Miriana Trevisan e il suo primo romanzo "La donna bonsai". L'intervista di Fattitaliani

L'attrice e presentatrice Miriana Trevisan ha da sempre coltivato la passione della scrittura (fiabe e racconti), ma di recente ha ufficialmente debuttato nella narrativa con "La donna bonsai" libro edito da Baldini & Castoldi (126 pagine, 16 euro), un esordio salutato molto positivamente da lettori, colleghi, scrittori illustri e addetti ai lavori. Vi troviamo le storie di Virginia, Sonia, Maria e altre donne: "racconti in cui ci sono pezzetti di me", confessa l'autrice a Fattitaliani. L'intervista.

C'è stata un'occasione, un'esigenza particolare che ha dato origine al libro?
Il libro è nato in seguito a "MeToo": vi sono presenti le mie riflessioni sulla donna, che vive racchiusa in una nicchia convinta di stare bene, fino a quando una serie di accadimenti possono farla scatenare o farla ulteriormente chiudere in se stessa. Avevo già scritto degli articoli sul tema in cui ho parlato di un mondo che conosco, il dietro le quinte dello spettacolo degli anni Novanta. All'inizio, scritti i primi quattro capitoli, li ho fatti leggere alla casa editrice che li ha giudicati efficaci.
Come ti sei regolata nella scrittura?
Scrivo i capitoli di getto, anche se poi capita che mi blocco qualche settimana. Ho scritto il libro in sei mesi e durante la scrittura non mi sono accorta del fil rouge che unisce i racconti, come se fossi stata in trance, per poi accorgermi alla fine che qualcosa li accomuna.
Ci sono state lettrici che si sono riconosciute in qualche descrizione presente nel libro?
A parte Virginia, che ha qualche tratto di me, non mi è stato detto niente di tutto ciò, a parte il commento di lettrici che ammettono di riconoscersi e ritrovarsi nel dolore di alcuni personaggi di fronte a date situazioni.
La copertina com'è stata scelta?
Mi sono arrivate una serie di proposte e io ho scelto questa perché vi ritrovo delle cose che avevo pensato io.
E il titolo "La donna bonsai"?
Viene da me. Il contenuto delle pagine è molto visivo. E vedendo queste belle piante che hanno bisogno di attenzione e cura, costrette a rimanere piccole dentro un piccolo vaso, in ambienti particolari, ho pensato "chissà come sarebbero se avessero la possibilità di crescere ed esprimersi in un altro ambito".
A livello di editing, come è andata?
A dire la verità, non ci sono stati molti aggiustamenti, a parte degli interventi sulla punteggiatura. Me lo sono davvero scritto io: l'editor Luca Ussìa ha ammesso che c'era poco da correggere. E per me, una neo-scrittrice, è stata una soddisfazione enorme. Anche nella sistemazione mi hanno lasciata completamente libera.
Che rapporto hai intrattenuto con le donne raccontate?
Ho provato dolore soprattutto con Maria-Anastasia: dare emozioni e vita a donne nei loro tratti ombrosi e nascosti è una cosa che mi procura nervosismo. Mi ricordo che ci ho rimesso un po' per riprendermi da queste ferite.
Un complimento che ti ha fatto particolarmente piacere?
Quelli da parte di Michela Murgia, Luca Bottura e dal giornalista di "Diva e donna" che mi fece la prima intervista. Hanno insistito sulla genuinità del contenuto, sulla sua schiettezza ed efficacia. Di Michela Murgia sono sempre stata un'ammiratrice: insomma, è stato scioccante, in modo positivo ovviamente.
Progetti in cantiere?
Ci sono delle proposte arrivate da canali privati. Sto lavorando a un nuovo romanzo e ho cominciato già a rileggere quello che ho scritto: è un romanzo metafisico, di fantasia, di fantascienza. Certo, adesso avverto una maggiore responsabilità. Comunque, lo scrivo e lo presenterò a qualche casa editrice. Giovanni Zambito.
Foto di Alessandro Duchetti.
Fattitaliani

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