Roberto Cerè, intervista al coach più ricco del reame con un cuore d’oro

Fattitaliani

A livello internazionale è il coach apprezzato e seguito dal grande pubblico, Roberto Cerè. Affascinante, carismatico e preparato, il “coach dei coach”, nonostante abbia l’agenda sempre fitta di impegni, riesce anche a trovare il tempo per pensare a chi è meno fortunato. Attualmente, infatti, si sta continuando a dedicare alla costruzione dell’orfanotrofio MICAP for Children, a Pangani, in Tanzania e per il quale sta preparando un grande evento che si terrà a Montecarlo dal 16 al 20 ottobre: il corso Leadership Academy, che Roberto Cerè ci spiega in questa intervista esclusiva.

Roberto, quali pensi siano i punti di forza che ti hanno permesso di diventare quello che sei oggi?
Disperazione: può sembrare paradossale, ma quando sei appagato tendi a celebrare, sognare, pianificare… ma non ti muovi. Non ti muovi perché sei assopito dal successo e perché temi di perdere tutto. Mentre quando sei disperato (le bollette da pagare, i figli crescono, i debiti crescono anche loro…) non hai più tempo né scuse. Devi agire! Il senso di disperazione mi ha preso e soffocato per anni, poi… alla nascita di mia figlia Sofia, ho sentito che non avevo più tempo da perdere. Non c’era più spazio né per incertezze né per esitazioni.
Determinazione: molte persone sperano di avere una vita migliore, un lavoro migliore, una famiglia migliore… ma non sono disposte a fare quello che è necessario per trasformare i loro sogni in risultati. Sperare non basta! Bisogna agire ogni giorno, un passo alla vota, senza fretta ma senza sosta. Credo che la determinazione, insieme alla costanza, sia stata la chiave che mi ha aperto le porte più grandi. Attenzione però a non confondere la determinazione con l’ostinazione. L’ostinazione ci porta a non correggere il tiro, anche quando tutte le evidenze ci dicono che siamo fuori strada.
Preparazione: credo che nulla nella vita si possa veramente realizzare senza un’adeguata e profonda preparazione. Ringrazio il cielo di aver completato gli studi, di averli proseguiti e di aver sempre trovato la forza di studiare e ricercare. Senza preparazione siamo destinati a giocare il ruolo delle comparse, e mai del protagonista.

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Di gratificazioni, finora, ne hai collezionate parecchie. Qual è quella di cui vai maggiormente fiero?
Fortunatamente ho avuto fino ad oggi una vita ricca di momenti ai quali devo un sincero grazie. Dall’aver completato gli studi universitari a pieni voti (può sembrare banale), ma partivo come sfavorito. Nessuno credeva in me. I miei genitori volevano che facessi il capo cantiere, e poi… un “colpo di reni mentale” e decisi di credere in me. Dopotutto se vuoi brillare devi lucidarti! Se non sei tu a credere in te stesso, non puoi aspettare che lo facciano gli altri. Oggi, a più di vent’anni da quel titolo di studio la gioia più sincera che mi riempie il cuore ogni giorno è vedere i miei studenti avere successo. Adesso che sono io il “docente” la gratificazione non è nell’insegnare qualcosa a qualcuno ma nel trasformare qualcuno in qualcosa di straordinario. Il nostro successo non risiede in ciò che sappiamo ma in chi siamo. E questo, purtroppo, all’università non te lo insegnano.
Attualmente a quali progetti ti stai dedicando?
Alla costruzione dell’orfanotrofio MICAP for Children, a Pangani, in Tanzania. Con la Fondazione MICAP for Children ONLUS, che ho fortemente voluto e ho costituito nel 2018, abbiamo acquistato un terreno e avviato i lavori di costruzione di un orfanotrofio capace di ospitare 200 bambini affetti da questa grave patologia. Al momento attuale nessuna struttura si sta prendendo cura di loro. Per noi è molto importante essere rapidi e realizzare al più presto i primi dormitori e l’infermeria. Per questo ho deciso di organizzare un grande evento, questo ottobre a Montecarlo, dove per cinque giorni guiderò personalmente i partecipanti a risolvere i loro problemi di business e allo stesso tempo loro, con una piccola donazione, ci aiuteranno a proseguire il progetto di costruzione.  Il corso si chiama Leadership Academy (https://www.leadershipacademymicap.com), dal 16 al 20 ottobre a Montecarlo, questa edizione sarà completamente destinata alla raccolta fondi, per cui la partecipazione è gratuita (solitamente un biglietto costa 3.500,00 euro), mentre in questa edizione speciale basterà solo effettuare una piccola donazione di 100,00 euro per poter partecipare a tutti e cinque i giorni. E sarà strepitoso!
C’è, invece, una tipologia di progetto con il quale non ti sei ancora misurato e moriresti dalla voglia di vedere un giorno concretizzato?
Portare il coaching nelle scuole medie superiori, alle quinte classi. Sono gli anni migliori per “impiantare” il seme della responsabilità, della forza di volontà, del prendere in mano il proprio destino. I ragazzi in quella fascia di età (16-18) vivono un forte stress adattativo: si sentono fortissimi, ma non hanno nessuna credibilità né autorevolezza nei confronti dei genitori e degli “adulti” in generale. Sono in un’età dove tornano a casa con un tatuaggio nuovo, un piercing, un ciuffo viola, o magari cambiano idea sul loro futuro ogni settimana. Questa esplosione di vita e di voglia positiva di spaccare tutto e lasciare il segno, se non viene incanalata, potenziata e direzionata correttamente rischia di scaricarsi a terra, facendo tanto fumo ma non producendo nessun progresso. Il mio progetto più intimo è quello di poter entrare nei loro cuori per guidare le loro pance a fare la cosa giusta, negli anni più belli della loro vita.
Se guardi al passato, c’è qualcosa che faresti in maniera differente o che addirittura non ripeteresti?
Caspita, amo così tanto la realtà in cui mi trovo, che se cambiassi anche una sola cosa del mio passato impatterebbe sull’oggi! Ma se proprio devo giocare a questo gioco: aiuterei di più mia madre a gestire la sua malattia (purtroppo ci ha lasciato per un cancro al seno nel 2003); sarei più delicato con alcune persone (forse troppe) con le quali sono stato troppo brusco. E come ultima cosa… cambierei facoltà universitaria, farei filosofia invece di economia aziendale. 
A questo punto del tuo percorso, a chi senti di dover dire grazie?
Ai miei genitori per l’educazione pratica che mi hanno dato. Mia madre mi ha insegnato l’amore e la cura per la casa e per i figli. Mio padre il rispetto dei soldi e l’importanza di presentarsi in modo professionale. Devo dire grazie anche ai miei mentori, tutte quelle persone che ho scelto per venirne ispirato e influenzato positivamente. Devo certamente ringraziare me stesso per averci sempre creduto e non aver mai ceduto alla pigrizia e alla mediocrità.
Come riesci a conciliare la sfera professionale con quella privata?
In realtà le due cose coesistono perfettamente, nel momento in cui gran parte dei mie insegnamenti riguardano il vivere bene, devo applicare quello che professo. Per cui mi ritrovo alla sera con i miei bambini, Sofia e Luca, che quando vogliono fare i furbi e spuntare mezz’ora in più prima di andare a dormire, o un gelato… mi citano con: “…papà, se vuoi puoi”.

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