Di Corcia decide di raccontarlo nel suo ultimo libro, attraverso le voci
indulgenti e nostalgiche delle donne che hanno attraversato la sua vita.
Andrea Pazienza era un Titano non si limitava a fare arte ma era egli stesso
ARTE ed è per questo che si è consegnato all’immortalità.
Precursore della Graphic Novel, acclamato come una Rockstar, fu Maurizio
Marsico a definirlo il Mozart del fumetto.
Era non solo un fumettista ma anche un autore letterario e un Poeta.
Di Corcia, così come aveva fatto con il libro “Alda Merini e Michele Pierri –
Un amore tra poeti”, ancora una volta ha
colpito al cuore. Leggi e ti sembra di far parte del racconto. Fin dalle prime
pagine, le lacrime scorrono da sole.
Fattitaliani ha incontrato Tony Di Corcia a Polignano a
Mare, al Festival del Libro Possibile.
Come hai scoperto Andrea Pazienza?
Da sempre, è
cresciuto a San Severo in provincia di Foggia ed io vivo a Foggia. Per noi è
una gloria nazionale. Me ne sono sempre occupato nelle testate che ho diretto e
per cui ho scritto. Purtroppo non ho fatto in tempo a conoscerlo di persona
perché quando è scomparso, avevo solo tredici anni.
Un fumettista italiano, acclamato come una
Rockstar. Com’era possibile più di trent’anni fa?
Era dovuto al grande
miracolo del talento di Pazienza che era dotato anche di una personalità
speciale, non solo è riuscito a diventare una Rock Star del fumetto ma è
rimasto un Mito non solo per chi lo ha seguito all’epoca ma anche per chi lo
scopre solo oggi, altrimenti è difficile
che si diventi un punto di riferimento per tante generazioni, alla base c’era
un grande talento come ho appena ricordato ma una cosa che va detta è che in
quegli anni siamo alla fine degli anni 70, il fumetto era un linguaggio molto
importante. Ad esso erano affidati dei messaggi molto importanti soprattutto di
natura politica e lui lo ha dimostrato con Pentotal e ha saputo portare nel
fumetto questi messaggi molto speciali ma anche perché c’era un pubblico che al
fumetto chiedeva ciò. Oggi il fumetto è amato da una nicchia di persone e
quindi il linguaggio non è più incisivo come poteva essere all’epoca.
Si parla di Pazienza come un precursore
della Graphic Novel. Cosa ne pensi? Assolutamente sì perché quella che noi
oggi chiamiamo graphic novel in realtà lui l’aveva già anticipata negli anni di
attività da copertinista. Quello che lui faceva era appunto graphic novel,
nella misura in cui era un fumettista ma era soprattutto un autore letterario
perché non dimentichiamo che Pazienza era anche un poeta. Scriveva e componeva
benissimo e secondo me va ricordato innanzitutto per aver rinnovato anche il
linguaggio letterario italiano. Conciliando e mescolando alto e basso, portando
il linguaggio della strada, della televisione, del cinema. Per quegli anni è
stata un’operazione molto all’avanguardia. Va ricordato come una figura
letteraria e non solo un artista o un fumettista.
Come nasce l’idea di raccontarlo
attraverso le donne che hanno attraversato la sua vita? Dieci anni fa in
occasione della sua morte ho intervistato Isabella Damiani che gli è stata
accanto come amica fino all’ultimo giorno della sua vita e ho trovato che il
modo di ricordarlo da parte sua fosse molto nobile e rispettoso, quindi ho
pensato che sarebbe stato molto bello ricordarlo in questo modo con delle voci
indulgenti, nostalgiche come quelle delle donne della sua vita.
Devo dire che gran parte del merito è dell’Editore Cairo perché era un progetto
che nascondevo dentro di me. Non pensavo di poterlo realizzare e invece il
Direttore Generale di Cairo Editore, Marco Garavaglia ha accolto questa idea e
mi ha permesso di realizzarla.
Nel libro dici che Andrea Pazienza è
stato un Titano e che “non bisogna morire giovani per consegnarsi
all’immortalità e non bisogna fare arte. Bisogna essere arte! Come nasce questo
pensiero?
E’ una cosa che mi è stata detta da alcuni Artisti che erano
anche suoi amici e da alcune persone che hanno fatto parte della sua vita.
Andrea Pazienza non si è limitato a fare Arte ma era egli stesso Arte. La faceva
in molti modi, da adolescente arrivò ad una festa con un pitone al collo.
Faceva performance, era uno che riusciva a trasformare l’istante in opera
d’arte. La sua opera d’arte più bella è stata la sua personalità e la vita
stessa.
Ha molto amato le donne. Durante la
presentazione hai detto che il mondo non finirà mai, fino a quando sarà
raccontato dalle donne. Che rapporto hai con le donne che ti sono accanto?
Sono il risultato delle donne della mia
famiglia. Sono stato cresciuto da mia mamma, da mia nonna, dalle zie, dalle
amiche di famiglia. Sono cresciuto soprattutto ascoltando i discorsi delle
donne. Sono cresciuto con loro fino agli anni del Liceo. Le figure maschili
erano molto rare nella mia vita e nella mia famiglia. Non avevo grandi rapporti
maschili, viceversa mi relazionavo molto con queste figure femminili che mi
hanno trasmesso l’amore per l’ascolto e la narrazione. Mia nonna riusciva a
raccontarmi cose degli anni ’20, ‘30 o di molti anni prima che a sua volta le
erano stati raccontati ed io ero lì che ascoltavo, immaginavo. E’ stato
veramente un grande esercizio, ascoltare le donne della mia vita. Crescendo,
ovviamente, i rapporti cambiano, si trasformano, diventano un’altra cosa. Non
posso negare, anzi, chino il capo con gratitudine pensando a quanto mi hanno
insegnato con i loro discorsi.
Elisabetta Ruffolo
La femmina è meravigliosa. Vita impaziente di Andrea
Pazienza.
Autore: Tony Di Corcia.
Editore: Cairo
Autore: Tony Di Corcia.
Editore: Cairo