La scelta del Grande
Performer, Manuel Frattini, è stata di salire a bordo del treno del
Musical e di successo in successo, ha raggiunto mete sempre più
importanti, frutto di tanta gavetta e merito della grande passione e
di tanta esperienza acquisita nel corso degli anni.
Sindrome da Musical,
unica data a Milano il 18 giugno alle 21. Uno show in cui ripercorri
in maniera ironica il tuo cammino artistico, in che modo?
Hai detto bene, in
maniera ironica, non è uno spettacolo che nasce per autocelebrarmi,
solo sentire la parola mi fa rabbrividire, ma è autoironico, nel
senso che sono realmente affetto da questa sindrome e quindi insieme ai miei amici, in maniera particolare insieme a Lena
Biolcati che ha scritto il testo, abbiamo deciso di fare questo
spettacolo che vuole essere un po’ un omaggio a questo
genere, il musical, che tanto ha dato al pubblico in questi anni ma
soprattutto a me che ho sempre desiderato avere questo tipo di
carriera. Affetto da questa sindrome da musical, gli amici stupidi mi
mandano da una psicologa che dovrebbe guarirmi ed invece ne rimane
contagiata. E’ un percorso attraverso i miei spettacoli e questa
psicologa rimarrà un pretesto per rivivere un numero, una canzone,
tratti da vari spettacoli, non solo quelli che ho interpretato io ma
anche quelli internazionali. Devo dire che è uno spettacolo che ci
ha dato un sacco di soddisfazioni perché il pubblico lo accoglie in
maniera strapositiva, si fanno tante risate, ci si emoziona. Un po’
di quello di cui c’è bisogno in questo momento, c’è bisogno di
distrarsi.
I testi sono stati scritti da Lena Biolcati, le musiche sono quelle originali, la
supervisione è di Stefano D’orazio e ci sono anche gli allievi
dell’Associazione Mirò, Music School, cosa faranno?
In
particolare, in questo musical, avrò il piacere di portare in scena
i ragazzi che hanno fatto il primo percorso di sei mesi di avviamento
al Musical, organizzato dall’associazione con me come Direttore
Artistico. A me sembra molto bello e stimolante, poter regalare a
questi ragazzi l’esperienza del palcoscenico che devi
assolutamente fare perché anche il miglior docente non può
assolutamente insegnare. Quale migliore occasione per poter
“approfittare” di Sindrome da Musical, per far debuttare in scena
questi ragazzi a chiusura di questo primo percorso che hanno fatto.
L’associazione si trova a Sedriano alle porte di Milano, è nata
come scuola di Musica dieci anni fa, si è aperta poi alla
danza ed a tutti gli altri generi. Insieme a Rosa Bulfaro che è la
Direttrice della scuola, la stagione scorsa, abbiamo deciso di
iniziare questo primo percorso di avviamento al Musical, dove io per
la prima volta ho accettato di assumere il ruolo di direttore
artistico e l’ho fatto con tantissimo piacere perché c’è
tantissima passione, i ragazzi sono entusiasti, è tutto molto bello
e mi sta dando un sacco di soddisfazioni ed ovviamente, spero
continuerà a lungo.
A luglio sarai a
Senigallia con Pinocchio...
E’ un titolo che mi ha
dato veramente tanto, riportarlo in scena è davvero un piacere che
oltretutto continuerà perché Pinocchio poi andrà in scena al
Teatro della Luna ad Assago in provincia di Milano, negli ultimi due
mesi dell’Expo e, poi partiremo per un tour.
Nel 2009 hai portato
Pinocchio in Corea, nel 2010 a New York: che impatto ha avuto sul
pubblico straniero?
Innanzitutto la
soddisfazione di essere il primo spettacolo italiano al 100% a
varcare i confini. In Corea nello specifico, abbiamo debuttato in un
teatro che fino a quel momento era stato aperto esclusivamente
all’Opera. Non sapevamo che tipo di accoglienza avremmo avuto dai
coreani abituati a questo genere, invece c’è stato un tifo da
stadio. Una cultura completamente diversa dalla nostra ma che ha
apprezzato tantissimo lo spettacolo. Che dire di New York? Non
accadeva da quarantasei anni che uno spettacolo italiano tornasse lì,
antesignani erano stati Garinei e Giovannini che nel 1964, avevano
portato Rugantino. L’emozione è stata davvero grande. Il pubblico
americano come ben sai, è abituato a vedere in ogni angolo della
loro città, spettacoli magnifici. Noi anche con la nostra
semplicità, siamo riusciti a conquistare il cuore degli americani ed
a portarcene a casa un pezzettino. I loro commenti sono stati
fantastici ed un performer italiano non “potrebbe chiedere di più
dalla vita”.
Pinocchio, Cercasi
Cenerentola, Peter Pan, è un modo per sentirsi ancora bambini?
Assolutamente sì! Se
torniamo alle sindromi varie io sono realmente affetto dalla Sindrome
di Peter Pan. Sono decisamente un mancato adulto. C’è una frase
bellissima che dice: “Non si smette di giocare quando si
invecchia ma si invecchia quando si smette di giocare”. Ed è
verissimo, in questo caso mi sento piacevolmente responsabile di aver
in qualche modo lanciato il genere “fiaba-Fantasy” in Italia. Da Pinocchio sono arrivati poi tanti altri titoli oltre a quelli citati
“Aladin, Robin Hood” che meraviglia. I personaggi li ho un po’
esauriti, adesso non saprei quali altri interpretare ma ho un
Pinocchio davanti a me che mi aspetta ed intanto, sarò felice di
riprendere quello.
Hai avuto il” Premio
Arca d’argento” per la tua straordinaria capacità d’interpretare
e promuovere il Musical in Italia. E’ una dote innata o acquisita?
D’innato
c’è la passione, l’amore sfrenato per questo genere che ho
sempre avuto, malgrado sia nato in un paese che non ha la cultura per
questo genere. Incomincia ad averla ma siamo ancora lontani dal poter
dire che fa parte della nostra tradizione, speriamo che lo sia un
giorno. Il resto lo si è raggiunto con l’esperienza. Sono un
sostenitore della gavetta, credo che sia proprio indispensabile e per
quello che mi riguarda quando questo treno del musical è arrivato,
in qualche modo - spero di non essere presuntuoso - avevo il biglietto
in mano per saltare su questo treno. La preparazione e tutto il
resto, è arrivata un po’ sul campo perché ho iniziato il mio
periodo formativo in un periodo non sospetto in Italia per il
Musical. Non c’erano le Accademie come adesso che preparano gli
artisti a trecento sessanta gradi come il genere richiede. La mia
palestra è stata il palcoscenico e chiaramente ogni spettacolo mi ha
aiutato a crescere, ad alimentare questa dote ed a migliorare sempre
di più.
Elisabetta Ruffolo