Fattitaliani intervista la pittrice Ester Campese, in arte Campey, vincitrice Premio Internazionale 2017 dello Spoleto Art Festival

Ester Campese, pittrice, in arte Campey, vincitrice del prestigioso Premio Internazionale 2017 dello Spoleto Art Festival. Intervista di Andrea Giostra.
Ester Campese è una pittrice italiana affermata e apprezzata dal mondo della critica italiana e internazionale. Fin da piccola ha nutrito la passione per l’arte in tutte le sue forme espressive, dalla danza al piano, dalla pittura al canto, per poi dedicarsi completamente all’arte della pittura. In Brasile, dove ha vissuto per alcuni anni, inizia a sperimentare l’uso del colore vivace con accostamenti originali che portano parte della critica a definire Campey “colorista polimaterica” perché crea le sue opere con l’utilizzo di vari ed inusuali materiali quali creta, juta, polvere di vetro, gesso, carta, acrilico, che successivamente la condurranno alla tecnica dell’olio su tela. La sua passione artistica è per il futurismo, per l’astrattismo, con modelli quali Alberto Burri, Joan Mirò e Vassily Kandinsky. Nel 2001 rientra in Italia e decide di vivere a Roma, la sua città attuale. Campey ha realizzato mostre collettive e personali in tutte le più importanti città del mondo, Bratislava, Londra, San Pietroburgo, Volgograd, Mosca, Barcellona, Parigi, Montmartre, Osaka, Köping, Dubay, New York, Roma, Venezia, Spoleto, Bologna, Milano. L’ultimo, in ordine di tempo, degli importanti riconoscimenti che ha ricevuto per la sua carriera e per la sua arte, è il Premio Internazionale 2017 dello Spoleto Art Festival che le è stato consegnato l’8 luglio 2017.
Benvenuta Ester, e grazie per aver accettato il mio invito. Dopo la breve presentazione che ho fatto, perché ovviamente ci sarebbe molto ma molto di più da dire, ti pongo la prima domanda. Chi è la Ester-Donna?
Grazie a te carissimo Andrea per questo tuo invito e un saluto ai tuoi lettori.
Chi è Ester, bella domanda … diciamo che in realtà sono una persona semplicissima e vivo una vita quotidiana come moltissime altre persone. Rasento la timidezza che supero con il gusto di stare con le persone condividendo momenti di amicizia e confronto. Amo la città in cui vivo, Roma, che scopro anche attraverso momenti “sociali” ed “eventi”. Amo però anche stare con i miei affetti più sinceri e concreti spesso lontana dal frastuono delle talvolta caotiche movide.
Chi è invece la Ester-Artista?
Molto più intimista, molto più concentrata prima di tutto in una propria ricerca personale in un lungo percorso iniziato tanto tempo fa. Il gusto di dipingere è per me un momento creativo e spesso gioioso, talvolta più sofferto che mi fa esplorare me stessa e mi permette anche qui una forma di comunicazione con gli altri. È il mio modo di dialogare, di mettere a fattor comunque esperienze. Amo prepararmi sui temi che intendo esplorare artisticamente, ad esempio ho attraversato, come indicavi anche tu, un periodo futurista/astratto, e poi ho dedicato una mia personale, con un omaggio alle donne viste attraversando tempi e modi espressivi delle stesse, creandone una specifica collezione “Le donne di Campey”.
Nella mia presentazione ho parlato del tuo interessantissimo percorso artistico e professionale. Che età avevi quando hai capito il tuo talento? E quando hai iniziato ad imparare le tecniche per esprimere la tua pulsione artistica? 
Sai Andrea, non so definire proprio il momento preciso, in realtà è stato tutto molto spontaneo. Ho iniziato a dipingere per me prima di tutto, ed ero quasi restia a propormi “pubblicamente” quando sono arrivata ad una sufficiente produzione e maturità artistica, anche perché essendo autodidatta non mi sentivo mai pronta. Dipingevo e dipingo per me, per una forte spinta espressiva che in me prende varie forme e sfocia preponderante in quella dei dipinti. Devo dire di essere fortunata ed avere accanto a me il mio mentore e sostenitore, mio marito Riccardo Bramante, cultore profondo dell’arte moderna e dell’architettura. Devo a lui tantissimo come donna e come artista e mi sprona sempre affinché provi a migliorarmi.
Sai bene, Ester, che per essere dei veri artisti occorrono gli strumenti per esprimere il proprio talento. Nel Rinascimento italiano erano i Maestri d’Arte a trasmettere le tecniche e la maestria nell’uso degli strumenti con cui operare e creare, e con i quali trasformare il noto in nuovo, ovvero creare l’Arte. Chi sono stati i tuoi Maestri d’Arte che vuoi ricordare in questa conversazione? Cosa ricordi di loro che ami raccontare?
Mi sono affiancata a tantissime persone durante questo percorso sia artistico che soprattutto umano, tutt’ora conosco tantissimi artisti di ogni nazionalità con cui sono e resto in amicizia e per i quali nutro molta stima, una stima che nel tempo è diventata poi reciproca. Di carattere sono molto curiosa ed osservo moltissimo ciò che vedo in giro. Uno spunto molto forte lo ricevo quando ho visitato mostre interessantissime, quelle che riesco a visitare, come ad esempio Hieronymus Bosch in Olanda, un favoloso pittore fiammingo. Molto fruttuoso è stato il mio permanere in Brasile, come introducevi tu, per la scoperta cromatica che ancora oggi mi caratterizza. Con ognuno degli artisti con cui ho avuto una condivisione ci sono stati momenti di scambio non solo artistico ma anche molto solidale, davvero con tutti. Non potrei, senza far torto a qualcuno, menzionarne uno solo.
Qualsiasi professione, quando fatta bene, ha bisogno di un periodo di dura “gavetta”. Ho raccontato di te che come artista hai girato il mondo e hai sperimentato approcci artistici poliedrici, come tu stessa scrivi nel tuo sito web. Ci racconti questo tuo interessante percorso artistico?
Come dicevo è stato un percorso spontaneo e di sperimentazione, di dialogo e scambio con tantissimi altri artisti di varie estrazioni culturali e popoli diversi. Ho avuto la fortuna di poter viaggiare nel mondo permanendo stanzialmente per diversi periodi in diversi luoghi potendoli vedere non solo con gli occhi di turista. Queste occasioni di viaggio, prima di tutto di vita, inevitabilmente mi hanno regalato un’apertura mentale e contaminato positivamente nelle mie conoscenze. Mi sento ancora oggi su questo cammino di perlustrazione, e credo di avere tantissimo ancora da sperimentare.
Non mi sento senza dubbio una persona arrivata ad un qualche “traguardo”, so però che il mio modo di esprimermi viene riconosciuto, tutto qui. Sin dai primi momenti in cui ho esposto vedevo che l’emozione che avevo provato nel dipingere, attraverso l’uso di determinate tecniche, riuscivo a trasferirla a chi guardava le mie tele. Lo chiedevo e lo chiedo ancora espressamente a chi si soffermava più a lungo ad osservare, di dirmi cosa trasmettono loro, trovandone conferma.
Ritengo che in ogni circostanza si debba mantenere un contatto serio con la realtà e con le persone con l’umiltà di chi ha sempre qualcosa da imparare da tutti. Ecco credo che l’artista sappia guardare con occhi diversi ciò che lo attornia e possa restituirlo agli altri con una prospettiva rinnovata.
Quali sono state le difficoltà che hai dovuto affrontare e superare per arrivare all’artista che sei oggi, apprezzatissima e pluripremiata?
Prima di tutto con me stessa, ed il superamento della timidezza. Poi con un mondo artistico un po’ “impoverito”, molto di massa, che non so se fa sempre bene all’arte, anche se garantisce “democraticamente” a tutti, come forse dovrebbe, un accesso in questo ambito espressivo. Io dipingo davvero per passione, e non mi esprimo per mero intento “commerciale”. Questo aspetto dell’arte non mi piace poi molto e qualcuno talvolta approfitta degli artisti, specie quelli alle “prime armi”. Ciò è spiacevole, forse ci vorrebbero più fondi a sostegno delle iniziative culturali ed artistiche serie per evitare che “improvvisazioni” raggirino chi può restare ad una dimensione più dilettantistica ed hobbistica, che rispetto comunque enormemente, ma darei ai meritevoli un sostegno più concreto. La difficoltà è saper riconoscere le iniziative valide e serie da quelle, diciamo così, solo più commerciali … ma non per l’artista.
Donna con cappello
Saprai come tutti, Ester, che nel mondo dell’Arte ci sono moltissimi giovani talenti che purtroppo non riescono ad esprimersi compiutamente e ad avere successo. Spesso vengono ingaggiati ed incastrati da artisti senza scrupoli che ne fanno i loro “Nigger”, come si usa dire in gergo, ovvero dei giovani artisti che devono realizzare centinaia di opere nello stesso stile dell’artista che glieli ha commissionati senza però averne nessun riconoscimento se non quello di qualche soldo per vivere. Un fenomeno che inizia nei paesi anglosassoni (U.S.A., Inghilterra, Australia), ma che adesso si sta sviluppando anche in Europa, e in Italia da un po' di anni a questa parte. Quando eri una giovane artista hai mai ricevuto questo genere di proposta? Qual è la tua idea rispetto a questo fenomeno in larga diffusione?
Per mia fortuna non ho mai ricevuto questo genere di proposta, ma se fosse accaduto l’avrei certamente e nettamente rigettata, anche perché, come detto, dipingo per il gusto e la passione di farlo prima di tutto. In tutto ciò che faccio nella mia vita metto affetto e passione per cui proprio non potrei seguire questo “genere”. 
Ester, se per un motivo qualsiasi dovessi lasciare l’Arte, cosa ti piacerebbe fare? Quali pensi siano gli altri tuoi talenti? 
Tornerei probabilmente a quelli che erano i miei antichi amori e volentieri penserei a qualcosa che sia legato alla musica, come il piano o la danza, che come dicevi tu, sono state le altre discipline artistiche che ho “attraversato”.
In our hands the world
Se ti fa piacere, vuoi descrivere ai nostri lettori una delle tue opere che potranno vedere in foto mentre leggono questa intervista? 
Desidero descrivere “In our hands the world” che recentemente ho esposto ad Amalfi, proprio perché esprime un concetto universale attraverso il quale ho voluto rappresentare sia il maschile che il femminile, con l’immagine delle mani che circondano la terra, fornendo una suggestione simbolica del pragmatismo e della sensibilità, ovvero del fare e del curare, provando a portare l’interlocutore alle proprie profonde radici. Nella rappresentazione, la terra è la nostra casa, le mani l’amore: spetta a noi scegliere come relazionarci con questi elementi. Sta proprio “nelle nostre mani".
Chi volesse conoscere le tue Opere, dove può vederle? Quali saranno i tuoi prossimi appuntamenti espositivi? Le tue prossime mostre?
Chi desidera seguirmi, mi può trovare sul mio sito che porta il mio nome artistico “campey.it”, nome fra l’altro che è un augurio che deriva dalla crasi tra il mio cognome ed il brindisi che si fa in Giappone “campay”. Un altro modo per seguirmi è attraverso i social sulla mia pagina Facebook sempre a nome Campey https://www.facebook.com/campey.it/ o il mio profilo personale Ester Campese.
Ester, raccontaci qual è la tua “Poetica” nell'Arte che crei e che realizzi, nell'accezione classica del termine, quella di Aristotele che la usò per la prima volta in uno scritto intorno al 330 a.C. e che analizzava l'Arte, in tutte le sue forme espressive, distinta dall'Etica e dalla Morale, introducendo due concetti fondamentali per la comprensione dell'Opera Artistica: la “Mimesi” e la “Catarsi” , concetto successivamente, alla fine dell'800, ripreso da Freud nell'elaborazione della Psicoanalisi.
Grazie Andrea, per questa domanda che ci consente di ritornare piacevolmente ai grandi filosofi e riportandoci ad Aristotele, che citavi, che rispetto a Platone, attribuì una valenza ed una funzione sociale positiva dell’arte, come una scienza produttiva. Ancora oggi credo che ciò debba valere, anzi, in modo ancor più forte. Sono riconosciute infatti come valori sociali e produttivi le discipline come la medicina, la giurisprudenza e altre. Le varie forme d’arte non sono da meno e soprattutto nei momenti di crisi di una società, sono un valore e un riconoscimento da trasmettere. L’artista figurativo in genere esprime una rappresentazione “mimetica” nel senso di aderire il più possibile alla realtà che ci circonda quasi alla fine “nascondendosi” e desiderando nel contempo raccontare nel modo più fedele possibile ciò che percepiamo nel quotidiano, concetto maggiormente presente per gli artisti realisti/iperrealisti. Per ciò che mi riguarda, amo mantenere una forma “soffusa”, più impressionista, dove ritroviamo il concetto della catarsi. Spero infatti di innescare in colui che osserva ciò che faccio uno spunto di riflessione interiore, proprio quasi come una sorta di purificazione in una libera espressione ed esplorazione di sé stessi.
Credo possa essere questa la descrizione della mia poetica artistica desiderando essere una sorta di semplice “traghettatore” per una comprensione e comunicazione più piena di sé.
Sai già, Ester, della mia grande passione adolescenziale per la letteratura russa, ed in particolare per Fëdor Michajlovič Dostoevskij (1821-1881) del quale ho letto tutto, che considero il vero padre della psicologia del profondo e che ispirò tantissimo Sigmund Freud nel concepire la psicoanalisi. Uno dei romanzi di Dostoevskij che amo di più è “Delitto e Castigo” (1886), dove si possono leggere queste parole: «Se avessi voluto aspettare che tutti fossero diventati intelligenti, sarebbe passato troppo tempo ... Poi ho capito anche che questo momento non sarebbe arrivato mai, che gli uomini non cambieranno mai e che nessuno riuscirà a trasformarli e che tentar di migliorarli sarebbe fatica sprecata!». Dall’altra parte dell’Europa, a Palermo, sul grande frontale del Teatro Massimo, aperto al pubblico nel 1897, è incisa questa frase: «L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire». Qual è la tua riflessione leggendo queste due bellissime frasi?
Noi tutti facciamo un percorso nella nostra vita che dovrebbe portarci, quasi in modo doveroso, a migliorare noi stessi. Ciò è sempre possibile a mio avviso ed è ancor più “leggero” quando abbiamo di noi una serena accettazione anche dei nostri limiti. Quando finalmente abbiamo la sicurezza e coscienza, senza presunzione ed alterigia di noi stessi, ci predisponiamo ad una comprensione verso di noi e gli altri che ci porta alla compassione e all’apertura delle braccia verso l’universo come una mamma sa fare nell’accogliere il proprio figlio. Penso che il dilettarci nell’osservare la meraviglia di ogni cosa che ci circonda ci insegna, anche talvolta attraverso le esperienze meno belle, e ci proietta verso il nostro futuro, auspicabilmente migliore. In sintesi credo nell’avvenire e nella possibilità del cambiamento che non considero vano, pur essendo faticoso.
Giustizia lacerata
Per rimanere su Sigmund Freud, un’altra mia grande passione letteraria ma soprattutto professionale, saprai di certo che scrisse diversi articolo e saggi sull’Arte. Il concetto dominante era sempre lo stesso: «L’Arte è l’espressione più poderosa del profondo dell’animo umano. Attraverso l’espressione artistica possiamo sapere chi siamo veramente dentro la nostra anima!» Non è proprio una citazione, ma è quello che ne ho tratto dalle letture freudiane. Molti anni dopo, Jackson Pollock (1912-1956), disse queste parole: «Tutti noi siamo influenzati da Freud, mi pare. Io sono stato a lungo junghiano. La pittura è uno stato dell'essere. La pittura è una scoperta del sé. Ogni buon artista dipinge ciò che è.» Qual è la tua prospettiva esperienziale ed artistica rispetto alle parole che ti ho appena letto di questi due grandissimi genie e rivoluzionari del modo di concepire la vita e l’arte?
Mi ci ritrovo, è iniziato proprio così infatti. Questo concetto è l’arte che provo ad esprimere. La pittura è stata inizialmente un percorso di scoperta di me stessa che nel tempo ho desiderato trasferire e condividere con gli altri attraverso le sensazioni che io stessa in primis provavo e dove anche gli altri si potevano riconoscere, al limite traendone un agio.
Se ti venisse chiesto di spiegare cos'è l'Arte a due bambini di dieci anni, con parole semplici e comprensibili a qualsiasi bambino di quell’età, cosa racconteresti loro?
Sai che invece chiederei a loro di spiegarmi cosa provano nel disegnare? Sono così belli, freschi e spontanei i bimbi. Non vorrei mai perdere quell’entusiasmo che mi porto ancora dentro e che riconduco all’animo fanciullino che mi spinge nel mio impeto creativo.
Comunque, ecco per me è questo: l’amore, il divertimento, la dimensione giocosa e gioiosa, ma anche la concentrazione, il relax, lo spaziare “altrove” in luoghi deliziosi dell’animo.
Profilo di donna
Cos’è la cultura secondo te, Ester? Una parola oggi molto abusata ma della quale forse non se ne conosce il vero significato. Tu come artista affermata, che creando arte di fatto crei cultura e promuovi l’amore per la bellezza, come la definiresti questa parola proprio alla luce della tua prospettiva esperienziale?
Per me cultura è l’insieme delle esperienze formative individuali che modellano la nostra personalità sia intellettiva che morale. Mettendole a fattor comune in un ambito sociale, è il patrimonio che, attraverso le esperienze acquisite nei vari campi, ne fanno un complesso di manifestazioni che riverberano nella nostra vita quotidiana materiale, sociale e spirituale. Esprimono quindi una popolazione, in relazione alle varie fasi di un processo evolutivo non disgiunto dalle condizioni ambientali.
Esponendo molto all’esterno mi sento di rappresentare in qualche modo la cultura Italiana in circuiti internazionali, semplicemente comportandomi e presentandomi per quella che sono, presentando, sempre in punta di piedi e con molto rispetto verso chi mi ospita, i miei lavori. Con il semplice esempio quotidiano trasmettiamo le nostre esperienze che se sono positive generano un circuito virtuoso di dialogo e civiltà.
Se dovessi scegliere un colore tra il rosso e il blu, quale sceglieresti? E perché?
E qui non ho nessun dubbio, il rosso certamente. Nelle mie opere spessissimo è presente il rosso in tutte le sue nuances, anche se solo con un piccolo particolare come in un fiore, un ornamento nei capelli, una veste etc. Sai che il colore rosso è associato in realtà al maschile e quello blu al femminile, contrariamente a quanto si immagina normalmente? Il rosso esprime forza, passionalità, energia vitale in contrapposizione a quella inerziale e passiva. Il rosso mi rappresenta molto caratterialmente. 
Se invece dovessi scegliere un fiore, quale sceglieresti? O meglio, se un ammiratore volesse regalarti un mazzo di fiori dopo aver visto le tue opere in una mostra, che fiori ti piacerebbe ricevere? 
La calla bianca. Un fiore che simboleggiano purezza e l’inizio di una nuova vita, spesso per questo usato anche per i bouquet delle spose. La calla è associata anche alla beatitudine ed un nuovo equilibrio, ad un passaggio. Questo fiore lo amo molto. 
Ester, per concludere la nostra chiacchierata, mi piacerebbe che ci raccontassi qual è il tuo sogno nel cassetto che oggi vorresti realizzare e che ti porti dentro fin da bambina?
Adesso ti farò sorridere con una frase da miss neo eletta: la pace nel mondo. Ma in realtà è così. Non si può piacere a tutti certamente, ma amo l’armonia, anche se purtroppo in questo mondo così confusionario e moderno diventa sempre più complicato. Ecco, auspico maggiore consapevolezza ed armonia. Personalmente ci provo da sempre e attraverso il linguaggio dell’arte spero di poter riuscire a farmi comprendere come persona prima ancora che come artista. 
Grazie Ester per essere stata con me e per averci raccontato della tua arte e della tua vita di artista. Ti faccio, con grandissima stima, il mio più grande in bocca al lupo e spero di incontrarti ancora per un’altra bellissima e interessantissima chiacchierata. Grazie ancora e alla prossima…


Honey

Grazie a te Andrea di questa intervista così scorrevole, davvero come una chiacchierata tra amici ad un caffè. Spero di aver intrattenuto con te ed i tuoi lettori un gradevole tempo che, come auspico con ciò che realizzo in arte, possa lasciare qualcosa di me, ma anche uno spunto di riflessione per ognuno di noi.
Contraccambio la tua stima con grande sincerità, amo leggere ciò che scrivi, un’altra forma d’arte e di cultura, per chi come te, riesce a farlo così piacevolmente.
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I lettori che volessero conoscere l'Arte di Ester Campese:
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Autore dell'intervista, Andrea Giostra:

Fattitaliani

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