Con oltre 100 milioni di copie
vendute e quasi 2 milioni di euro incassati nel primo giorno di programmazione
nelle sale, “50 sfumature di grigio” è il fenomeno cinematografico del momento.
Il clamore mediatico formatosi attorno alla pellicola porterà milioni di
persone nelle sale, dove sarà
inevitabile paragonare la propria vita quotidiana alle mirabolanti e passionali
avventure dei protagonisti Christian Grey e Anastasia Steele, diventati un'icona
per milioni di lettori.
“Mr. Grey, il personaggio attorno a cui
gira attorno la trama del film coglie nel segno numerosi aspetti che le donne ricercano costantemente nella loro quotidianità
– afferma Michele Cucchi – come la capacità di rendere speciale ogni piccolo
gesto nella costante attenzione al corpo della donna. Le spettatrici si sentono così costantemente al centro della mente
dell'uomo, scoprono sensazioni, parti del proprio essere femminile che non
conoscevano e vivono costantemente la tensione della suspance. Ed è qui che entra in gioco la “Sindrome di
Mr. Grey”, che si traduce in un forte impatto emotivo che nasce paragonando l'intensità della storia che viene riportata nel racconto,
con la "normalità" quotidianità degli spettatori, troppo spesso caratterizzata da inerzia e lunghe fasi di stanca monotonia.
Questo può far insorgere nei soggetti più sensibili un accumulo eccessivo di tensione e un forte senso d’inadeguatezza”.
Secondo
il parere dello psichiatra però è possibile anche ricavare dei benefici affrontando
la “Sindrome di Mr. Grey”: “Molte donne
vivono in un limbo, fatto di scarsa conoscenza del proprio corpo e di
sentieri inesplorati, e nel film trovano
una strana piacevolezza nell'ambivalenza con cui si nutrono del rapporto di
dominanza e sottomissione, in cui la protagonista sottomessa è tutto per Mr.
Grey, che rappresenta il suo padrone. Questa
modalità relazionale, che definirei una ‘prigione relazionale’, le fa sentire
perennemente in una condizione di sottile eccitazione, che stimola la naturale
propensione a prendersi cura dell'uomo, a servirlo, a pensare a lui, a cosa
gli dà piacere, ai gesti del quotidiano che lo gratificheranno”.
“Il
problema è che oggi viviamo in un mondo che ci ha abituati a vivere solo sul pelo
dell'acqua delle relazioni
–
conclude Cucchi –
Non le gustiamo nella loro immensa profondità. Così come abbiamo sempre fretta
e non ci gustiamo il sapore di un caffè, i colori e le luci di un tramonto, ma
semplicemente li percepiamo meccanicamente, così tutti noi spesso ci perdiamo
la magia di una carezza, non sentiamo l'intensità dei profumi, perdiamo
l'occasione di dire qualcosa con uno sguardo e di vedere la magia dei
sentimenti negli occhi della nostra compagna. Alla
fine in chi reagisce a questa sindrome prevale la voglia di sperimentare
qualcosa che si era dimenticato, consapevoli che la quotidianità ci risucchia
tutti, ma lo spazio mentale per certe attenzioni e l'intensità della passione
non andrebbero mai persi e sempre preservati”.