Düsseldorf, Liana Aleksanyan è una commovente Madama Butterfly. La recensione di Fattitaliani

La tragedia giapponese Madama Butterfly è un'opera in tre atti di Giacomo Puccini, su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, la cui prima rappresentazione ebbe luogo al Teatro alla Scala di Milano, il 17 febbraio 1904: la trama è ben nota e ogni volta lo struggimento e la sofferenza della protagonista contagiano i cuori del pubblico.

La messa in scena dello spagnolo Joan Antonio Rechi, al Teatro dell'Opera di Düsseldorf, in una co-produzione della Deutsche Oper am Rhein con il Festival Castell de Peralada, sembra enfatizzare ancora di più, laddove fosse possibile, l'avvertimento fisico di una pena generata dalla speranza, dall'illusione e dall'amore cieco.
Il Maestro taiwanese Chien Wen-pin e il soprano armeno Liana Aleksanyan hanno condotto lo spettatore per mano nelle diverse fasi della storia e con l'importante contributo della scenografia di Alfons Flores e degli altri artisti lo hanno accompagnato dal matrimonio fino alla morte della giovane giapponese.
La scenografia, in particolare, nel primo atto e con i cambiamenti grazie a una piattaforma mobile, mette in risalto il contrasto fra il mondo della geisha e di Pinkerton (magnifico il tenore spagnolo Eduardo Aladrén), della maniera di concepire le nozze, il rapporto con la famiglia. Le colonne imponenti della sede del consolato (quanto è stato bravo il baritono slovacco Richard Šveda nei panni di Sharpless!) mostrano una tracotanza pacchiana ben lontana dalla collettiva apparizione della sposa con la famiglia e le amiche per la cerimonia, che arrivano discretamente nascoste da ombrelli delicati e movimenti leggeri. 
Nella seconda parte dello spettacolo, dopo l'esplosione che pone fine al primo  e sconvolge tutta la scenografia, la povertà nella quale langue Butterfly è drammaticamente evidente: non c'è più traccia della bella casa in cui con Pinkerton aveva vissuto i primi momenti della vita coniugale e le sue angosce, le sue lacrime diventano ancora più realiste e aderiscono alla realtà, e la commovente performance del mezzosoprano russo Maria Kataeva, nella parte della fedele Suzuki, ne è una riuscitissima cassa di risonanza.
Butterfly rimane sempre e disperatamente ancorata a un passato che ha lasciato solo tracce di morte, di distruzione e disfacimento: la colonna a metà, la bandiera americana strappata, la tenda dove la donna adesso dorme, sedie e poltrone semidistrutte... L'unico elemento illeso e proteso verso il futuro è il bambino, che alla fine le viene pure portato via.

Grazie a Liana Aleksanyan, Madama Butterfly torna con tutto il suo bagaglio emotivo e straziante, con un amore che non dà scampo e che fino all'ultimo è visto e vissuto solo da una parte.
Dedicato a chi resta innamorata/o... nonostante tutto remi contro, nonostante le prove evidenti di un'illusione caduca e portatrice di sofferenze.
Giovanni Zambito
Foto di Hans Jörg Michel
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Fattitaliani

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