Opera, nel Don Giovanni di Sivadier voci eccelse fra colori, dinamismo e l'eterna voglia di infinito, senza barriere

Un palco con tutti gli attori visibili, senza le quinte... si presenta così agli occhi dello spettatore il Don Giovanni di Mozart, in scena in questi giorni al Festival internazionale di Aix-en-Provence per la regia di Jean-François Sivadier.
Belli i costumi di Virginie Gervaise. Efficace la scenografia di Alexandre de Dardel: vari siparietti di diversi colori cangianti grazie ad un efficace gioco di luce (grazie a Philippe Berthomé) di volta in volta separano spazi e rappresentano un momento in cui interagiscono i personaggi.
Sin dalle prime battute si intuisce il grande livello dell'orchestra diretta dal Maestro Jérémie Rhorer e delle voci, a partire dagli iniziali duetti che ridanno vitalità al libretto di Lorenzo Da Ponte.
Philippe Sly è un Don Giovanni disinvolto che si muove agilmente sul palco e nella narrazione grazie a una voce vellutata che restituisce le tante sfaccettature del personaggio (nonostante ieri non fosse in ottima forma fisica). Palpabile l'intesa artistica con Nahuel di Pierro, un Leporello in tutto e per tutto a partire dal timbro vocale differenziato che rivela la sua dipendenza dal "padrone": nel servirlo, nell'assecondarlo, nell'enumerarne conquiste (come non sottolineare il momento della lista delle donne cadute al fascino del conquistatore di cuori).
Questa rappresentazione più di altre ha dato modo di apprezzare gli altri talenti e caratteri: la soprano mantovana Eleonora Buratto è una perfetta Donna Anna sia nella vocalità che nella caratterizzazione così come Pavol Breslik nei panni di Don Ottavio. I duetti che intepretano subito dopo la morte del Commendatore (bravo David Leigh) e verso la fine del dramma giocoso sono eccezionali, intensi, coinvolgenti.
Non sono da meno quelli fra la bella voce grave di Krzysztof Baczyk (Masetto) e la grazia leggera e impegnativa di Julie Fuchs (Zerlina). Commovente la Donna Elvira di Isabel Leonard.

Uno spettacolo che si gusta con facilità. L'apertura della messa in scena già sottolineata aiuta a guardarla a tutto tondo togliendo gli eventuali confini fra realtà e narrazione della stessa.
Si apprezzano certi effetti che risultano speciali nella loro semplicità: le tante ampolle di Murano che si illuminano alla lista delle conquiste di Don Giovanni, che alla fine viene inghiottito da fiamme rappresentate da un insieme di luci bianche che si avvicinano fra loro sino a circondarlo... mentre lui continua a dimenarsi, a rotolare, a sfidare la sua stessa fine.
Un finale giocato benissimo con un Don Giovanni, che nonostante la morte, resta ancora sulla scena ed assiste ai commenti di chi avrebbe voluto acciuffarlo e punirlo, che resta coerente a se stesso anche di fronte alla morte e latore di uno stile di vita che inneggia alla libertà assoluta in tutte le sue forme, rifiutando ogni convenzione sociale possibile: la morale, l'onore, la classe a cui oppone il suo continuo riferimento alla gloria del piacere e del godimento, che gli permetterà di sopravvivere aldilà della morte. Giovanni Zambito.
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