralità.
Come esempio si può far riferimento alla nuova
campagna di Maxibon (https://www.youtube.com/watch?v=Wt9ftvf6ceI),
che racconta in
chiave ironica le ossessioni che caratterizzano la vita dell’azienda
stessa: un giovane
film-maker in cerca di sponsor che producano il suo film incontra il
direttore marketing di Maxibon, che decide di finanziare il progetto
a patto che il prodotto compaia praticamente in ogni scena; il
regista accetta, ma la sceneggiatura verrà completamente ribaltata e
anche il titolo verrà modificato in un banalissimo “Ho
sognato Manuela”.
Emblematico
anche il caso
dell’Hans
Brinker Budget Hotel di
Amsterdam, che per
promuoversi ha scelto di autodefinirsi la struttura alberghiera
“peggiore del mondo”
in una sorprendente campagna pubblicitaria con cui ha
saputo trasformare una pessima reputazione in un valido argomento
pubblicitario che ha creato viralità.
L’autoironia è al centro anche della campagna
pubblicitaria per il centenario delle Ferrovie
dello Stato,
nella quale il
“regista” Ricky Tognazzi non riesce a girare le scene del proprio
film con Neri Marcorè e Stefania Rocca, una
realizzazione in cui tutto va storto… proprio a causa dei ritardi
dei treni e dell’affollamento dei vagoni, difetti evidenziati
dall’azienda stessa,
la quale ha voluto
renderli oggetto di autoironia per raccogliere l’approvazione
dell’opinione pubblica.
Allo
stesso modo le grandi squadre sportive fanno
sempre più uso
dell’autoironia per
promuovere il proprio marchio in giro per il mondo
attraverso il web e i social network.
Basti pensare al fenomeno
dell’Harlem Shake, un video comico della durata di circa 30
secondi, che partendo dall’NBA negli Stati Uniti nel 2013 ha
contagiato anche le più grandi squadre italiane,
come la Juventus:
in un video da quasi 6 milioni di visualizzazioni i
calciatori bianconeri abbandonano i panni seriosi della conferenza
stampa per travestirsi da personaggi dei cartoni animati o con
maschere goliardiche
ballando totalmente a caso. Come sempre stile
e autoironia si fondono
grazie alle idee di
Valentino Rossi: in
occasione del GP del Mugello del 2013 il pilota 9 volte campione del
mondo ha indossato un
casco raffigurante una tartaruga, scherzando del fatto che in quel
periodo era molto più lento dei suoi dirimpettai Lorenzo, Marquez e
Pedrosa, che lo
precedevano sui tracciati di tutto il mondo.
Ma
l’autopromozione
tramite lo humor praticato su se stessi è diffusa anche per
ravvivare o mantenere la fama di personaggi famosi,
come gli attori di Hollywood. Se il regista statunitense Woody
Allen ci ha costruito una carriera,
fatta di aneddoti autoironici come “A casa mia il capo sono io. Mia
moglie è solo il decision maker” o “Ho visto la morte in faccia,
e non è stato bello. Ma lei ha visto me, ed è fuggita via a gambe
levate”, George
Clooney addirittura ironizza sulla maggiore intelligenza della
moglie, dichiarando
ai media che “Amal è quella intelligente della coppia”,
suscitando viralità sui media e online. In
Italia succede anche che personaggi
sconosciuti o comunque agli albori della propria carriera come
l’attrice della
serie tv “1992”
Tea Falco,
diventino noti grazie
ai loro difetti, coi quali giocano loro stessi per ampliare la
propria notorietà:
subissata dalle critiche sui social network sulla propria pronuncia,
la giovane interprete
ha scelto l’ironia per rispondere alle accuse confezionando un
video di soli quattordici secondi diventato subito un cult in rete
da cui sono scaturiti anche hashtag entrati nelle tendenze di
Twitter.
Anche
il mondo della musica è stato influenzato da questa tendenza.
Basti pensare al profilo Facebook di Gianni
Morandi, che può
contare su oltre 1,5
milioni di like, sul
quale l’artista posta quotidianamente foto
in cui riprende ironicamente la propria vita quotidiana scherzando
con grande autoironia con i suoi followers
ad esempio sulla dimensione delle proprie mani o sulla sua età
avanzata, o addirittura diffondendo un video caricaturale che lo
rappresenta mentre si scatena nella lap-dance: una
strategia che è valsa a Morandi una rinnovata popolarità,
soprattutto tra i
giovani
frequentatori della sua pagina ufficiale.
Un’altra
campionessa della self irony è Emma Marrone:
arrivata solo 21esima all’ultima edizione dell’Eurovision
Song Contest, la
cantante pugliese ha
sfruttato questa sconfitta a fini di marketing, realizzando del
merchandising con il numero del proprio piazzamento e magliette
riportanti le sue frasi in inglese sgrammaticato,
come “To
want is to can”,
che l’hanno portata agli onori della cronaca in quella occasione.
Una pratica molto comune anche oltreoceano, dove il
“Boss” Bruce Springsteen, ospite del programma di Jimmy Fallon,
si è travestito da se stesso per una parodia
del suo successo “Born
To Run”.