The Voice Belgique, fra i concorrenti l'italiano Manuel Marchetti. L'intervista di Fattitaliani: "Nella musica molte popstar e pochi autori"

The Voice Belgique. La febbre del talent musicale in Belgio è iniziata già da qualche settimana e tutti i martedì sera i telespettatori attendono con impazienza l'esibizione dei nuovi talenti: domani gli italiani (ma non solo) avranno un motivo in più per sintonizzarsi su La Une. Sfilerà tra gli altri il giovane Manuel Marchetti che Fattitaliani ha intervistato per l'occasione.

Ti presenti un po' ai nostri lettori?
Sono Manuel Marchetti, ho origini marchigiane ma ho sempre vissuto on the road, tra la Romagna e il Belgio per seguire i miei genitori.
La tua avventura in Belgio com'è cominciata?  
Sono arrivato a Bruxelles nel settembre del 2012, dove mia madre lavorava alla scuola europea di Bruxelles già da alcuni anni. Ho studiato filosofia a Bologna ma ho sempre amato la musica. Ho sempre respirato arte in casa, mia madre è una pianista e mio padre era un pittore. Anche se hanno finito entrambi per insegnare (sorride, ndr). 

E a The Voice?
I
l primo agosto 2013 è morto mio padre, e in quei giorni qualcosa, come una legittimazione, mi ha spinto a provare le audizioni on line, anche se non mi aspettavo alcun seguito.

Come ti sei formato vocalmente e musicalmente? hai dei punti di riferimento...?
A 14 anni mi piaceva tantissimo Freddy Mercury, il suo modo teatrale di interpretare le canzoni e di impadronirsi del palco, l'anno dopo il mio idolo era Kurt Cobain! Eh eh diciamo che ero in continua evoluzione e un po' preda delle mode musicali. Ma la vera svolta è arrivata quando ho iniziato ad ascoltare i cantautori italiani come De Gregori e Fossati, che a loro volta mi hanno fatto conoscere Dylan. Più o meno è grazie a loro che ho iniziato a pensare che potevo scrivere delle mie canzoni. Non so scrivere la musica sul pentagramma, e quando sono arrivato a comporre una trentina di pezzi ho capito che dovevo salvarle in qualche modo, più che altro per conservarle. Immaginavo di proporle a qualche vero cantante. Non ho mai pensato di avere una bella voce: sapevo di essere intonato, questo sì, ma non pensavo di avere una voce interessante. E così sono andato in uno studio di registrazione, nella periferia di Bologna. Ci trovai dei ragazzi molto disponibili che quando ascoltarono i primi dieci brani mi proposero un provino per la Ricordi. Scelsero un brano da proporre e lo arrangiarono con l'aiuto di musicisti professionisti come il chitarrista Dall'Omo e il batterista Sergio Piccinini. Ero al settimo cielo, ma nello stesso periodo sono stato molto male di salute e tutto è andato in fumo. Così ho chiuso il capitolo "musica" per tanto tempo...

Come italiano in che maniera guardi alla tua Italia e alla sua situazione musicale e non solo?
Per risponderti parto da una considerazione generale: credo che per quanto riguarda la musica pop, perché se no generalizziamo troppo, ci sia un "suono" molto simile, una consonanza di melodie e una certa uniformità. Secondo me, ma è solo una supposizione, questo dipende dal fatto che ci sono molte popstars, ma pochi autori, cioè poca gente che scrive materialmente tutte le canzoni. Spero possa arrivare una nuova frangia di cantautori che siano anche in grado di tenere la scena e affabulare il pubblico, e qualcosa di questo tipo lo vediamo e ascoltiamo già. In Italia è più l'aspetto di spoliazione che mi preoccupa. Forse anche a causa della crisi c'è moltissimo timore di proporre cose che escano un po' dai canoni accettati e battuti, soprattutto all'estero. Quindi non parlo in generale perché per me non esiste la categoria alta e quella popolare, esiste il bello e il brutto! Però per esempio vedo questa povertà di offerta, questa scarsità di cui parlavo prima, soprattutto in concomitanza con i festival o le manifestazioni pubbliche (per esempio primo Maggio), non dico che non esistano alternative, l'Italia è piena di giovani musicisti, dico che chi organizza questi eventi sceglie sempre gli stessi gruppi da vent'anni, forse appunto perché non si ha il coraggio di tentare nuovi linguaggi. Bisognerebbe svecchiare il repertorio e il linguaggio musicale per poter proporre nuovi messaggi, anche politici. Molti "ministri" o addetti ai lavori hanno una visione della musica limitata. Ci sono pochi "fiori all'occhiello" come il concerto alla Scala di Milano, o San Remo. E poi ci sono i grandi festival. Ma la musica non è solo questo: non è solo sfogo, non è solo occasione liberatoria degli impulsi. È anche questo certo, ma dev'essere considerata un aspetto fondante della cultura italiana, non favorire la sua espressione spontanea significa voltare le spalle al mondo e favorire un’autarchia culturale oggi impensabile.

Al di là della lingua francese, stai sperimentando che la musica è un fattore universale che unisce...?
Sì, assolutamente. L'ho sperimentato in molte occasioni, è una forza che unisce anche persone diverse, che arrivano da posti lontani e magari non si sono mai viste prima e hanno poco in comune. Poco prima si guardavano con reciproca diffidenza e grazie ad una chitarra si sorridono e si danno pacche sulle spalle! E' una forza incredibile. E nasce sicuramente da un bisogno universale di capirsi e di comunicare oltre le parole. Penso a Schopenhauer, per il quale la musica non era l'immagine delle idee, ma immagine della volontà stessa: mentre le altre arti esprimono l'ombra, la musica esprime l'essenza.

In Italia avevi mai pensato a intraprendere la carriera artistica o quanto meno prendere parte a un talent?
No, ad un talent non avevo mai pensato, soprattutto perché non mi ero mai reso conto di avere una bella voce. Anzi, forse neppure adesso ne sono molto convinto.

Che pensi della versione italiana di "The Voice"?
Non la conosco perché in Italia è andata in onda nel marzo 2013, ed io abitavo già in Belgio. Ma sono felice che abbiano pensato di proporla anche da noi, è un bellissimo programma. Oggi che ci sono meno locali dove suonare e farsi conoscere, ben vengano le opportunità nei talent !

A chi dedichi quello che stai vivendo?   
Sembrerà brutto, ma lo dedico soprattutto a me. Diciamo che lo dedico a quel me stesso che in passato ha dovuto rinunciare per i problemi di salute, per l'insicurezza, per un ambiente difficile. Dovevo per lo meno provarci, per lui. Giovanni Zambito   

Fattitaliani

#buttons=(Accetta) #days=(20)

"Questo sito utilizza cookie di Google per erogare i propri servizi e per analizzare il traffico. Il tuo indirizzo IP e il tuo agente utente sono condivisi con Google, unitamente alle metriche sulle prestazioni e sulla sicurezza, per garantire la qualità del servizio, generare statistiche di utilizzo e rilevare e contrastare eventuali abusi." Per saperne di più
Accept !
To Top