"Non
ti voglio vicino"
(Frassinelli,
pagg. 342, 17,50) un'intensa storia ambientata fra il 1939 e i giorni
nostri, un racconto di infanzia tradita, di sentimenti calpestati, di
amori molesti, connotata da un pathos e una drammaticità crescenti,
che catturano il lettore sino al liberatorio finale grazie alla
scrittura limpida e affilata dell'autrice Barbara
Garlaschelli. L'abbiamo incontrata e intervistata partendo dal suo rapporto con gli
eventi storici sia a livello di conoscenza, sia dal punto di vista
"affettivo".
"Il mio rapporto con la storia -
ci racconta
- è privilegiato, nel senso che l'ho privilegiata come studio. La
intendo come "memoria" e un popolo che non ha storia un
popolo destinato ad estinguersi come identità".
Come gli italiani per esempio?
"Noi siamo un popolo che non ha
memoria recente, figuriamoci di quella remota come può sembrare la
Seconda Guerra Mondiale, così lontana all'apparenza eppure
temporalmente vicina. Non si conosce la storia né del mondo, né del
proprio paese".
In te com'è nato l'interesse per
la storia?
"L'amore per la storia è legato a
una mia passione, nata e seguita dalla costante presenza di mio padre
e mia madre: lui era un grande amante della storia (il romanzo è dedicato a lui, a Renzo, ndr),
nato nel '39, anno in cui iniziano le vicende di "Non
ti voglio vicino", un libro che
trae origine da una grande consultazione di fonti e documentazione
orale, visiva e letteraria, soprattutto dall'ascolto di molti episodi
storici che mio padre mi raccontava. A quei tempi lui era un bambino
e io sono cresciuta ascoltando da lui tante storie, molte delle quali
sono confluite nella struttura narrativa del romanzo che si conclude
ai giorni nostri".
A
proposito della struttura narrativa...
"Segue il tempo di una partizione
musicale. C'è il primo assolo con il personaggio di Prisca, il coro in
cui confluiscono molti personaggi, il duetto che apre la seconda
parte, una sorta d'imbuto che si restringe sempre di più con quasi
solo due personaggi (Lena e Prisca) e poi di nuovo un assolo, ancora
la voce di Prisca, l'unica che parla in prima persona, come se
idealmente la voce narrante che si palesa all'inizio e alla fine
fosse la sua".
Perché questa scelta?
"Ritengo la partitura musicale
particolarmente affascinante perché unisce due mondi che amo molto,
quello della parola e quello della musica: non c'è alcuna pretesa da
parte mia, solo una suggestione. D'altronde, la vita è fatta di assoli
e duetti, corrispondenti a quello che accade nella realtà".
Nel primo assolo Prisca
dichiara che "noi siamo tutto quello che avvenuto prima":
Barbara Garlaschelli che cos'è dal punto di vista della formazione
culturale?
"Culturalmente sono il "prodotto"
di due genitori nati in un periodo storico preciso e che
inevitabilmente mi hanno fatta crescere in un certo modo; dal punto
di vista letterario sono imbevuta della letteratura del Novecento,
italiana e americana, da Faulkner a Steinbeck, da Vittorini a
Calvino. Non è possibile non avere dei riferimenti come anche per i
film e le musiche. Sono convinta che dentro un libro c'è tutto quello
che uno scrittore percepisce e vive, ama e detesta".
La gestazione del romanzo non
deve essere stata facile...
"Infatti: ci ho messo cinque anni
per scriverlo. Sono partita dal personaggio di Prisca e chiedendomi
da dove lei potesse arrivare, mi sono documentata per darle delle
origini, dei genitori, immaginando come e dove avevano vissuto
insieme e la storia si è poi sviluppata seguendo
questo filo".
L'episodio del collegio in cui
la superiora mangia un foglio di carta per dare l'esempio a Lena e
agli altri bambini è vero?
"Sì, vero; per il resto quello che
accade a Lena è di pura fantasia. La storia dei bombardamenti mi è stata
raccontata da mio padre e da suo fratello, dai suoi amici e alcuni mi
hanno portato delle foto scattate personalmente da loro e che ho
voluto mettere nel mio blog.
Vi sono confluite anche le mie vicende personali che hanno un po'
rallentato i tempi: insomma, un libro complesso da scrivere che però si è rivelato un viaggio meraviglioso".
E il ritratto del duce
collocato in bagno?
"Anche quello è un resoconto vero". Giovanni Zambito, intervista del 31 marzo 2010.