“Elefanti e Tulipani” è la rivincita di una pigra cronica. Barbara Lo percorre storie e luoghi sbagliati, attraversandoli con l’ironia e la sincerità di una voce diretta, a volte tagliente.
Racconta di lacrime, viaggi, respiri, di cibo e di mascara che cola, di calzini e lune storte, con un linguaggio schietto, privo di canonico romanticismo e di mezze misure, quasi fisico e sanguigno.
L’amore per le parole e le loro infinite combinazioni si unisce ad un sound che attraversa pop, rock ed elettronica, tra tensione e leggerezza, eleganza e groove.
Da “Tulipani” a “Elefante”, passando per l’urlo de “La fame” e l’energia de “L’estate dall’altra parte del mondo”, l’ep di esordio della cantautrice è un inno all’imperfezione, all’amore ferito, forse mai davvero nato. Una suite di stati d’animo instabili che termina con “La porta chiusa”, una poesia priva di cliché musicali in cui la voce è protagonista, senza la pretesa di esserlo.
Che impronta hai voluto dare all'album?
Volevo che l’album mi rappresentasse. Dentro c’è un po’ di tutto quello che amo: il pop, l’elettronica, il rock. E il mio amore per le parole. Credo non ci sia niente di esagerato ma si colga il mio desiderio di raccontarmi con sincerità.
Quali sono i tuoi cantanti di riferimento?
Amo Niccolò Fabi, Daniele Silvestri, Max Gazzè, i Verdena.
Qual è l’esperienza lavorativa che più ti ha segnato fino ad ora?
Ho lavorato molto come vocalist negli ultimi anni, anche in tv. Di sicuro è stato molto emozionante stare sul palco con Patti Smith, Sananda Maitreya, Simon Le Bon.
Sogno un tour nei club e la gente che canta le mie canzoni.
Progetti futuri? Farai un tour?
Sto lavorando a dei pezzi nuovi che spero di far conoscere presto, durante i live. Il progetto è quello di suonare, suonare e suonare.