di Laura Gorini - È una donna solare, simpatica e alla mano Chiara Moscardelli.
Scrittrice di successo, ci ha fatto sorridere e ridere per tutta
estate con il suo romanzo Teresa
Papavero e la maledizione di Strangolagalli.
Ma dietro a questo aspetto apparentemente giocoso la scrittrice
nasconde anche una grande sensibilità e una profondità d'animo
davvero ragguardevole.
Chiara,
presentati ai nostri lettori con pregi, vizi e virtù...
Ciao a
tutti! Mi chiamo Chiara e non sono una gatta morta, purtroppo. Primo
difetto! Sono grassa e combatto con i chili di troppo da quando ne ho
memoria. Vorrei che un uomo dicesse di me: “La odio! E’
antipaticissima, ma quanto me la sposerei!!!” E -invece- sono la
migliore amica di tutti. Secondo difetto. Vizi ne ho tanti: mi piace
mangiare e bere del buon vino. Sono una spendacciona e non posso
permettermelo. Virtù non credo di averne, ma se c’è un pregio che
mi riconosco è quello di sapere ascoltare tutti.
Sei una
giornalista molto amata e una scrittrice molto apprezzata. Ma come ti
sei avvicinata al mondo della scrittura?
Avevo
trent’anni, ero andata a vivere finalmente da sola. Mi aspettavo un
futuro alla Sex and the city e
invece non avevo i soldi neanche per farmi un aperitivo. Della serie:
o pagavo l’affitto o uscivo. A casa mi dicevo: "come mi sono
ridotta così?". E allora mi sono messa a scrivere dal momento
che era l’unica cosa economica che potevo permettermi di fare. Così
è nato: "Volevo essere una gatta morta".
Da
bambina che cosa sognavi di fare da grande?
Come tutte
le figlie degli Anni Settanta non avevo le idee molto chiare su che
cosa avrei fatto da grande e sognavo le cose più disparate: dalla
ballerina all’astronauta, dall’infermiera (per colpa di Candy
Candy), fino ad arrivare all’attrice (per
colpa di Saranno famosi).
Poi sognavo di fare la mamma (non ero molto femminista). Ho fallito
in tutto.
Oggi
quanto credi che sia rimasto di te di quella bambina?
I sogni.
Anche se sono un po’ più sbiaditi. Sono ancora la bambina che
vuole diventare attrice, ballerina, astronauta, infermiera, etc. Solo
la mamma non posso più fare dal momento che sono fuori tempo
massimo.
Credi che
sia importante mantenere vivo dentro di noi "il nostro
fanciullino" di pascoliana memoria?
Assolutamente
sì. Se muore quello, muore tutto. Mai rinunciare ai propri sogni e
mai rinunciare al fanciullino che è in noi. Senza essere
anacronistici però. La maturità sta nell’equilibrio.
Anche la
tua Teresa Papavero, protagonista indiscussa del tuo nuovo romanzo,
ha mantenuto vivo questo aspetto in lei?
No. Teresa ha
rinunciato ai suoi sogni. Almeno all’apparenza. Tutte le mie
protagoniste sono bloccate dalle loro paure. Hanno paura di vivere,
di amare e poi succede qualcosa che costringe loro a buttarsi nella
vita. Noi siamo le peggiori nemiche di noi stesse. Siamo noi
l’ostacolo alla nostra felicità.
Ma
soprattutto quanto c'è di te in lei? Può essere vista come una
sorta di tuo alterego?
In realtà
tutte le protagoniste dei miei romanzi possono essere considerate un
po' una sorta di mio alterego: sto parlando quindi di Penelope
Stregatti di Quando meno te lo aspetti,
Agata Trambusti di Volevo solo andare a letto
presto e Teresa Papavero del mio ultimo
romanzo. Sono la parte di me che spicca il volo e che si libera
delle paure. Sogno di poterlo fare anche io prima o poi.
Si
narra nel romanzo che Teresa, conosce l’uomo col quale avrà un
appuntamento galante col suo tragico epilogo su Tinder,
un sito di incontri... Credi che sia davvero pericoloso oggi
affidarsi ad essi per incontrare l' anima gemella?
No, ormai se
si è attenti non può davvero succedere nulla. Anzi. E’ più
sicuro conoscerli su Tinder
che al bar. Lì almeno puoi prima controllare chi sono attraverso i
social. Sai già tutto di loro. Poi certo se ti aspetti di incontrare
l’anima gemella lì allora questo è l’errore. C’è sempre
qualcuno che ti dirà che ha conosciuto qualcun altro che ha
conosciuto l’uomo della sua vita su Tinder.
Ma a te non succede mai! Chissà perché...
In
generale qual è il tuo rapporto con Internet e i Social Network?
Ottimo. Lo
uso per lavoro e per promuovere i miei libri. Non lo uso mai per dire
qualcosa di me. Se sto male, se perdo qualcuno di caro, se incontro
un uomo, se finisco in ospedale, etc non lo uso dal momento che - a
mio avviso- tutto ciò fa parte della sfera personale e privata e
deve rimanere tale. Mi fa molta paura la spettacolarizzazione dei
sentimenti. Ma penso che chi lo fa -magari- ne ha bisogno, quindi va
bene così.
Ma a
livello prettamente lavorativo sono davvero utili oppure no?
Penso
proprio di sì. Come dicevo prima, possono aiutarti a farti conoscere
come professionista, oltre che metterti in contatto con persone
interessanti. Io devo moltissimo ai Social Network. Mi hanno dato
molto e mi hanno fatto entrare in contatto con persone bellissime.
Quali? I miei lettori e le mie lettrici!