Opera, "Pinocchio" di Pommerat-Boesmans a La Monnaie di Bruxelles. La recensione di Fattitaliani

Avvicinarsi alla storia di Pinocchio è sempre emozionante e quando si ha l'occasione di rivedere il personaggio in una forma nuova e inedita, al desiderio di conoscerlo ancora meglio si aggiunge il timore che il burattino possa essere frainteso se non addirittura tradito.

A Bruxelles a La Monnaie fino al 16 settembre è di scena l'opera di Philippe Boesmans con la regia di Joël Pommerat, che con la collaborazione del compositore belga ha riadattato il suo testo teatrale del 2008. È una coproduzione con il Festival International d'Art Lyrique di Aix en Provence dove è stato presentato a Luglio in anteprima mondiale.
Il risultato è poetico, emozionante, seppur a volte statico: da Pinocchio ci si aspetterebbe forse un ritmo più birichino. Una successione di scene e quadri più o meno lunghi che raccontano la favola di Collodi, conservandone la continua tensione tra finzione e realtà, bugia e verità, artificiale e autentico e gli elementi fra epico, meraviglioso, percorso iniziatico e universalità.
E proprio nello spirito di una storia tramandata, ecco il personaggio del direttore di una compagnia (l'ottimo baritono Stéphane Degout) che introduce, sottolinea e spiega alcuni momenti narrativi. Attraverso la sua figura Pommerat ha voluto preservare qualcosa della forma originale, lavorando sulla nozione di racconto, su una storia che non ci perviene direttamente, ma a partire dalla sua ricostruzione e reinvenzione.
Con l'ausilio e l'uso misurato di video immagini proiettate su un grande schermo (a cura di Renaud Rubiano), l'atmosfera delle vicende di Pinocchio sono restituite al pubblico. Ai tanti effetti emotivi ha contribuito il gioco di luci a cura di Éric Soyer (un po' pasticciato nel momento delle bugie del burattino e della crescita del naso) e i costumi di Isabelle Deffin.
Il Maestro Patrick Davin ha ben guidato l'orchestra  (Orchestre Symphonique de La Monnaie) attraverso la musica di Boesmans: drammatica, divertente, ritmata, intensa e struggente proprio come i differenti episodi della vita di Pinocchio, piena di avventure, di delusioni e amarezze, fino alla presa di coscienza di un fatto essenziale: rispetto alla sua concezione iniziale del mondo che doveva ruotare attorno a lui, perviene alla consapevolezza di quanto siano complessi i rapporti con gli altri, alla perenne ricerca di un equilibrio che permane fragile.
Grande il contributo dato dal trio sassofono-fisarmonica-violino zigano (Fabrizio Cassol, Philippe Thuriot e Tcha Limberger).
Alcune scene rimarranno nel cuore degli spettatori: Pinocchio in prigione, Pinocchio inerte trasformato in asino, in mezzo al mare (ricostruzione molto efficace), le monellerie di Lucignolo in classe (grandi Vincent Le Texier e Julie Boulianne) e i dialoghi con la fata, una meravigliosa Marie-Eve Munger, soprano canadese, che con disinvoltura passa attraverso differenti e complicati registri vocali.
E poi c'è il burattino, il soprano Chloé Briot: una voce e una presenza scenica di eccellente levatura. Da vedere.
Giovanni Zambito.
©Riproduzione riservata


Fattitaliani

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