Venezia 75, Natalie Portman in concorso con Vox Lux, "una riflessione sui legami tra violenza e cultura pop"

di Emanuela Del Zompo - Dopo Lady Gaga, Natalie Portman interpreta una cantante pop nel film Vox Lux. A differenza di A Star is Born, il film della Portman sottolinea i drammi del XX° secolo come dice il regista Brady Corbet. E' la storia di Celeste che deve il suo successo ad un evento drammatico della sua adolescenza.

Quando un giovane disturbato massacrò l'insegnante di musica e metà della sua classe lasciando Celeste ferita, ma viva. "Ho visto tanti documentari sulla musica pop e le sue star ma non mi sono ispirata a qualcuno in particolare - dice Portman - ho potuto però rubare tanti dettagli che mi hanno aiutato ovviamente a creare il mio personaggio. Ho lavorato molto per registrare i brani composti da Sia e mi sono impegnata tanto sulla danza, anche se va detto che siccome mio marito è ballerino e coreografo ho avuto il vantaggio di potermi allenare a casa".
Il marito ballerino è Benjamin Millepied, conosciuto sul set del Cigno nero, presentato proprio qui alla Mostra, e a chi chiede a Portman di fare un paragone tra la vita sopra le righe della popstar Celeste (capricciosa, fragile, insicura, vittima delle dipendenze che siano alcol, antidolorifici o il successo) e quella di un'attrice da Oscar dice: "Per me c'è una grossa differenza che riguarda l'ego che cresce intorno a una popstar. Quello che distingue poi la quotidianità di noi attori di cinema rispetto ai musicisti è che loro finiscono per essere sempre on the road, possono passare anche un anno intero in aereo o in autobus e quindi si crea una sorta di famiglia lavorativa, un ecosistema diverso intorno a loro. Quando amore e affari si mescolano il risultato può essere qualcosa di corrotto". Il film infatti mostra il complicato rapporto che si viene a creare tra Celeste, sua sorella maggiore Ellie, il suo manager (interpretato da Jude Law) e sua figlia adolescente.

Il regista Brady Corbet definisce "una cronaca del passaggio al ventunesimo secolo, una riflessione su quello che abbiamo affrontato negli ultimi vent'anni. Viviamo un'epoca di ansia, credo che non ci siano mai state tante notti insonni. Io vengo dal Colorado, la strage di Columbine mi ha colpito profondamente ma ho scelto di non fare direttamente riferimento a quel fatto storico perché volevo che il discorso prendesse un significato più universale". 

Secondo Natalie Portman il film, che ambienta la strage nel liceo di Celeste proprio nel 1999, anno di Columbine, non contiene un messaggio diretto che riguarda gli omicidi di massa nelle scuole: "Non credo nei film con i messaggi ma penso che sia piuttosto una riflessione sui legami che esistono tra la violenza e la cultura pop. Quando ho letto la sceneggiatura ho avuto subito l'impressione che si trattasse di un ragionamento molto interessante sulla società in cui viviamo che più che dire qualcosa al pubblico vuole fargli provare qualcosa". E a chi le chiede se abbia avuto un peso per lei il fatto di provenire da un Paese che ha fatto esperienza quotidiana del terrorismo, l'attrice israeliana risponde: "Sono sempre stata interessata agli effetti psicologici della violenza sulle persone per il fatto di provenire da un Paese che ha a che fare tutti i giorni con questo problema, ma ormai il fenomeno è globale. Negli Stati Uniti le stragi nelle scuole sono quotidiane e io sono impressionata dall'impatto che ha sui ragazzini e sulle loro famiglie quella che io ritengo una guerra civile".  
Fattitaliani

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