Massimo Venturiello a Fattitaliani: il Teatro fa crescere chi lo fa ma anche chi lo vede. L'intervista


Dal 13 al 25 marzo al Teatro Della Cometa di Roma, Massimo Venturiello in Profumo di Donna. Con Irma Ciaramella, Camillo Grassi, Andrea Monno, Claudia Portale, Sara Scotto Di Luzio, Franco Silvestri. Le scene sono di Alessandro Chiti, i Costumi di Alessandra Chiocchio, Musiche di Germano Mazzocchetti, Light Designer Umile Vainieri. Regia di Massimo Venturiello. La voce dei brani cantati è di Tosca. Per Fattitaliani.it abbiamo intervistato Massimo Venturiello, straordinario protagonista nel ruolo di Fausto.

Chi è Fausto il Capitano in pensione che interpreta? 
Fu inventato da Giovanni Arpino quando sul finire degli anni 60 ha scritto il Romanzo “Il buio ed il miele” in cui si parla di incomunicabilità, di cinismo, di disincanto, di atteggiamento pragmatico, ed ebbe grande successo. Fausto è il protagonista, un ex militare che in seguito ad un incidente perde la vista e l’uso di un braccio. Per lui che era un vincente, un uomo a cui è difficile dire di no, questa situazione significa cambiare completamente la sua esistenza. Non vedendo, come spesso succede si acuiscono altri sensi, ascolta, intuisce, annusa, riesce ad incontrare il resto dell’umanità in maniera più profonda rispetto a prima. Nella scrittura di Arpino diventa l’emblema di una società che inizia a provare un disinteresse nei confronti del prossimo. Fausto intuì molto bene il suo disinteresse verso tutto e tutti, forse perché annusando meglio degli altri, riesce ad intuire la poca sincerità di chi gli sta di fronte. Sente il limite di alcune relazioni umane e comincia a volerle rifiutare.
Quando nel 1969 uscì il libro, il protagonista fu visto come uno degli emblemi sella solitudine. Può la solitudine, essere un rifugio? 
Fausto si rifugia in questa solitudine che gli viene inflitta dal non vedere ma non perde minimamente la voglia di consumare l’esistenza. Pur progettandone la fine come vediamo nello spettacolo, vuole godersela fino all’ultimo respiro. Il continuo bere, il ricercare donne, evidenzia il consumo dell’esistenza. La solitudine spesso e volentieri diventa un rifugio addirittura confortante perché all’interno della propria solitudine, finisci per non doverti più scontrare con niente e con nessuno. A mio avviso è un rifugio illusorio che la solitudine non può mai condurre lontano, ti rinchiudi in te stesso e l’unica molla che ci fa vivere e che alla fine dello spettacolo si intravede nel personaggio, è l’amore, cioè in qualche modo considerare l’altro perché senza l’altro siamo finiti.
L’uomo ha una personalità poliedrica, cosa ha portato di suo nel personaggio?
Credo che in ogni personaggio che uno fa mette sempre qualcosa di se senza rendersene conto perché questo è un mestiere che non prevede una consapevolezza di quello che si sta facendo, così almeno la vedo io ma è un sentire. Nel caso di Fausto, l’attore assorbe senza rendersene conto tante cose da se stesso e da quello che gli sta intorno. Sono il contrario del personaggio, ho un grande rispetto per il prossimo, ho la necessità di stare col prossimo. Basta semplicemente ascoltare di più quello che accade in scena per creare un personaggio. Non lo si costruisce mai standosene da solo e lavorando nella propria camera. Si può pensare da solo ma poi si costruisce in base a quello che c’è intorno a noi in scena. L’ascolto degli altri è fondamentale perché saper recitare significa anche saper ascoltare. Parlare son capaci tutti, si studia, si può insegnare a dire le battute ma essere attori è soprattutto reagire a ciò che si sta ascoltando. Cosa ho attinto da me? Non lo saprò mai. E’ uscito sicuramente una parte di me ma la scelta non era razionale.
La prima regola per un attore è la naturalezza, può comunicare emozioni anche senza l’aiuto della parola. Cosa ne pensa? 
Credo che la parola sia uno degli elementi della comunicazione. Il Teatro è parola se gli levi la parola diventa pantomima che è sempre una forma di Teatro ma diversa. Il teatro prevede sempre l’uso del corpo che racconta molto più a fondo di quando racconti la parola. Le emozioni sono l’obiettivo primario dell’attore, sono il risultato della comunicazione. Noi non ci commuoviamo nel vedere un defunto ma ci commuoviamo nel vedere il figlio che piange. E’ il rapporto che crea commozione. Cosa fondamentale per raggiungere le emozioni, è la comunicazione ma non può essere solo il risultato della battuta ma dalla tensione che c’è e passa attraverso il corpo. Recitare significa anche senza rendersene conto far lavorare la punta del piede. La naturalezza fa parte della vita, adesso mentre sto parlando muovo le mani senza rendermene conto. Dal punto di vista registico è un’altra situazione. In questo spettacolo sono anche regista ed ho il dovere e l’obbligo di capire se certe cose devo spostarle, stimolarle, dirigerle ma come attore mi lascio condurre e lascio decidere a monte. La comunicazione va oltre la parola anche se questa è il vincolo primario del teatro.
Chaplin diceva “Ora che abbiamo i mezzi per comunicare con tutti ci siamo chiusi in noi stessi. Come si può non ascoltare? 
Siamo bombardati da una serie di cose che ci fanno rimanere fermi su una sedia davanti ad un oggetto che sia una Computer, la Televisione, il Telefonino, il Tablet. E’ un modo di comunicare che certamente non c’era ai tempi di Chaplin ma era in embrione. Il paradosso della nostra società è quello, si riesce in un certo modo a parlare come stiamo facendo noi e sembra che stiamo soddisfacendo la nostra necessità di comunicazione, in definitiva però non è avvenuto niente di tutto questo perché non ci conosciamo. I rapporti oramai sono così.

Sento che questo spettacolo è una forza. Il Teatro non potrà mai rivoluzionare il mondo però sicuramente può fare una piccola Rivoluzione quotidiana.

È proprio l’incomunicabilità che mi ha fatto innamorare di questo testo. Ne parlava già Chaplin e ne parlava Arpino quasi cinquant’anni fa. 

Mi piace pensare che alla fine anche il cieco Fausto si piega inevitabilmente all’amore. Non abbiamo alternative per sopravvivere.

Fare Teatro significa allenarsi alla vita vera, non solo a quella del palcoscenico. Quanto è vero ciò? 
Non so quanto ciò sia vero ma so che non si può fare a meno di ciò che ti regala il Teatro, l’illusione, l’immaginazione per la crescita sono fattori importantissimi. Vorrei che il Teatro diventasse sede di una lezione obbligatoria nei Licei perché giocare sulla propria personalità è un fattore fondamentale. In virtù di questo lavoro riesci sempre più a trovare una leggerezza rispetto alle cose, il calarsi nei vari personaggi è la metafora dell’esistenza. Il Teatro è un veicolo di crescita per chi lo fa ma anche per chi lo vede. Il Teatro è un gioco eterno che non muore mai anche se ultimamente ci fa patire parecchio perché in una società di cui si parlava, dove tutto è lucro, è pragmatismo, è mercato, il Teatro è secondario. Questo è gravissimo perché la nostra Italia ha l’Arte, il Patrimonio più grande che tramandiamo. Ognuno cerca di salvare la propria pelle perdendo di vista i valori veri e poi ci si rende conto quando muore qualcuno e si pensa alla caducità della vita. È bellissima l’Omelia del Papa quando dice “Non ho mai visto nessuno andare a fare il funerale con il Camion dei traslochi”.
“Lo spettacolo è un incontro di emozioni contrapposte, uno scontro tra lacrime e risate.  Nella messa in scena precedente, cosa ha preso il sopravvento? 
È rimasto una via di mezzo. La gente ride però poi si commuove molto. Non credo che ci sia un elemento che prenda il sopravvento perché forse è così anche nella vita, quando vai a scavarla un po’ c’è tanto da ridere e tanto da piangere. Nel Teatro le emozioni sono sempre un po’ contrapposte.
Elisabetta Ruffolo
Leggi qui gli articoli di Elisabetta Ruffolo 

13 | 25  MARZO 2018
PROFUMO DI DONNA
dal romanzo “Il buio e il miele” di Giovanni Arpino
diretto e interpretato da Massimo Venturiello
con (in ordine alfabetico) Irma Ciaramella, Camillo Grassi, Andrea Monno, Claudia Portale, Sara Scotto di Luzio, Franco Silvestri
adattamento Pino Tierno
la voce dei brani cantati è di Tosca
scene Alessandro Chiti 
costumi Sabrina Chiocchio
musiche Germano Mazzocchetti 
light design Umile Vainieri


Teatro della Cometa  - Via del Teatro Marcello, 4 – 00186
Orario prenotazioni e vendita biglietti:  dal martedì al sabato, ore 10:00 -19:00 (lunedì riposo), domenica 14:30 – 17:00 - Telefono: 06.6784380
Orari spettacolo: dal martedì al venerdì ore 21.00. Sabato doppia replica ore 17,00 e ore 21,00. Domenica ore 17.00. Costo biglietti: platea 25 euro, prima galleria 20 euro, seconda galleria 18 euro.
Fattitaliani

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