Luigi Mingrone, talentuoso e giovane regista catanese, ci presenta il suo ultimo corto, “L’origine”. L'intervista

di Andrea Giostra -
Ciao Luigi, benvenuto e grazie per la tua disponibilità. Se volessi presentarti quale artista della settima arte ai nostri lettori, cosa diresti di te? Come ti presenteresti per far sapere cosa fai e chi sei nel mondo del cinema?

Innanzitutto, vi ringrazio per l’attenzione e la curiosità riguardo il mio ultimo lavoro. La domanda sulla presentazione personale rappresenta sempre un quesito a cui non è semplicissimo rispondere ma ci proverò. Sono un giovane regista siciliano, ho 25 anni ma, sono stato, fin da piccolo, molto curioso. La mia curiosità verso il mondo del cinema nasce già da adolescente. Quando avevo 12-13 anni, mi dilettavo a mettere in scena delle “situazioni”, chiamiamole così, che riprendevo con vecchie telecamere a cassetta. In assenza di programmi per montare, stop e start nella telecamera rappresentavano un buon mezzo per collegare le varie scene… un gioco divertente… Le passioni, però, vanno tirate fuori ed io sono stato fortunato a frequentare un liceo che ci permettesse di seguire dei corsi di arte. Grazie al mio liceo ho avuto l’occasione di partire per Torino, in cui si teneva un festival dei cortometraggi e, solo qualche anno dopo ebbi l’occasione di conoscere Massimiliano Coppola tramite un corso di regia di cui lui era l’insegnante, il quale, poi, mi permise di seguirlo in alcuni suoi lavori. In quegli anni, ricordo anche di aver seguito un progetto guidato da Elena Russo e grazie a questo ho compreso quale potesse essere la mia strada. Subito dopo il liceo ho frequentato l’accademia di belle arti di Catania. Con piccoli lavori, quali spot pubblicitari, videoclip, e programmi su reti regionali, ho avuto modo di accrescere le mie conoscenze riguardo la figura di regista. La svolta decisiva avvenne al mio ritorno da un videoclip girato a Bucarest in cui conobbi John Real, regista e produttore, che mi ha insegnato tanto sul campo, con cui ancora oggi collaboro e che di recente mi ha dato la possibilità di firmare la fotografia del suo ultimo film. Ad oggi riconosco che, nel corso della mia formazione, John ha ricoperto un ruolo rilevante, gli devo moltissima gratitudine.

Ci parli del tuo ultimo lavoro, il corto “L’origine”? Come nasce questo progetto? Qual è il messaggio che vuoi lanciare allo spettatore?

Il mio ultimo corto, L’origine, parte da un’idea di Domenico Galofaro il quale mi ha incaricato di rappresentare, una parentesi molto importante della sua vita. Quando mi ha parlato della sua idea, di ciò che voleva rappresentare, raccontare, ne sono uscito molto incuriosito ed ispirato. Ho riconosciuto sin da subito, però, che sarebbe stato un lavoro, da molti punti di vista, complicato per varie ragioni. Innanzitutto, riuscire a far convergere il dramma, l’ironia, la tematica sociale rappresentandoli tutti in pochissimi minuti e cercando di non mescolarli troppo, dunque di mantenere una certa singolarità per ognuno di questi, così come trattare temi sociali importanti che oggigiorno riguardano la disoccupazione, la ricerca del lavoro desiderato anche lontano da casa, le relazioni a distanza che finiscono per negare il “lieto fine”.

Come definiresti il tuo stile artistico? C’è qualche regista al quale ti ispiri?

Senza ombra di dubbio, definirei il mio stile artistico, come drammatico. Prediligo molto le storie non a lieto fine e mi piace raccontare vicende che hanno un fondo di verità, di realtà o che si avvicinino a tematiche molto attuali. Un altro tema di cui mi piace trattare è “il tempo”, credo che questo possa offrire molti spunti di riflessione, il tempo ci guida, ci fa riflettere, ci trasforma, fornisce delle risposte. Non a caso, i registi a cui faccio riferimento sono: Christopher Nolan, per i suoi temi ed il modo in cui riesce a raccontare le storie, non a caso mi piace il modo che ha di trattare il tema del “tempo”, a partire dallo script, montaggio e scelta musicale; Martin Scorsese per il modo diretto e crudo che ha di raccontare i suoi film ed infine Giuseppe Tornatore che, nonostante le storie semplici riesce ad incantare lo spettatore.

Chi sono secondo te i più bravi registi nel panorama internazionale? E con chi di loro vorresti lavorare e perché?

Oltre i registi da cui traggo ispirazione, mi piacerebbe moltissimo lavorare con Tarantino e Tim Burton. Sostengo che i loro set, siano senza ombra di dubbio, tra i più divertenti e artistici al mondo.

Quanto è importante nel cinema lo studio e la disciplina? Perché secondo te, un giovane che volesse lavorare nel mondo del cinema deve studiare, perfezionarsi e fare esperienza?

Così come per ogni disciplina, ritengo che lo studio, la conoscenza, l’approfondimento siano fondamentali. Chiaramente lo studio va accomunato all’esperienza sul campo. Le nozioni teoriche sono molto importanti ma diventano utili solo se poi applicate sul campo pratico. Osservare, sperimentare, mettersi in gioco, permettono di acquisire nuove conoscenze e competenze tecniche e professionali.

Alcuni programmi televisivi fanno passare l’idea che per diventare artisti o attori, basta solo avere fortuna ed essere lanciati dalla “notorietà social o televisiva”. Tu che ne pensi di questo?

Credo che questo sia uno dei problemi del nuovo cinema italiano….

Quanto è importante la sceneggiatura in una produzione cinematografica? Chi sono, dal tuo punto di vista, gli sceneggiatori contemporanei più bravi?

Penso che, un’ottima sceneggiatura possa aiutare sia gli attori che i registi nel loro lavoro, inoltre, se scritta in maniera minuziosa e precisa può avere la potenza di far nascere il film già dentro di noi, mentre la si legge, tanto da percepire immagini, inquadrature, colori, musiche… questo può aiutare anche il regista soprattutto a scegliere i ruoli più importanti della crew come: direttore alla fotografia, compositore, etc. Credo che Jonathan e Christopher Nolan siano davvero bravi.

Come è nata la tua passione per la settima arte?

Ricordo quando da bambino vidi per la prima volta Titanic al cinema, ricordo il grande schermo, ricordo il suono avvolgente, ma ricordo anche quando, ad un certo punto, nel finale del film, girandomi vidi la gente in lacrime per l’emozione. Avevo solo cinque anni e già mi chiedevo come potesse mai un uomo avere la capacità di poter creare un film tanto bello ed emozionante da riuscire a far commuovere una intera sala. Da lì capii la grande potenza del cinema. Essendo un’arte di pari livello alla poesia, pittura etc., il cinema penso che sia un’ottima soluzione per potersi raccontare e per poter esprimere le proprie idee e sensazioni. Sicuramente ogni regista dovrebbe fare cinema in primis per sé stesso.

Un’ultima domanda Luigi, immaginiamo che hai di fronte una platea di adolescenti di una scuola media superiore. Il tema del simposio è il cinema, la settima arte. Cosa diresti loro per catturare l’attenzione? Quali i tre temi più importanti da affrontare per appassionarli al cinema?

Uhm… che bella responsabilità! Direi loro che un giovane regista, grazie a quest’arte ha il potere di fare incuriosire, ridere e commuovere il pubblico. Tutto questo, naturalmente, affrontando i propri temi, senza farsi lasciare trasportare dalle aspettative e dalle mode del momento.

Luigi Mingrone

Andrea Giostra

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