Benvenuta Roberta, e grazie per la tua disponibilità. Ai nostri
lettori che volessero conoscere qualcosa di più di te quale scrittrice e
attrice, cosa racconteresti?
Grazie a te Andrea. Sono una
persona che ha sempre amato l’arte in tutte le sue forme. Nel passato ho fatto
parte, per circa 5 anni, di un gruppo di musica popolare siciliana, I
Ciarmacantu, in cui oltre che essere l’unica voce femminile ero anche uno degli
autori di alcuni dei testi delle canzoni. Ho anche ballato, per altrettanti
anni, danza del ventre frequentando l’accademia di danze orientali di Palermo.
Ai tempi dell’università, sempre a Palermo, ho frequentato il teatro di Michele
Perriera, cosa che poi ho dovuto abbandonare perché comportava troppo impegno
in termini di tempo. In tutto questo, però, non ho mai smesso di coltivare il
mio amore per la lettura dei romanzi gialli, tanto che ne avevo scritto uno,
“Cadaveri allo specchio”, all’età di ventidue anni. Solo da poco ho deciso di
pubblicarlo. Visto l’interesse suscitato con quel libro ho deciso di scriverne
un secondo, “La maledizione dell’ultimo regista”, che come puoi ben capire è
ambientato nel mondo del cinema, mia attuale ulteriore passione. Ho creato,
così, un connubio tra due interessi che coltivo nella vita: la scrittura di
gialli e la scrittura di sceneggiature per film, oltre che l’attività di
attrice. Il romanzo giallo è un genere che come ti dicevo mi è sempre piaciuto.
Mi piace cercare di costruire trame intrigate e ricche di suspense e misteri ed
ho voluto, in questo ultimo libro, esagerare con il mistero. Per quanto
riguarda il cinema, ho appena finito di girare un corto a Torino scritto da me
e da un mio collega e amico, Tony Morgan, che si intitola “Michael la voce
della notte” che parla di un giornalista che non vuole sottostare alle regole
del potere, parla della libertà dell’informazione, tema molto attuale, ed ho
già altri film in cantiere.
Ci parli del tuo ultimo romanzo pubblicato recentemente, “La maledizione dell’ultimo regista”?
Qual è il tema dominante e quale il messaggio che vuoi lanciare ai tuoi
lettori?
Beh, sai, quando si parla di
thriller o noir o romanzi gialli, difficilmente ci sono “messaggi” che si
vogliono inviare ai lettori. Ho voluto, però, parlare di alcuni luoghi della
Sicilia cogliendone sia aspetti positivi che negativi. In particolare, il
romanzo si svolge nel castello di Falconara che si trova nella mia provincia,
Caltanissetta, ed ho voluto porre una lente d’ingrandimento anche su Ragusa, a
mio avviso una delle più belle città che abbiamo in Sicilia. Il racconto narra
di due registi di fama internazionale che vogliono girare un film sulla vita di
Cagliostro e decidono di farlo proprio a Falconara. Il castello è la locazione
perfetta per un film su questo personaggio, amante dell’esoterismo,
dell’alchimia, della magia. Durante le riprese, però, iniziano a manifestarsi
fatti un po’ strani, difficilmente spiegabili, fino ad un omicidio
apparentemente senza alcun movente. Ma come in tutti i gialli che si rispettino
il movente c’è e mi piace coinvolgere i lettori nella soluzione del mistero.
Cosa non molto semplice.
Come è nata la tua passione per lo scrivere, e qual è il tuo
proposito, il tuo scopo nel raccontare le tue storie?
Quando ho scritto il primo
romanzo, a ventidue anni, ho voluto mettermi alla prova. Leggevo molto ma non
avevo mai pensato di scrivere qualcosa. Non sapevo neanche da dove cominciare.
Poi, man mano che scrivevo, mi rendevo conto che era una cosa che mi
appassionava moltissimo. Il fatto di creare qualcosa dal nulla, di partorire
un’idea e renderla coinvolgente, unica, appassionante, mi dava adrenalina ed un
senso di realizzazione e di libertà. Non pensavo però, minimamente, di pubblicarlo.
Lo scrivevo per me stessa. Fino a che qualche tempo fa lo lesse mia madre,
anche lei una giallista incallita, e mi disse che secondo lei era molto bello.
Ho voluto crederle, anche perché mia madre non è il tipo da dirmi cose che non
pensa solo per compiacermi. E così lo pubblicai e lo dedicai a lei. Tante
persone che lo hanno letto mi hanno invogliato, con i loro commenti
lusinghieri, a scrivere e pubblicare il secondo.
Come definiresti il tuo stile letterario? C’è qualche scrittore
al quale ti ispiri?
Sono un’amante di Agatha Christie
e credo che il mio genere sia un po’ quello. Lungi da me volermi minimamente
avvicinare alla bravura di questa grande scrittrice ma, avendo letto tutti i
suoi romanzi, anche più di una volta, credo che mi venga naturale e che mi
piaccia seguire un po’ il suo genere. Alcuni amici ormai mi chiamano Agata.
Posso esserne solo lusingata.
Perché secondo te oggi è importante scrivere, raccontare con la
scrittura?
È stato sempre importante ma
forse, oggi, con l’avvento di tutte queste tecnologie, che ci allontanano un
po’ dalle cose importanti della vita, lo è ancora di più. Serve a conciliarsi
con sé stessi ma anche con gli altri, perché si scrive per gli altri. Invece di
stare ore su Facebook o su internet, i ragazzi dovrebbero capire che si può
impegnare il tempo in cose molto più proficue, come la scrittura, oltre che la
lettura ovviamente. Si può raccontare quello che si vuole e come si vuole. Io
ho scelto questo genere perché mi è congeniale ma si può raccontare con una
poesia, con una canzone, con qualunque cosa possa scaturire dalla nostra
creatività per dare qualcosa di bello a sé stessi ed agli altri. Condividere
pensieri, sentimenti, opinioni. Oggi, purtroppo, abbiamo perso questi valori e
sarebbe importante riuscire a conquistarli nuovamente.
Cosa consiglieresti a chi volesse cimentarsi a scrivere
racconti, romanzi, delle storie?
Di lasciarsi andare, lasciare che
l’istinto prenda il sopravvento. C’è sempre tempo per correggere le bozze, per
modificare una storia, per correggere l’ortografia. Non c’è tempo, invece, per
le idee originali. Bisogna coglierle subito altrimenti si rischia di
dimenticarle. Bisogna, quindi, buttare subito giù quello che si pensa, giusto o
sbagliato che sia. Poi ognuno trova la sua tecnica, quella che gli viene
naturale. Per me, ad esempio, è importante la regola del “gambero”. Io inizio
dalla fine e poi cammino a ritroso. Penso a come deve essere il finale,
qualcosa che deve stupire, di inimmaginabile. Appena l’ho trovato vado a
ritroso camminando come i gamberi o i granchi e costruisco attorno tutta la
storia. Non so se la Christie facesse così ma per me funziona benissimo. È un
metodo deduttivo che aiuta nella scrittura, anche perché creare trame intrigate
in un giallo, senza contraddirsi, scrivendo cose che abbiano un senso logico,
ricordandosi di tutti i punti fondamentali senza che poi le cose risultino non
veritiere non è affatto semplice. Tutto deve essere coerente.
Immagina una convention all’americana, tenuta in un teatro
italiano, con qualche migliaio di adolescenti appassionati di lettura. Tu devi
introdurre i lavori del simposio. Cosa racconteresti a tutti questi adolescenti
per appassionarli alla lettura e alla scrittura? Quali sono secondo te i tre
punti più importanti che un bravo relatore dovrebbe introdurre in una
convention di questo tipo?
Io comincerei con il parlare
della “creatura” libro. Creare un libro è come fare un figlio, con la semplice
differenza che qui lo fai da sola e te lo scegli come preferisci. Lo vuoi
lungo? Corto? Che parli con linguaggio raffinato oppure volgare? Lo vuoi dolce
oppure determinato e incorruttibile. Il titolo? Il titolo è il suo nome, è
quello che si porterà sempre dietro e ti deve piacere, così come la copertina
che rappresenta il suo aspetto fisico, come i capelli, gli occhi. La vuoi
rossa? Gialla? Oppure nera, scura. Tutto rispecchia il tuo modo di essere,
d’altronde è la tua creatura, tua e di nessun altro, e qui puoi metterci tutta
la creatività che vuoi. Nessuno ti potrà mai dire nulla, forse una censura se
esagerato nel riportare il racconto, ma non deve passare un esame, non deve
essere approvato da nessun altro se non da te stesso. Ed è questa la cosa più
bella, scrivere ti mette in relazione, prima di tutto con te stessa, poi con
tutti gli altri che potranno imparare a conoscerti attraverso la lettura del
tuo libro. Perché quel libro sei tu. E allora li esorterei a scrivere, a realizzare
le loro creature, ma anche a leggere, perché è importante anche conoscere gli
altri, quello che anche gli altri hanno da dire, le loro piccole o grandi creature.
E poi, se si è davvero bravi e magari non lo si sa, ci si può aspettare un
colpo di fortuna, come ad esempio è successo alla Rowling di Harry Potter, che
aveva iniziato a scrivere per i figli ed è diventata famosissima. Quindi si può
anche riuscire a diventare qualcuno, soprattutto se si ha un dono innato. E
allora proviamoci, provateci direi ai ragazzi, non state li fermi, provate fin
da ora ad inventare una storia e buttarla giù. Sono sicura che qualcuno di voi
riuscirà benissimo. E non abbiate paura a fare leggere le vostre opere, anzi,
così almeno vi renderete conto del valore intrinseco delle stesse opere. Quindi
per me i tre punti più importanti che metterei in evidenza sono: far capire
l’importanza dello scrivere in quanto realizzazione di una nostra esclusiva
creatura, l’importanza di identificarsi con la propria opera per farsi
conoscere e per riuscire a dare qualcosa agli altri, l’importanza di
abbandonare la paura e di mettersi in gioco, di osare e fare leggere le proprie
opere perché solo così potremo capire se abbiamo talento oppure no.
Quali sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti?
Dove potranno seguirti i tuoi lettori e i tuoi fan?
Lunedì 28 maggio alle 17,30 a
Catania, al Palazzo della Cultura, ci sarà la presentazione de “La maledizione
dell’ultimo regista” condotto dal dott. Salvo Di Dio. Verranno letti alcuni brani
e ci sarà una sorpresa finale per gli astanti. Per quanto riguarda i film già
girati, verranno presentati nei vari festival e siamo pronti a girarne altri.
Uno, in particolare, si chiama “Bacio” e verrà ambientato a Taormina. È tratto
da un omonimo libretto scritto da me e Tony Morgan.
Roberta Arnone
Andrea
Giostra
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