Depresso,
schivo, un uomo enigmatico in preda a una crisi di nervi. E’ questo
il profilo emerso dalle indagini su Andreas Lubitz, il copilota
dell’Airbus 320 schiantatosi in Francia. Lo psichiatra Michele
Cucchi, Direttore Sanitario del Centro Medico Santagostino di Milano,
analizzando le informazioni a disposizione traccia un identikit del
pilota tedesco.
Ben
150 vite distrutte sulla Alpi francesi,
condotte al loro ultimo istante da un
28enne che ha deciso di farla finita portando con sé tutti i
passeggeri e i membri del suo equipaggio.
Un gesto eclatante che ha portato alla luce i retroscena della vita
di Andreas Lubitz,
copilota tedesco con una modesta esperienza di volo che stava vivendo
un momento molto difficile a livello psicologico,
un fatto che sta alimentando i dubbi
sulle metodologie con cui vengono condotti i test attitudinali
che vigilano su tutti i parametri psico-fisici dei piloti dei voli di
linea.
Secondo
lo psichiatra Michele
Cucchi, Direttore
Sanitario del Centro
Medico Santagostino
di Milano: “Lubitz
era in cura, stava
assumendo dei farmaci ed era in possesso di un certificato di assenza
dal lavoro. Verosimilmente
era depresso, o così
pensava il suo curante. La
depressione è una malattia biologica dell'umore che ti toglie la
speranza, ti fa vedere tutto negativo, ti fa provare una forte rabbia
e frustrazione, ti fa sentire impotente,
rende il vivere una pesantezza sconfinata fino a che la
morte sembra quasi una salvezza.
Ed è proprio la depressione biologica che viene curata
farmacologicamente secondo linee guida scientifiche”.
“Chi
è depresso vede il mondo sotto la luce filtrata da occhiali neri
– prosegue Michele Cucchi – nulla
ha più valore, nemmeno il principio di autoconservazione e l'amore
per il prossimo.
Perché è come una
‘polmonite delle emozioni’:
svuota il corpo della possibilità di provare qualsiasi sentimento se
non colpa, impotenza, negatività. Un
depresso potrebbe arrivare a compiere effettivamente un gesto
eclatante,
soprattutto perché a volte queste
persone vivono un senso di avulsione dal tempo e dallo spazio e tutto
è hic et nunc, in un vissuto totalmente tormentato e senza
speranza”.
Secondo
lo psichiatra il
copilota aveva pianificato tutto il suo progetto di morte:
“Ci vedo una
predeterminazione nel chiudere la porta blindata dell’Airbus 320
e pianificare il pilato automatico per la inesorabile discesa. Forse
però non era una semplice depressione,
forse era qualcosa di più di un malessere biologico, che ti spinge
solo a scegliere un modo il più sicuro possibile per farla finita.
Forse era un disagio
esistenziale, qualcosa legato all'esperienza di uomo e alla storia di
vita di questa persona, con un bisogno di andarsene con un gesto
eclatante. E’
difficile infatti che una depressione possa essere compatibile sia
con l’andare al lavoro e passare inosservato, e altrettanto
difficile è che il movente sia il senso di colpa e l’angoscia
tipiche del modo di pensare del depresso. Vedo troppa premeditazione
e troppa lucidità”.
Poiché
secondo le ultime notizie, il copilota era stato in cura, quale
potrebbe essere il rapporto tra cura farmacologica e il suo disperato
comportamento?
“Non
possiamo escludere – continua Cucchi - che la cura farmacologica
stesse già facendo effetto e il co-pilota si trovasse di fatto con
un piede ormai fuori dalla depressione: è il momento
più difficile della terapia, quello in cui ti senti energie e
reattività fisica, hai recuperato il tuo funzionamento quasi, ma la
testa può essere ancora pervasa dal pessimismo e dai sensi di
inadeguatezza. In
quella finestra di qualche settimana, noi psichiatri sappiamo che
aumenta la probabilità di gesti autolesivi e tentativi di suicidio.
Forse, un carattere
insicuro, incapace
di provare quella giusta quota di rabbia tutti i giorni, ma che si
tiene tutto dentro per paura di essere inopportuno o semplicemente
perché gli mancano le parole e l’assertività adeguata, può
tradursi in una spinta per compiere una follia: vendicarsi con sadica
lucidità di tutti i presunti torti subiti.
Purtroppo però corre obbligo
ricordare che stiamo parlando di persone che soffrono molto. La
depressione non è una patologia che rende pericolosi per gli altri,
e quando assistiamo a questi eventi eclatanti dobbiamo sempre pensare
che la situazione sia più complessa, di un tipico squilibrio
chimico. Non da
escludere anche la pista degli abusi o cattivi usi di sostanze
psicoattive.”