Bruxelles, la regia secondo Terry Gilliam: “molto del mio lavoro è incosciente"

Il mitico regista alla prima edizione del Briff, Brussels International Film Festival, dove è stato protagonista di una masterclass riservata agli addetti ai lavori. Il nostro resoconto. 

di Alma Torretta - Bruxelles ha dispiegato il tappeto rosso per accogliere, dal 20 al 30 giugno, i tanti ospiti previsti per il debutto di un festival cinematografico che vuole accendere i riflettori sulla capitale europea anche come città del cinema, dove si girano sempre più film e dove pure sembra ormai tutto pronto per accogliere una rassegna in prospettiva come quella di Cannes. E dopo essere stato presentato in anteprima assoluta proprio a Cannes, non a caso il Briff di Bruxelles è stato inaugurato dalla proiezione, in seconda anteprima prima che il film esca nelle sale a luglio, da “The man who killed Don Chichotte” alla presenza del suo autore, il regista americano ma ormai naturalizzato inglese, Terry Gilliam che ha firmato capolavori ormai mitici quali il film Monty Python, Brazil o Twelve Monkeys. Ma anche, non molti lo sanno, due straordinari allestimenti di opere liriche: La damnation de Faust e Bevenuto Cellini, entrambi su musiche di Berlioz. Il suo modo di essere regista è stato al centro di una masterclass a Flagey riservata ai professionisti del settore. 

Gillian nasce in Minnesota e inizia la sua carriera come disegnatore, e l’amore per i cartoon non l’ha mai abbandonato, “qualcuno non cresce ed io sono uno di questi”, ma poiché ad un certo punto gli veniva troppo facile, ha deciso di passare a fare qualcosa di più complesso: film, appunto. Si è presentato sulla scena di Flagey in sandali, jeans fuori moda e camicia tropicale, una ciocca di capelli sul basso della nuca a formare una treccina. Irriverente nell’aspetto, dalla battuta sempre pronta, sempre sorridente, è sembrato che si sia divertito davvero tanto a ripercorrere le tappe fondamentali della sua carriera e a rispondere alle domande. Il suo entusiasmo, la sua simpatia, la sua energia, sono palpabili e contagiosi. “Per un lungo periodo ho lavorato da solo per realizzare i miei cartoon, con i film siamo in tanti a lavorare insieme...io ad esempio non sono bravo nel scrivere i dialoghi...ma poi sono io che mi prendo tutti i riconoscimenti...e poi dicono che sei un genio ma non è vero, io faccio solo da giusto filtro” e ride, sorride tanto Gilliam. Ma come gli nasce l’idea di un film? “E’ come un incubo che non mi vuole lasciare...devo realizzare quell’idea.. scrivo lo script, lo disegno”. E confessa: “molto del mio lavoro è incosciente, a volte cerco di capire perché faccio quello che faccio”, però dietro ci sono anni e anni di studio, di letture, sono state ricordate le sue passioni per il Medioevo come per il surrealismo, per Bosch come per Magritte, per i film espressionisti tedeschi. 
Ma la sceneggiatura per Terry è solo “una mappa” perché durante la realizzazione “può accadere qualcosa di interessante che noto e decido di metterla nel film”. Ed anche gli attori è lasciata libertà, “non mostro come devono interpretare un personaggio...dico: Recita! Divertiti! e guardo quello che succede”. Con i suoi attori, un mix di star e di debuttanti, deve esserci un rapporto di grande fiducia: Come sceglie i suoi attori? “Non ho un piano, ma so quello che voglio: intelligenza, humour, istinto, genuinità, onestà...andiamo a bere un bicchiere per conoscerci meglio!...recitare è un mestiere pericoloso, ti devi fidare”. 
Gilliam si è definito “casual” anche riguardo ai mezzi tecnici, sperimenta con i diversi tipi di pellicola e la tecnologia a disposizione. “Ma i miei effetti speciali devono essere realistici, invisibili...perché solo quelli che sembrano realtà procurano una vera, fisica, sorpresa”. Quanto al montaggio: “è la mia punizione peggiore”, per questo ha bisogno d’aiuto “per togliere quello che io non sono capace di togliere…ma a volte si tratta solo di spostare una scena che non è messa al posto giusto...perché sia tutto chiaro”. “Per questo non dico mai: è il mio film” conclude con onestà.  
Per quanto riguarda l’opera lirica, “all’inizio non l’amavo”, poi l’ha scoperta e “ho accettato di fare La damnation de Faust perché non è mai stata un grande successo, se mi avessero chiesto di mettere in scena Il flauto magico sarebbe stato diverso...e dicevo: non stiamo mettendo in scena un’opera ma uno show”. Lo stesso è accaduto per Benvenuto Cellini, altra opera di Berlioz di poco successo per cui Gilliam si è sentito d’affrontare la sfida, e che con Gilliam è diventato un grande successo.
La musica ha ultimamente portato a  Bruxelles Terry Gilliam perché il mixaggio finale del suono del suo Don Quichotte è stato realizzato qui “perché lo Stato belga ci dà aiuti, soldi, per venire qui”. 
Il Belgio sembra proprio intenzionato a conquistarsi un posto di primo piano nell’industria del cinema. Il Briff ne è un ulteriore tassello, undici giorni di proiezioni ed eventi in otto diversi luoghi della città, 72 film in programma, quindi 6,54 in media per giorno. Oltre a Terry Gilliam, quest’anno ospite d’onore è arrivata Claudia Cardinale a cui è stata dedicata una completa retrospettiva; e impossibile, tra tanto altro, non citare l’omaggio per i quarant’anni di un altro film mitico, Grease, proiettato in versione restaurata alla presenza del suo regista Randal Kleiser; e Gèrard Depardieu per  presentare “Le Valseuses”. Film in competizione su tre livelli: nazionale, europeo e internazionale. Un Villaggio del cinema in pieno centro di Bruxelles, in Boulevard Anspach dove non manca la musica anche per danzare e cantare,  e dove si terrà sabato prossimo 30 giugno la grande, attesa, serata di chiusura. 
Alma Torretta
Fattitaliani

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