La Danza di Karen Fantasia al Calvifestival. L'intervista di Fattitaliani: L'arte torni a nutrirsi di conoscenza e di sacrificio

A Calvi con la Direzione artistica di Francesco Verdinelli continuano fino al 9 settembre 2017 i tanti appuntamenti che stanno accompagnando cittadini e turisti per tutta l’estate. Stasera in piazza Mazzini dalle ore 21.15 protagonista sarà la danza con "Smoked bluescon Karen Fantasia, Francesco Ciani, Ilaria Galullo e Lavinia Colanzi e le musiche di Tony Scott, Gimmy Jouffre, Tom Waits. Lo spettacolo, vincitore del concorso di coreografia COREOGRAFICAMENTE, è ideato da Karen Fantasia, che Fattitaliani ha intervistato.

Può spiegare ai nostri lettori il legame fra il titolo dello spettacolo e la coreografia?
Il titolo "Smoked Blues" è fondamentalmente associato al tipo di scelta musicale adoperata all'interno dello spettacolo; nonostante quest'ultimo sia ancora in fase embrionale e dunque in continua evoluzione, la scelta dei brani rimarrà fortemente proiettata sul blues, e soprattutto sullo strumento del clarinetto, protagonista di tutti i pezzi scelti; inoltre il Blues descrive perfettamente le atmosfere in cui sono calati i personaggi, nonché i loro comportamenti: nostalgia, perdizione, passione... .
Quando ha scoperto in maniera decisiva quanto possa essere forte la danza a livello narrativo?
Non si può definire una scoperta vera e propria. Chiunque approcci all'arte della danza più o meno a fondo si renderà conto di quanta potenza abbia il gesto. Credo che quando il gesto si lega all'intuizione musicale e all'intenzione stessa, si ha già della danza! L'uomo balla da sempre e da sempre sente il bisogno di comunicare attraverso il movimento poiché rappresenta la forma primordiale e necessaria per esprimere forza, amore, gioia, follia.... 
Lo spettacolo "parla solo di amore, quello che tutti hanno conosciuto e che tutti possono capire": cioè?
Lo spettacolo parla dell'amore fra le persone, e del bisogno di stare insieme anche per non sentirsi soli. Tutti conoscono questo tipo di amore, tutti lo comprendono facilmente specialmente oggi, in cui manifestiamo un bisogno di collettivismo che in fondo non fa che ribadire il nostro effettivo vivere in solitudine. 
Ci può raccontare i suoi primi approcci con la danza e la sua formazione?
Comincio i miei studi con la danza classica presso la scuola di danza di Francesca Falvo a Gaeta a 3 anni (quando non riconoscevo nemmeno la destra dalla sinistra). Quella è stata la mia prima casa che ricordo con estremo amore e gratitudine. Da lì sono partita a 15 anni per Roma che mi ha aperto le porte verso l'estero, girando tutta l'Europa e non solo, permettendomi così di conoscere il mondo della danza contemporanea. Oggi continuo il mio percorso "freelance" come danzatrice in tutto il mondo, ma la mia casa a Roma è l'Opificio, centro di formazione professionale per la danza che mi ha dato la possibilità di conoscere grandi artisti e di crescere ogni giorno.
Oggi la danza a che punto è in Italia, secondo lei?
Solitamente non parlo di "scena italiana" quanto più di "condizione italiana". In Italia abbiamo com'è noto, un quantitativo di artisti meravigliosi incomparabile nella danza come in tutte le arti. Ciò che è venuto a mancare nel tempo è il concetto di professionismo e di conoscenza di ciò che si fa. L'arte deve tornare a nutrirsi di conoscenza e di sacrificio (quelli veri) e non di solo talento. In questo mi rimetto alle parole di un mio maestro che una volta mi disse: "Il talento senza la dedizione, non è altro che un'inutile mania". Giovanni Zambito.
© RIPRODUZIONE RISERVATA


Fattitaliani

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