di Giuseppe Lalli
Luciano De Crescenzo, scrittore scomparso in questi
giorni (avrebbe compiuto novantun anni tra un mese), è una di quelle persone
che potevano nascere solo in quel grande teatro a cielo aperto che è Napoli. Fosse vissuto cinquecento anni
fa, sarebbe stato un tipico italiano del Rinascimento: letterato e consigliere
del principe, ingegnere militare e artista eclettico.
Nasce come ingegnere
elettronico. Ha lavorato alla IBM (la madre, come egli stesso raccontava
divertito, diceva: «Mio figlio lavora all’Upìm»). Poi, un giorno, decide di
lasciare l’azienda e si dedica alla scrittura di libri di divulgazione
filosofica: “Così parlò Bellavista” e
“Storia
della filosofia greca - I presocratici”, sono tra i suoi primi volumi che hanno incontrato un
grande successo di pubblico.
Beninteso: De Crescenzo sta alla filosofia come Piero Angela sta alla
scienza, eppure non gli si può non riconoscere il merito di avere reso popolare
e divertente una disciplina, la filosofia, alquanto ostica e, come avviene per
la matematica, a cui per tanti aspetti rassomiglia, spesso insegnata male a
scuola.
Confesso che a me, complice
forse un debole che ho sempre avuto per Napoli
e per i napoletani, i libri di De
Crescenzo piacciono. Tra i tanti passi che ho letto, mi piace ricordarne
due, presi rispettivamente, da uno dei primi e uno degli ultimi dei suoi libri.
In una pagina dello scritto dedicato al filosofi presocratici (quelli vissuti
prima di Socrate (470/469-399) De Crescenzo riferisce un aneddoto che ha
per protagonista un certo Biante di Priene (600 a.C. - circa 530
a.C.), ritenuto uno dei sette saggi.
Si narra che un giorno i sette saggi
si recarono a Delfi presso l’oracolo
di Apollo, dove il più anziano dei sacerdoti chiese a ciascuno di essi di
scrivere una massima sulle mura del tempio. Toccò per ultimo a Biante, il quale, dopo essersi fatto a
lungo pregare, scrisse la seguente frase: «Hoi
pleistoi kakoi», che non è un’espressione volgare, come potrebbe sembrare
dal suono, e che in greco antico significa: «La maggioranza (degli uomini) è
cattiva».
Come acutamente commenta De Crescenzo, si tratterebbe, a ben
riflettere, del più terribile verdetto emesso dalla filosofia greca sugli
uomini. Infatti, presa alla lettera, la massima di Biante «è una bomba capace di distruggere ogni ideologia». A
crollare è il principio stesso della democrazia, che affida alla maggioranza
degli elettori il potere di decidere sull’indirizzo politico generale della
comunità nazionale. Insomma, se la maggioranza degli elettori è incompetente,
affida la guida del governo a degli incompetenti. Dio ce ne guardi…
Ma c’è di più. Come annotava Aldo
Grasso sul “Corriere della sera”
di domenica 21 luglio 2019, Luciano De
Crescenzo non amava gli indici di ascolto (la cosiddetta ‘audience’),
giacché riteneva, avendo sempre presenti le parole del filosofo greco, che
l’esigenza di intercettare il gusto della maggioranza dei telespettatori ha
come effetto l’abbassamento della qualità dei programmi. Dagli torto…
C’è un altro libro, uscito nel
2012, uno degli ultimi, e forse dei più sinceri e commoventi, che ha attirato
la mia attenzione. Il titolo è “Fosse ’a Madonna!”. In esso De Crescenzo
ricorda, con la solita bonomia partenopea, che a Napoli la Madonna è più amata di Gesù e forse anche dello stesso San Gennaro. Chi è un po’ pratico di
Napoli sa che, in quel dedalo di viuzze che si snodano nel cuore della città,
l’immagine di Maria appare ad ogni crocicchio, ad ogni angolo.
Chi non ricorda, in una celebre
commedia di Edoardo De Filippo (1900-1984), il monologo drammatico e
commovente che Filomena Marturano,
ragazza madre tentata di rinunciare al figlio che porta in grembo, rivolge, in
uno dei tanti vicoli dei bassi napoletani, alla “Madonna delle Rose”, alla
quale chiede, ed ottiene, il coraggio necessario per andare avanti? A Napoli la
Vergine è sempre stata molto più di una figura religiosa. Entra nella vita di ogni
giorno: “Fuss’ a’ Marònna” vuol dire
“Lo volesse il Cielo”; “La Marònna
v’accumpagna” significa “Buon viaggio”; “Lassa fa’ a’ Maronna” sta per “Abbi fede in Dio”, e così via…
Il libro di De Crescenzo è, per sua stessa ammissione, “una dichiarazione di
fede e una richiesta d’aiuto” da parte di chi, come lui, si professa “non
credente ma sperante”. In fondo, anche il credente è uno sperante, e la fede,
come ricorda San Paolo, è “certezza
di cose che si sperano”. Altrimenti, la fede sarebbe un’evidenza, e lo scettico
solo un povero sprovveduto. Il dubbio cammina insieme alla fede, come l’ombra
in una giornata di sole.
Che dire allora a Luciano De Crescenzo? Prufesso’, auguri per gli esami...Stai
tranquillo: la Marònna t’accumpagna.
E prima o poi avrò il piacere di conoscerti, e parleremo di filosofia, con la
testa fra le nuvole e sullo sfondo, lontano lontano, ma visibili, il mio Gran Sasso e il tuo golfo di Napoli. Fuss’a Marònna! Pardon...volevo dire: lo volesse il Cielo!