Valente presenta il nuovo album "Il Blu di ieri". L'intervista

VALENTE ha appena ultimato la realizzazione del suo nuovo album, “Il Blu di ieri”, registrato presso il Q Recording Studio di Milano e il Virtual Studio di Treviso, prodotto da Andrea Lombardini, basso, alle chitarre Alberto Milani, Dario Volpi e Xabier Iriondo (Afterhours), Emanuele Maniscalco alle tastiere e Phil Mer alla batteria; al sassofono Paolo Porta, ad arricchire di suggestive venature jazz contemporanee e black il suono generale.
Le coordinate del nuovo lavoro di VALENTE sono il ritorno ad un beat più sostenuto e a certe atmosfere elettro pop e new wave del suo esordio, il tutto sostenuto da una forte inventiva melodica e da un sound coerente con la ricercatezza del precedente “Cambiamori”. Ne parla a Fattitaliani.
"Il nuovo singolo  “Sogni di te”: intro di sax e chitarre raffinate su un ritmo incalzante e un basso dalle movenze new wave per sottolineare la ricchezza melodica della linea vocale, un testo passionale e onirico intriso di romanticismo decadente".
E dell'intero album, che ci dici?
Blu è il colore della nostalgia e le scelte di suono di questo disco rimandano alla new wave e gli 80’s, ma solo come reference, un’origine da cui si è cercato di far evolvere un nuovo suono, contemporaneo, che include anche quell’esperienza artistica seminale, ma la supera : quindi il “blu di ieri” è un omaggio affettuoso, ma al tempo stesso un superamento di “ieri”, “cancelliamo il blu di ieri”, canta la title track.
Io scrivo sempre a più livelli e quindi c’è anche un voluto compiacimento in quel  “bacia la malinconia”, quasi a suggerire che, pur nel necessario superamento della tristezza, un attitudine romantica e decadente a godere della nostalgia resta.
Blue in inglese, infatti, significa anche “triste”: la title track è una canzone che parla di malinconia e spleen esistenziale, alludendo anche alla depressione, male diffuso e oscuro dei nostri tempi,  con un invito a buttarsela alle spalle: “cancelliamo il blu di ieri”; la song è un invito a scrollarsi di dosso, “ballando con i pensieri” l’immobilismo causato dalla depressione.
Volevo registrare un disco che tenesse conto dei miei esordi new wave e synth pop con il mio primo progetto, la band Art Déco (il cui materiale è stato ristampato di recente in vinile dalla label milanese Fonogrammi Particolari), addirittura riprendendo dei brani inediti che avevo composto allora con nuovi arrangiamenti (ce ne sono tre all’interno del disco): i miei riferimenti sono la new wave e il post punk degli 80’s, Japan, Roxy Music, Ultravox, e Bowie, specie l’esperienza di “Blackstar”: infatti l’uso del sax e di musicisti di estrazione jazz sono stati una scelta che va in questa direzione e coerente col mio precedente “Cambiamori”, con l’intento, questa volta, di aggiungere molto più beat grazie ad una potente macchina ritmica come quella fornita da Phil Mer alla batteria e da Andrea Lombardini, il cui basso fa da collante a tutto il sound spaziando da potenti linee di basso minimaliste e wave a sofisticate digressioni col fretless bass.
Lombardini è anche l’arrangiatore e il produttore artistico: con lui fin dall’inizio abbiamo deciso di privilegiare la ricerca del ritmo e del groove per tutte le song che avevo già in fase demo proposto con un abbondante uso di keyboards e ritmi sostenuti.
La scelta però è stata di “suonare” tutto, senza utilizzare né drum machine né sequencer e anche là dove si percepiscono sequenze, sono solo il frutto di un uso creativo di effetti a pedale utilizzati creativamente su basso e chitarre. Le tastiere sono state suonate da Emanuele Maniscalco soprattutto col gusto di estrarre suoni particolari. Dario Volpi ha registrato le parti di chitarre più delicate e raffinate (“Sogni di te”), Alberto Milani, già protagonista del precedente “Cambiamori” ha donato, come è suo stile, graffi rock e texture ambientali dal mood malinconico (“Volume Altissimo”) e post-rock, Xabier Iriondo (Afterhours, Bunuel e molti altri) ha inserito elettricità pulsante (“Il Blu di ieri” “Giardino”). La jam finale sulla cover dei Cure “All cats are grey” coinvolge tutti i musicisti e dà risalto alla deriva free del sax del jazzista torinese Paolo Porta, altro protagonista di un po’ tutto il disco con l’intento di colorare di un  mood più black e free la materia rock wave dell’album.
Qualcosa sui testi in particolare...
I testi sono a più livelli come faccio sempre, cercando di far coincidere il “suono” delle parole con il loro potere di evocare altri mondi, significati, suggestioni: il romanticismo decadente, perfino un po’ gotico, ma  passionale e onirico di “Sogni di te” e ”Giardino”, la voglia di raccontare lo spleen e la forza di una generazione in “Arrendersi” e “Volume altissimo”, lo sguardo affettuoso alla stagione (per me) seminale del post punk in “Notti senza sogni”, l’attenzione preoccupata al presente e al futuro pensando alle nuovissime generazioni “Un Mondo Nuovo”. “Stai” , un invito a rimanere fedeli a se stessi, fuggendo da una situazione claustrofobica se necessario.
Qualcos'altro sui tuoi cantanti di riferimento? 
Senz’altro David Bowie, Brian Ferry, David Sylvian, ma anche new wavers come Adrian Borland (The Sound) e Ian Curtis.
Qual è l’esperienza lavorativa che più ti ha segnato fino ad ora?
Scrivere e creare musica e poi suonarla dal vivo è l’esperienza lavorativa più importante ed eccitante che abbia mai avuto. 
Invece quella mai fatta e che ti piacerebbe fare?
Mi piacerebbe aprire una galleria d’arte. Amo molto l’arte moderna e contemporanea.
Progetti futuri? Farai un tour? 
Durante l’inverno ci saranno diverse date promozionali in alcuni club e poi per l’estate nei festival. Sto anche contribuendo a scrivere materiale per un album di musica elettronica piuttosto underground con degli amici di Varsavia. Forse un libro di poesie, è tanto che ci penso.
Fattitaliani

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