Il
Catamarano scritto da Gabriele Mazzucco e per la regia di Gigi Palla, torna al
Barnum Seminteatro di Roma, alle 18 e alle 21. Protagonista è Andrea Alesio. In un ruolo da svelare alla fine: Piero Casoli. Scene e costumi Carlo Marchini. Comunicazione Paolo Leone.
Andrea Alesio che ha studiato Recitazione
sotto l’egida di Claudio Boccaccini. Contemporaneamente all’Università studiava
Economia Internazionale. Fin da bambino è stato appassionato di Teatro che ha
iniziato a frequentare quando da Ortona, suo paese natale si è trasferito a
Roma. Studi che ha perfezionato con ulteriori laboratori e workshop. Ha
comunque terminato gli studi universitari e teatro ed economia continuano a
viaggiare in parallelo.
Interpreta Andrea uno studente universitario che sogna di fare l’attore e che
si barcamena tra mille lavori per cercare di galleggiare nel Mare della vita.
Interprete straordinario anche di tanti altri personaggi. Lo spettacolo è
divertente ma lascia il tempo di riflettere e soprattutto permette ad ogni spettatore
di immedesimarsi in uno dei personaggi, a volte anche in qualcuno negativo che
però contiene un fondo di umanità vera.
Un
ragazzo come tanti che sogna di diventare attore. Quanto c’è di te nel
personaggio?
Inevitabilmente c’è tanto per due ragioni: c’è
qualcosa di autobiografico soprattutto nel rapporto con mio nonno ho preso
spunto da alcune sue vicende personali e nei vari lavori fatti quando ero
studente per mantenermi a galla e per conoscere il mondo nella sua quotidiana
normalità. C’è molto di me perché “Il catamarano è la storia di un uomo
qualunque” e quindi è la storia di tutti ed anche la mia in una certa misura. Chiunque
abbia fatto una vita più o meno normale, si può riconoscere in tante cose.
Nonno Angelo racconta vite ordinarie e straordinarie. Quale ti ha colpita di
più? La straordinarietà delle storie di Angelo è nella loro ordinarietà. Sono
un po’ il vissuto e un po’ le esperienze sia di mio nonno che del nonno
dell’Autore, Gabriele Mazzucco. Ci siamo confrontati sulla scrittura. Ci sono
delle esperienze molto forti che riguardano mio nonno e che vengono raccontate.
È un Super Nonno che oltre che nei sentimenti vivrà per sempre anche nelle
esperienze.
Tra i vari personaggi che interpreti, a
quale sei più legato?
Oltre alla figura del protagonista e del nonno, di
getto ti direi “Peppe er monnezzaro” per le sensazioni che mi porto dentro dal
palco. Pur non essendo un personaggio positivo ha qualcosa di forte in sé. Ha
in sé una verità che seppur triste, cinica, di autoemarginazione, di sentimenti
non encomiabili, ha dentro anche una grande solitudine. Interpretandolo, le
sento tutte addosso. E’ come se quel personaggio fosse venuto a darmi una
chiave interpretativa più che io a cercarla per dargli vita.
Il Catamarano è una storia urgente o
necessaria?
È entrambe le cose, per
me forse è più di tutto è necessaria come mi è necessario il Teatro. È
necessario soprattutto nel senso di inevitabile. “Necesse est” in latino
esprime proprio il senso d’inevitabilità. Nel mio percorso personale lo vivo
come necessario, così come il Teatro è necessario per la Società.
Cos’è per te “il Mare Magnum” della vita?
E’ essere presente con grande
curiosità. La vita in sé è un pezzo di tempo che ognuno di noi ha a
disposizione. Il tempo è qualcosa in cui noi entriamo, nascendo, vivendo… è un
pezzo di tempo che abbiamo per fare quello che dobbiamo e se ci va bene quello
che possiamo e se ci va benissimo per fare quello che vogliamo. Personalmente
cerco di metterci curiosità.
Elisabetta Ruffolo