Femminicidio di Irene Focardi, lo psichiatra Cucchi: Gli uomini sfogano la rabbia per la perdita dell’autorità sulle donne

Senza identità e autorevolezza, non più in grado di ricoprire il ruolo di capi famiglia dominanti, sempre più uomini affogano nella violenza la frustrazione, le ansie e le paure. Lo psichiatra Michele Cucchi, Direttore Sanitario del Centro Medico Santagostino di Milano, spiega le ragioni di questo drammatico fenomeno facendo riferimento agli ultimi casi come quello che ha visto l’uccisione di Irene Focardi a Firenze.

Una società evoluta ed emancipata, dove la cultura è ormai di dominio pubblico, ma che è ancora afflitta da mali radicati che sono segni di inciviltà, barbarie e ignoranzal’odio verso il più debole, la rabbia e la violenza verso il diverso, il sopruso verso chi non si conforma. Le donne sono le più colpite da questo virus sociale, come appare chiaro dagli ultimi casi di cronaca nera che hanno visto la morte di Irene Focardi per mano di Davide Di Martino, il compagno dell'ex modella fiorentina scomparsa dal 3 febbraio già agli arresti domiciliari per maltrattamenti, finito in carcere con l'accusa di omicidio. Di pochi giorni fa anche il fermo di Claudio Rossetto, arrestato con l’accusa di aver segregato e stuprato per 6 mesi una modella svedese di 22 anni nel milanese.

Fino a che punto può l’odio verso una donna agire sull’agito di un uomo? Sul tema è intervenuto lo psichiatra Michele CucchiDirettore Sanitario del Centro Medico Santagostino di Milano, dove sta curando un cineforum emotivo che ha preso il via con un incontro dal titolo “Uomini che odiano le donne: odio e violenza, che stress!”, a cui è possibile iscriversi compilando il modulo a questo link: http://www.cmsantagostino.it/news-ed-eventi/al-il-cineforum-emotivo. “Il cineforum ha l’obbiettivo di allenare il cervello emotivo delle persone entrando nell’opera, sviluppando la competenze emotiva dell’empatia– spiega Michele Cucchi – il cinema racconta la vita delle persone, permettendo di entrare in contatto con l'esperienza degli altri e di imparare a capirci meglio”.

La “Convenzione sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica adottata dal Consiglio d'Europa nel 2011 per proteggere le donne da ogni forma di violenza e discriminazione, non è servita a evitare i 179 femminicidi avvenuti in Italia nel 2013 secondo i dati emanati da Eures, dei quali quasi il 70% si è consumato all'interno del contesto familiare o affettivo, un dato in crescita del 16% rispetto all’anno precedente. Una scia di violenza verso le donne che non sembra esaurirsi, visti gli ultimi casi di Firenze e Cinisello Balsamo.
Ma cosa succede nella mente di un uomo che uccide la propria compagna? “La violenza maschile è un fenomeno strutturale, sostenuto da una cultura patriarcale che esprime, tramite l’azione violenta, l’apice di una discriminazione diffusa e generalizzata verso le donne - spiega Michele Cucchi - Il maschio virile è colui che si occupa della tutela dei soggetti deboli e a lui subordinati; deve esprimere autocontrollo, razionalità e senso morale, ma allo stesso tempo la natura del suo corpo è predatoria e violenta. La violenza si verifica quando il soggetto subordinato mette in discussione la propria relazione di dominioIn questo caso è l’intera identità maschile ad essere messa in discussione e possiamo dire che essa rappresenta una delle cause della violenza di genere. Gli uomini di oggi non sono più in grado di essere dominanti e affogano nella rabbia il fatto di non avere un’identità, di non essere abbastanza autorevolicompleti come capi famiglia; anche loro mostrano sempre più spesso ansie, paure, incertezze e non conoscono paracaduti sociali a cui fare riferimento nel caso di bisogno e si sentono esposti al vento della vergogna, quella che ti trascina in un vortice di non accettazione di séfinendo poi per esplodere. Qui trovano spazio il raptus e la perversione che trasformano l’essere protettivo e punto di riferimento in un insano bisogno di potere, rispetto ed eccitazione sotto l’effetto della paura del partner”.

Ma come uscire da questo pericoloso stato d’animo? “Se l’uomo riuscisse ad interpretare in chiave moderna il suo ruolo, rimanendo un riferimento sociale per la famiglia e per la compagna, valorizzando la propria presenza per soddisfare il bisogno degli altri, il suo essere fisicamente protettivo, rispettoso e timido davanti alla bellezza e l’autonomia della donna, senza aver paura delle proprie ansie che non sono fragilità ma il segno del coraggio di chi affronta le difficoltà con coscienza e responsabilità, allora non ci sarebbe spazio per così tanto risentimento. Tutt’altra storia invece sono le situazioni in cui la follia biologica di un cervello malato, di una mente incapace di provare empatia, schiava di tormentate ossessioni, di bizzarre manie, sono il movente di crimini che nella mente dell’assassino sono normali gesti legati alla propria sessualità, al proprio essere uomo: in questi casi di parla di anomalia criminale”.
Fattitaliani

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