Caterina Guttadauro La Brasca: parecchi critici mi hanno paragonata ad Isabel Allende. L'intervista

Incontriamo oggi per la nostra intervista la Dottoressa Caterina Guttadauro La Brasca, originaria dell’antica terra della trinacria, generosa isola, ricca di storia. Scrittrice e critico letterario, Presidente da diversi anni del concorso “Premio Letterario Nazionale l’Anfora di Calliope”, che trae il suo nome proprio dalla Musa e Dea della poesia epica, giunto ormai alla sua 4^ edizione che si tiene ad Erice, scelta non casuale poiché città della pace e della scienza.
Risiede da quasi 40 anni a Bologna, ma non ha mai dimenticato le sue forti radici che la vedono ancor oggi molto legata alla sua terra natia. Ha scritto ben quattro libri di narrativa che parlano principalmente di Donne e della Sicilia, e sta completando il suo quinto. Tra i suoi libri vogliamo ricordare in particolare  “La voglio gassata” pubblicato nel 2015 e che è fra l’altro un’opera solidale, il ricavato dello stesso infatti è stato destinato all’AIL (Associazione Italiana contro le Leucemie). Molti i premi ricevuti da Caterina Guttadauro La Brasca per i suoi libri, rammentiamo ad esempio nel 2015 proprio quello ricevuto a Parigi il “Premio alla Cultura” e a giugno del 2017 nell’ambito del Concorso Letterario Internazionale ”VOCI” di Abano Terme occasione in cui ha ricevuto la medaglia al Merito del Senato della Repubblica Italiana, per talento e meriti letterari. Caterina Guttadauro La Brasca  è ora tra i finalisti dell’importante concorso “Otto milioni DILA  Edizione 2018”.

Carissima Caterina benvenuta, sono onorata di poter intervistare una così importante rappresentate della Sicilia terra di arte e cultura e culla vera della poesia, nata, forse non tutti lo sanno, tra il 1230 e 1250 in Sicilia, da jacopo Valentini, proprio nell’ambito della scuola poetica siciliana. Possiamo senza tema di smentica definirti un’artista che ama emozionarsi ed emozionare prendendo spunto dalla fantasia, ma calandola poi nella realtà. Per farlo hai scelto, come tuo modo proprio di comunicare il mezzo della scrittura. Perché hai scelto proprio questo e non altro?
E’ la scrittura che ha catturato me fin dai miei percorsi scolastici. La parola è intimista e, prima di rivolgersi agli altri, ti pone in discussione con te stessa. La considero un grande mezzo di comunicazione e allo stesso tempo , un dono da poter utilizzare a scopi sociali e umanitari come insegna il mio ultimo libro: La voglio gassata. A chi la usa la grande responsabilità di veicolare messaggi e verità che possono essere interpretati positivamente o meno.
Caterina sei una donna forte e avvezza anche a ricevere riconoscimenti, ma ti chiedo ugualmente alla soglia di questo ulteriore nuovo appuntamento, ricordiamo che sei tra i finalisti del concorso “Otto milioni DILA  Edizione 2018”, come ci si sente?
Mi sono sempre piaciute le sfide, soprattutto quelle con me stessa perché danno l’opportunità del confronto, di misurare il proprio valore secondo il giudizio degli altri. Il Concorso” Otto milioni è il Concorso di punta della DILA (Da Ischia l’Arte), un’Associazione di ampio respiro culturale che abbraccia tutte le discipline artistiche, con mezzi di valutazione molto seri e trasparenti. E’ molto coesa ed ha al suo timone Bruno Mancini, personalità di grande caratura culturale, un ischitano profondamente innamorato della sua terra. Sono una di loro da poco ma spero di apportare il mio contributo ed interagire nelle molteplici attività che questa “Famiglia letteraria” con grande impegno porta avanti.
Abbiamo detto in apertura che da più di 40 anni Caterina Guttadauro La Brasca vive a Bologna, ti chiedo dunque quanto è stato difficile lasciare la Sicilia in giovane età, se pur, fatto per amore avendo affianco a se “un braccio” cui poggiarsi,  proiettata fiduciosa verso il futuro e quanto la memoria ed i ricordi di giovinetta, ti hanno aiutato nel vivere “trapiantata” in altra terra? Prendiamo ad esempio spunto da una celebre frase di Isabel Allende: “Non esiste separazione definitiva finché esiste il ricordo” (dal romanzo Paula)”. Ti cito questa frase e non altre in quanto con questa scrittrice trovo in te alcune similitudini, ad esempio parlate del mondo femminile facendolo con intensità e trasferendone i valori.
Parecchi critici mi hanno paragonata  ad Isabel  Allende e ne sono compiaciuta. Si, ad animare le nostre storie è l’amore per la famiglia, focalizzare l’attenzione sulle donne, esaltandone il valore soprattutto nel contesto familiare. Ci unisce anche la profondità dei legami che sopravvivono al tempo, alla distanza e alla morte. Come dice Neruda “finché ci assistono la memoria e il ricordo, nulla va perduto anche se ovunque si vada ci si sentirà degli eterni trapiantati”
Devo dire carissima Caterina che personalmente comprendo bene questo “sentire” la propria radice, io stessa per vicissitudini personali, sono originaria nell’antico “Regno delle Due Sicilie” ma appena ai miei 5 anni, parte della mia famiglia si trasferì al nord ed io con loro. Ti chiedo dunque quali sono, a tuo parere, le peculiarità di queste terre, una del nord e l’altra del sud, che compongono la nostra bella Italia?
Ci accomunano, allora, le radici, fili indistruttibili di vissuto, di immagini, di profumi, sapori e tradizioni che ci legheranno per sempre alla nostra terra d’origine. La Sicilia, come i siciliani è una terra di intense passioni, di grande generosità. Se hai un vero amico siciliano, lo avrai per sempre. Al Nord  c’è più formalità, più distanza nei rapporti ed è meno coltivato il far dono di sé. In entrambi i casi c’è da imparare ed apprezzare, la scelta è quella che poi si avvicina di più al nostro sentire.
L’impegno sociale quanto conta oggi secondo te?  E quanto conta riuscire a dare voce a chi non riesce o non ha la possibilità di far sentire la propria?
L’impegno sociale, personalmente, lo considero quasi un dovere per chi, con il proprio lavoro, raggiunge il cuore di tanta gente. Dare visibilità e voce a chi non ce l’ha è un gesto di altruismo che ci migliora ed un apporto sociale per chi è in condizione di fragilità, di diversità e, spesso, dimenticato dalle istituzioni. Oggi c’è più attenzione per queste fasce di umanità ma tanto rimane ancora da fare.
Hai un rito o un momento particolare che ti aiuta nella concentrazione per farti assorbire nei tuoi pensieri per meglio immergerti nel tuo mondo creativo?
Sì, è la notte la dimensione temporale in cui mi esprimo con più facilità. Il silenzio, il buio favoriscono l’introspezione e acuiscono la nostalgia, lasciano parlare il ricordo senza distrazioni. La notte favorisce gli amori, di qualunque natura essi siano.
Abbiamo detto nel corso della presentazione che stai completando il tuo quinto libro, senza fare spoiler, ci vuoi anticipare qualcosina, così tanto per ingolosire i lettori?
E’ un impegno che mi terrà impegnata qualche annetto. E’ una vi di mezzo tra il romanzo e il saggio perché racconto la storia di una famiglia patriarcale nel periodo della seconda guerra mondiale. C’è un intreccio tra la vita personale dei protagonisti e quella storica, dando particolare attenzione e cura alle tradizioni, ai costumi e modi di vivere dei paesi del sud. Un’opera impegnativa dunque che richiede una ricerca storica dettagliata.
Carissima Caterina grazie davvero di cuore della disponibilità accordatami per questa intervista che ho vissuto quasi come una piacevole chiacchierata tra amiche e che credo abbiamo saputo trasferire anche ai lettori. Ti lasciamo facendoti un grande in bocca al lupo per questo imminente concorso e per tutti i tuoi prossimi progetti futuri che hai in animo di realizzare.
Grazie a Voi.
Ester Campese 
Fattitaliani

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