L'attore e regista Nando Morra a Fattitaliani: il merito va sempre valutato senza alcun pregiudizio. L'intervista


Nando Morra, attore e regista, ci racconta la sua arte. Intervista di Andrea Giostra.

Ciao Nando, benvenuto e grazie per la tua disponibilità. Se volessi presentarti quale artista della settima arte ai nostri lettori, cosa diresti di te? Come ti presenteresti per far sapere cosa fai e chi sei nel mondo del cinema? 
Innanzitutto, è doveroso da parte mia iniziare con il ringraziare Voi e salutare i lettori; un modo per presentarmi come persona educata, in un’epoca in cui educazione e rispetto sono diventate perle rare, purtroppo! Parliamo ora dell’artista (parola grossa direi): nasco come attore cinematografico. Ho grande rispetto per il teatro e per tutti coloro che ci lavorano, ma ho fatto una scelta ben precisa che è quella del cinema. Mi sono sempre più sentito vicino al set piuttosto che al palcoscenico, e mi sembrava giusto assecondare questa mia inclinazione. Il secondo amore è stato la scrittura, che a differenza della recitazione dove si interpreta qualcun altro, la scrittura è il momento di incontro con sé stesso. Ultimamente anche regista e piccolo produttore indipendente. Come si suol dire: l’appetito viene mangiando.
Ci parli dei tuoi ultimi lavori e dei lavori in corso di realizzazione? 
Vorrei fare una premessa: penso che il lavoro dell’attore non possa essere intrapreso da chiunque; non mi riferisco all’abilità strettamente tecnico-artistica, quella si può imparare, piuttosto al fatto che avvicinarsi a questo mestiere richiede grande forza psicologica, tale da riuscire a superare i tanti momenti di buio lavorativo che questo riserva. Purtroppo, in questo lavoro, molto più di altri, non è mai garantita la continuità, a meno che non si sia diventati dei grandi nomi. Il vuoto lavorativo deve essere compensato dalla resistenza psicologica che, se non abbastanza, può produrre gravi conseguenze. Per quanto mi concerne, ad esempio, dopo qualche film ed un importante ruolo nella serie Rai “La Nuova Squadra”, ci sono stati diversi vuoti, momenti in cui sembrava che nessuno più si ricordasse di me, poi accade che arriva l’anno buono e vorresti avere il dono dell’ubiquità per dividerti su più set contemporaneamente.
Il 2017 è stato uno di questi anni “fortunati”, dove ho preso parte al film “La Casalese” di Antonella D’Agostino nel ruolo del padre della protagonista, al film “Bronx80146” regia di R. Avitabile dove interpreto un commissario di polizia ed un ruolo secondario nel film “Ed è subito sera” di Claudio Insegno. Inoltre, ho interpretato il marito della protagonista nel docu-corto sociale “Da Maria a Chiara” ed un importante ruolo in una puntata della docu-fiction “Camorriste” andata in onda su canale Crime&Investigation di Sky.
Sempre nello stesso anno, per non farmi mancare nulla, ho deciso di produrre il mio cortometraggio dal titolo “Una vita da sogno”, che ha visto il mio debutto alla regia. Il tema è quello delicato ed attuale dell’eutanasia. Il corto al momento è in concorso in diversi festival nazionali ed internazionali e aspetto di conoscerne gli esiti. 
Come definiresti il tuo stile artistico? C’è qualche regista al quale ti ispiri? 
Non saprei definire il mio stile artistico e non so se ne ho uno, del resto sono un regista in erba e di cose da imparare e migliorare ne ho ancora tante. Ovviamente anche come attore, non mi sento mai arrivato, ma questo è un bene, guai a sentirsi sull’ultimo gradino, sarebbe una gran presunzione oltre che noioso. Non mi ispiro a nessuno in particolare, ma se dovessi farlo, sceglierei Sergio Leone e Vittorio De Sica, due artisti superlativi. 
Chi sono secondo te i più bravi registi nel panorama internazionale? E con chi di loro vorresti lavorare e perché? 
Beh, nel panorama internazionale di registi bravi ce ne sono tantissimi. Mi piacerebbe lavorare con Clint Eastwood; grandissimo regista ed attore e sono certo che sarebbe anche un ottimo maestro. Spero stia leggendo questa intervista, non si sa mai che… (sorride). 
Se potessi scegliere due attori e due attrici italiani contemporanei per un tuo film, chi sceglieresti e perché? 
Se fossi nato una/due generazione prima, avrei avuto l’imbarazzo della scelta nel rispondere a questa domanda, ora invece, è più complicato. Non perché non ci siano bravi attori in Italia, ma perché non credo che i nomi che farei siano conosciuti al grande pubblico. Ce ne sono alcuni bravissimi, solo che non hanno avuto ancora la fortuna di emergere come meriterebbero. Dovendomi basare sui nomi noti, sceglierei tra gli attori Pierfrancesco Favino e Marco d’Amore, col quale ho avuto la fortuna di lavorare in una puntata della seconda serie di Gomorra; tra le attrici sceglierei Bianca Guaccero e Vanessa Incontrada che, seppur spagnola, la reputo italiana a tutti gli effetti. 
Quanto è importante nel cinema lo studio e la disciplina? Perché secondo te, un giovane che volesse lavorare nel mondo del cinema deve studiare, perfezionarsi e fare esperienza? 
Il mondo del cinema è complesso e non ci si può improvvisare attori. Richiede studio, dedizione, passione… amore. Credo che chi voglia entrare in questo magico mondo debba farlo rispettandolo, e lo si rispetta preparandosi adeguatamente. Le scuole di recitazione sono importanti ma occorre anche l’esperienza del set, si completano a vicenda. Quando l’attore non è impegnato sul set, deve approfittarne per approfondire lo studio, vedere film e leggere tanto… ottimi modi per non deprimersi nell’attesa che arrivi altro lavoro. 
Alcuni programmi televisivi fanno passare l’idea che per diventare artisti o attori, basta solo avere fortuna ed essere lanciati dalla “notorietà social o televisiva”. Tu che ne pensi di questo? 
Non disdegno i talent show, credo che concedano la possibilità a molti giovani di mostrare il loro potenziale. Sono opportunità che vanno colte per mettersi in evidenza, ma senza mai smettere di impegnarsi anche dopo, altrimenti si rischia di restare delle meteore. Non condivido lo snobismo di tanti addetti ai lavori, nei confronti di attori/attrici venuti fuori dai reality… penso che vada sempre e solo valutato il merito senza alcun pregiudizio. 
Quanto è importante la sceneggiatura in una produzione cinematografica? Chi sono, dal tuo punto di vista, gli sceneggiatori contemporanei più bravi? 
A mio avviso, una buona sceneggiatura contribuisce ad almeno il 50% del successo di un film, pertanto è fondamentale. Di sceneggiatori contemporanei bravi ce ne sono tanti: Oliver Stone, Paul Haggis, Christopher Nolan… tanto per citarne qualcuno alle prime armi (sorride).
Come è nata la tua passione per la settima arte?
In realtà questa passione l’ho scoperta tardi, quando ero più vicino ai trenta che ai vent’anni; mi ritrovai, quasi per gioco, su un set dove scattò il famoso colpo di fulmine. Mi innamorai di tutto quello che era questo fantastico mondo: la sua rigorosa preparazione, l’organizzazione, l’impegno del personale sia tecnico che artistico. Probabilmente il mio ego unito alla battaglia che avevo intrapreso contro la mia timidezza adolescenziale mi spinse a decidere di voler fare l’attore. Pertanto, mi iscrissi in una accademia di recitazione prettamente cinematografica, i primi provini a Roma e così ho iniziato il mio percorso a piccoli passi ma con tanta voglia di recuperare il tempo perduto. 
Da poco hai fondato un’associazione a promozione sociale denominata RAMPA FILM, perché e come mai questo nome?
Quando mi sono cimentato nell’avventura di voler produrre il mio film cortometraggio “Una vita da sogno”, mi sono catapultato nel mondo della produzione, rivestendo diversi ruoli: quello del casting director, del produttore esecutivo per la ricerca di sponsor, dell’organizzatore generale etc… mi sono reso conto che era, quello della produzione, un mondo affascinante ma estremamente difficile e che, fatto in quel modo, mi assorbiva troppe energie. Fare quasi tutto in prima persona è stato pesante ma è servito a farmi un po’ di ossa e soprattutto rendermi conto che era anche quello un mondo che non avrei voluto abbandonare, ma che andava organizzato e strutturato al meglio. Pertanto, ho fondato la RAMPA FILM a.p.s. di cui sono presidente, finalizzata alla produzione di cortometraggi e lungometraggi prettamente a tema sociale. Un modo per distribuire meglio il carico produttivo anche su altri soci, lasciandomi più tempo libero da dedicare agli aspetti artistici e meno a quelli strettamente di management. La scelta del nome è particolare, in quanto RAMPA vuole essere di buon auspicio per far “decollare” tanti film, ma in realtà pochissimi sanno che nasce come acronimo delle iniziali dei miei cinque figli… beh ora non è più un segreto.
Un’ultima domanda Nando, immaginiamo che hai di fronte una platea di adolescenti di una scuola media superiore. Il tema del simposio è il cinema, la settima arte. Cosa diresti loro per catturare l’attenzione? Quali i temi da affrontare secondo te per appassionarli al cinema?
Questa è l’ultima domanda ma anche la più complessa. Le generazioni recenti sono sempre più assorbite dai social network e dai video del youtuber di turno, a discapito del cinema. Per catturare la loro attenzione, bisognerebbe prima di tutto riuscire a distoglierli dagli smartphone, cosa complicata, ma vale anche per gli adulti. Un tentativo che farei per catturare la loro attenzione sarebbe quello di proporgli un giorno sul set, dopo aver “deposto” i cellulari ovviamente, e farli respirare quella magia, con la speranza che qualcuno di loro subisca il mio stesso colpo di fulmine.
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Nando Morra

Andrea Giostra
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Fattitaliani

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